Oliviero Malaspina, per due volte vincitore del festival Musicultura, nel ’91 e nel ‘93, ha presentato il suo nuovo album di inediti Malaspina agli antichi forni di Macerata introducendo e presentando i brani più importanti al pubblico maceratese. Ha collaborato con Cristiano De Andrè e suo padre Fabrizio e nel 2000 ha preso parte al concerto genovese a lui dedicato: “ Faber, amico fragile”.
Nel suo nuovo cd è presente anche la canzone “Migranti”, il cui testo è stato scritto a quattro mani con il grande cantautore ligure. Non solo musicista, ma anche scrittore e poeta, rappresenta l’artista a trecentosessanta gradi di cui il Premio città di Recanati per primo riconobbe il grande potenziale.
E’ sia cantautore, paroliere che scrittore ed ha pubblicato vari libri e raccolte di poesie, oltre a cinque album. A questo punto della sua carriera, Oliviero Malaspina in che ruolo si riconosce di più, in quello di scrittore o in quello di musicista?
Non riesco a riconoscermi in nessuno di questi ruoli, mi ritengo un artista in divenire: voglio fare un milione di cose diverse e vorrei riuscire a completarle tutte bene. Senza lasciare niente in sospeso.
Ha collaborato con Cristiano de Andrè, ma anche, anni addietro, con suo padre Fabrizio, per il quale ha aperto i concerti dell’ultimo tour. Che ricordi ha di questo periodo della sua vita e cosa può raccontarci della sua collaborazione con il grande cantautore genovese?
Direi che è stato il periodo più bella della mia vita, finito nella maniera più drammatica possibile. Ho una quantità di ricordi infinita, ma solitamente, anche se racconto qualche aneddoto agli amici, è una parte della mia vita che preferisco tenere per me per una sorta di salvezza personale.
Presenta il suo ultimo album di inediti: Malaspina. Come si è sviluppato questo suo nuovo progetto musicale? Quale canzone ritiene la rappresenti di più e perché?
Riconoscersi in un concept album o in una canzone è molto difficile. Nello sviluppo del mio album ho deciso di non rimanere a casa, ma di andare per strada, conoscere e stare a contatto con altre realtà umane: quelle dei senzatetto e degli zingari. Il mondo del diverso, non del marcio. I mali della società non stanno per strada, ma stanno in altri luoghi. Ho cercato un approccio neorealista che però mi concedesse anche degli spazi “poetici”.
Crede che una manifestazione come Musicultura riesca a dare giusto spazio e visibilità agli artisti emergenti o pensa che ormai il mondo televisivo – in particolare i talent show – sia l’unico trampolino di lancio possibile?
Siamo di fronte ad un binario duplice. Il problema è che se negli anni passati queste due realtà riuscivano a convivere, adesso c’è una tensione fortissima. Forse a causa di una grande manovra dei network, vengono a mancare manifestazione alternative che danno spazio a concetti, non solo ad effetti. Non dividerei la musica in bella e brutta: definirei la musica prodotta da Musicultura e dei festival simili come musica per adulti, quella prodotta dai talent come X Factor musica per “bambini” e capiamo questa differenza se andiamo ad uno dei concerti degli artisti usciti dai talent. E’ un po’ come parlare della fine dello “Zecchino d’oro”: la funzione educativa della manifestazione educativa viene a mancare e si creano inevitabilmente questi due poli opposti, che però fortunatamente non si attraggono.