Dal 19 al 21 giugno, Quirino Cieri propone, presso gli Antichi Forni di Macerata, i suoi “Ascolti in hi-fi”: una serie di incontri finalizzati all’ascolto della musica attraverso strumenti d’avanguardia che possano rendere ottimale la qualità del suono. La tecnologia utilizzata vuole essere un ulteriore supporto alla riproduzione musicale che, purtroppo, molto spesso si avvale di mezzi che indeboliscono le potenzialità comunicative proprie di ogni canzone.
In occasione del Festival di Musicultura, i suoi incontri mirano alla sensibilizzazione del pubblico nei confronti dell’ascolto musicale. Quanto pensa sia importante, nella vita e per la vita di tutti i giorni, la musica?
Penso che la musica sia importante, anzi importantissima: l’ascolto della buona musica, eseguita in un certo modo piuttosto che in un altro, fa parte della nostra vita quotidiana e rientra nel processo di formazione artistica e culturale di tutti noi. Ma non solo: la musica ha un ruolo fondamentale anche per quella che mi piace definire “formazione emotiva e sensibile”. È un po’ come andare al cinema per vedere un film che non sia il solito “cinepanettone” natalizio, ma un film che possa lasciare qualcosa in più; lo stesso accade con la musica. Di conseguenza, è importante avvicinarsi all’ascolto musicale non attraverso mezzi che siano in un certo senso “poveri”, come i lettori portatili o le cuffie che troviamo al supermarket a prezzi stracciati, ma con qualcosa che, pur avendo un costo non eccessivo, possa permettere l’ascolto in maniera più partecipativa, più consapevole e più attenta a certi dettagli delle registrazioni.
Anche se in modi diversi e attraverso strumenti differenti, la sua azienda e Musicultura sono entrambi produttori di musica: che tipo di connessione si può stabilire tra l’ascolto in hi-fi ed il Festival?
Siamo stati invitati, come azienda, ad utilizzare i nostri prodotti per far ascoltare al meglio la musica. In questo preciso contesto, che è quello di Musicultura e che non è quindi commerciale, non siamo chiamati a promuovere o vendere i nostri prodotti, i quali vengono semplicemente messi a disposizione di chiunque per far sì che la musica possa essere ascoltata in modo ottimizzato. L’obiettivo di fondo è comunque quello di proporre brani musicali che vengano anche trattati tenendo conto del loro background culturale, ad esempio comprendendo la storia di quel pezzo, le sue motivazioni, le fasi di registrazione e le intenzioni del suo autore.
Quanto pensa sia importante, adesso, il ruolo della tecnologia per la diffusione dei prodotti musicali? In altre parole, crede sia un mezzo imprescindibile o riesce a vedere altre alternative?
La tecnologia, adesso, ha già raggiunto un livello elevatissimo ed ha fatto passi da gigante in pochi anni, però viene, di solito, usata male o non adeguatamente. Alcuni interventi che propongo nelle mie presentazioni sono basati proprio sul modo in cui, purtroppo, spesso la musica viene letteralmente massacrata attraverso la ricerca del volume sempre più alto. Bisogna capire che non è alzando il volume al massimo che la qualità dell’ascolto migliora. Nonostante questa tendenza sia andata sempre più consolidandosi negli ultimi dieci, quindici anni, proprio per un preciso motivo commerciale e discografico, fortunatamente si sta assistendo ad un “ritorno alle origini”: sia gli artisti che i produttori, piuttosto che gli stessi studi di incisione, infatti, si stanno rendendo conto che si deve fare un passo indietro, si deve tornare a proporre la musica utilizzando le sue naturali dinamiche di ascolto, anche attraverso i silenzi. Quello che, di fatto, accade per la musica classica, dovrebbe in realtà essere trasferito nell’ambito della musica leggera, pop, rock, e così via. E per fortuna sono sempre di più gli artisti che stanno comprendendo questa necessità.
Musicultura, il Festival della musica popolare e d’autore dedicato ai giovani artisti, tende in un certo senso a mantenere viva la tradizione musicale italiana. Che futuro prevede per la nostra musica? Crede che l’avanzamento tecnologico possa nuocere o essere invece d’aiuto alla trasmissione di una certa cultura popolare?
Sicuramente la tecnologia può essere di grande aiuto. Mi viene in mente, ad esempio, il fatto che adesso è molto più semplice, rispetto a qualche anno fa, registrare musica in casa propria, in piccoli studi improvvisati, o in minuscole cantine, con mezzi più economici rispetto a quelli che si trovavano in commercio fino a poco tempo fa, ma che permettono comunque di raggiungere un risultato migliore. Ma ci vuole molta sensibilità: bisogna conoscere bene i mezzi che si stanno usando, saperli utilizzare nel modo migliore e non aver paura di chiedere agli specialisti del settore informazioni utili su come ottimizzare il loro uso senza degenerare in cattive abitudini. Uno strumento che, in questo senso, può essere d’aiuto, passa attraverso la conservazione di un Archivio storico musicale italiano. A Roma, ad esempio, esiste la Fonoteca di Stato, che conserva tutte le registrazioni pubblicate nel nostro Paese; non so sinceramente se ad oggi sia ancora attiva al cento per cento, probabilmente è una di quelle istituzioni che sta risentendo in modo particolare dello snaturamento culturale attuale. Potrebbe essere una buona idea quella di creare una specie di Archivio centrale digitale, consultabile on-line e ad accesso gratuito, che conservi campioni di registrazioni a disposizione di tutti gli utenti.