Sorride nostalgico Bruno Gambarotta, accompagnato dalla fisarmonica di Walter Porro. Un tentativo di riportare in vita il “fenomeno Simenon”, figura affascinante e artista prolifico del XX secolo, a lungo sottovalutato in Italia, o almeno apprezzato solo per la parte più commerciale dei suoi scritti. Gambarotta attinge a fonti autentiche di Simenon e alla sua esperienza diretta nella casa dell’autore a Losanna nel 1963, e attraverso un’intervista impossibile cerca di raccontarci un po’ della sua vita privata, della sua arte e delle sue manie: aveva la passione di annunciare le disgrazie, ci dice, contava i passi delle sue passeggiate in giardino e aveva un contenitore di matite tutte rigorosamente temperate dalla moglie. Non ci descrive un eroe ma una persona, con una grande sensibilità per l’ambiente che lo circonda e una sorprendente capacità d’osservazione, un artista con una vita movimentata di cui ha saputo cogliere ogni attimo, ed una vocazione all’infelicità di cui fa il suo mestiere: la scrittura. Gambarotta ci regala spunti di profonda emotività alternati a momenti di ironia, dimostra una conoscenza appassionata e una grande disponibilità, e si concede ad un’intervista, la nostra, con la tenerezza e la generosità di qualcuno che ha qualcosa di importante da raccontare.
Possiamo definirla un artista polivalente: si è occupato di letteratura, giornalismo, televisione, musica e gastronomia. Secondo lei la musica può essere definita una sorta di collante in quest’incontro tra forme d’arte?
La fruizione dell’arte sta cambiando. La figura ancora ottocentesca del lettore nel raccoglimento e nel silenzio non esiste più; spesso la lettura si accompagna con la musica, si crea una forma di compresenza in cui l’una aiuta l’altra. Le nuove generazioni, soprattutto, fanno le due cose insieme: studiano e intanto ascoltano la musica, molti si fanno addirittura ispirare dalla musica. Io stesso, che ho settantasette anni, se devo ricordare dei momenti precisi della mia vita, li ricordo molto più facilmente associandoli a musiche che ho sentito allora per la prima volta più che a letture. Perciò sicuramente la funzione della musica in questo senso è sempre più importante.
Come nasce l’idea di un’intervista a uno scrittore del passato? Dov’è il limite tra la finzione e la realtà, l’invenzione e il recupero delle fonti? Non si corre il rischio di confondere i due mondi?
L’intervista impossibile è un format radiofonico nato trent’anni fa nella testa di una grande programmista della radio: la regola fondamentale è che le risposte dell’intervistato devono essere autentiche, cioè prese da suoi testi reali. Nel mio caso c’è stata una grande libertà data dal fatto che Simenon è morto a 86 anni, ha cominciato a scrivere giovanissimo, si è sempre concesso ad interviste e ha scritto due libri di racconti autobiografici. L’intervista che ho preparato tocca temi fondamentali ma si basa su risposte che lui ha dato nell’arco di quarant’anni di vita, pur essendo stato sempre molto coerente. Il lavoro è nato in occasione dei sessant’anni dalla nascita di Maigret, e l’obiettivo è quello di spiegare il fenomeno Simenon, perché Simenon è un fenomeno: scriveva un romanzo in sei giorni, per anni ed anni ha scritto sei romanzi all’anno, centinaia di opere sotto diciassette pseudonimi. Scriveva in una specie di trance. Nel 1963 sono stato inviato come cameraman a casa sua a Losanna senza aver mai letto niente di suo in precedenza: piano piano sono rimasto affascinato da questa persona con tutte le sue manie, ho iniziato a leggerlo e ho capito che era un gigante della letteratura con degli aspetti quasi miracolosi, che ha scritto dei capolavori assoluti, una specie di Balzac del xx secolo.
Non definisce Simenon uno scrittore, bensì un narratore: in che consiste esattamente la differenza tra queste due categorie e per quale motivo ha inserito Simenon nella seconda?
Questa è una distinzione a cui tengo molto. Simenon dichiarava che nella fase di rilettura dei suoi lavori non faceva che tagli: cancellava aggettivi, avverbi, e soprattutto le belle frasi. Questo perché il narratore è uno che ha interesse a raccontarti una storia, non a farti vedere quanto è bravo a scrivere; questa è la differenza con lo scrittore. Il narratore tende a correre, e non è che si perde dietro alle bellurie; anzi, spesso i narratori sono giudicati cattivi scrittori, come per esempio Svevo, Pirandello, o Camilleri. Non è che siano superiori o inferiori agli scrittori, sono solo due cose molto diverse. Simenon ha scritto centinaia di romanzi e per leggerli non c’è mai bisogno di prendere in mano un dizionario per andare a cercare il significato delle parole che usa.
Com’è avvenuta la ricerca, da parte sua e di Walter Porro, di musiche adatte a restituire l’atmosfera della vita di Simenon?
Simenon richiama ovviamente gli anni ‘30 e ‘40 francesi, quindi quei grandi temi di Jaques Brel, Georges Brassens, Édith Piaf… Nel ’45 però Simenon va anche in America, scappa dall’Europa perché ha scritto degli articoli antisemiti e cerca di scamparla con la famiglia; non è stato un eroe, anzi. Sale sulla prima nave che parte dalla Gran Bretagna per gli Stati Uniti con quaranta bauli, la moglie e il figlio, e ci sta cinque anni aspettando che le acque si calmino. E quindi ci sono anche queste canzoni del periodo americano che fanno testo, fanno atmosfera…anche perché poi solo le parole stufano.