A La Controra arriva Milena Vukotic, celebre protagonista del mondo cinematografico, teatrale e televisivo che vanta collaborazioni con alcuni dei più grandi attori e registi. L’eclettica artista, recentemente candidata al David di Donatello, è capace di passare dalla recitazione teatrale e cinematografica ad espressioni artistiche di ogni genere, prima fra le quali la danza, che ha studiato per anni. Prima dell’incontro, tenutosi a Palazzo Conventati, ha rilasciato un’esclusiva intervista a “Sciuscià”, nella quale, con grande gentilezza e garbo, ci ha raccontato le sue esperienze lavorative e di vita.
Musicultura è una manifestazione che arriva a definire il prodotto artistico dei musicisti come qualcosa di profondamente culturale. Pensa che una manifestazione di questo tipo possa aiutare nella ricerca e formazione dei futuri grandi artisti?
Credo che manifestazioni come questa stiano proprio alla base di questo tipo di ricerca. Senza un qualcosa che ci apre delle porte è difficile maturare ed intraprendere la meravigliosa strada dell’arte, in tutte le sue espressioni; è una sfida molto difficile ed impegnativa.
Ha avuto una carriera brillante e molto diversificata. Teatro, cinema, televisione. Fellini, Scola, Zeffirelli, Bolognini, Buñuel, Neri Parenti e tanti altri. E’ passata da grandi produzioni cinematografiche a Serie Tv come Un medico in famiglia. Come e quanto esperienze così distanti aiutano a definire un’artista?
Credo che aiutino moltissimo, perché la varietà evita di farti rimanere dentro una schema, psicologicamente e praticamente. In questo modo si è costretti ad uscirne per cercare altre maschere da indossare dentro noi stessi, e credo che questo possa essere solo positivo. È anche un grande piacere farlo, perché fa parte di un bel gioco che facciamo.
Molti attori preferiscono calarsi in ruoli simili fra loro perché si sentono più sicuri; lei, invece, ha interpretato molte tipologie umane differenti. Qual è il ruolo interpretato che le è rimasto più a cuore?
C’è un personaggio che è stato molto importante per me; l’ho fatto quando ero già adulta e lo rifarei ancora, anche se probabilmente in modo diverso: Alice nel paese delle meraviglie, tratto dall’opera letteraria di Lewis Carrol e adattato per la televisione. Proprio oggi, alla stazione di Roma, ho comprato un libricino su Guido Stagnaro, il regista che ha diretto appunto Il mondo di Alice per la televisione di Milano; era la prima volta che facevamo una trasmissione a colori. Io ero già molto grande, di certo non ero l’Alice di 12 anni che descrive Caroll, ma ritengo sia un personaggio universale che racchiude tutte le possibilità di evasione fantastica.
Può essere assurta come il simbolo di una femminilità delicata, di classe. Una bellezza di straordinaria eleganza, mai volgare in nessun tipo di ruolo. Ora il mondo dello spettacolo porta con sé una carovana di donne provocanti, alcune senza arte né parte. Perché crede ci sia stata questa involuzione?
Non credo ci sia solo quel tipo di donna nel mondo dello spettacolo di oggi. In generale, c’è sicuramente stata una rivoluzione nel campo dell’immagine: viviamo in un periodo in cui si viene continuamente provocati visivamente. La figura della donna è diventata più evidente, sì, ma credo sia solo una moda che, come tutte le altre mode, finirà. In futuro forse tornerà un’immagine femminile più “normale”.
A Federico Fellini la legava una stretta amicizia. Come è stato collaborare e conoscere un così grande regista?
Collaborare con lui, e conoscerlo, è stata una grande fortuna e un grande privilegio. La mia vita, grazie a Fellini, è cambiata: io vivevo e lavoravo a Parigi, avevo un mio percorso già avviato. Sono voluta andare a vivere a Roma, dove abitava mia madre, per tentare di conoscerlo e di lavorare con lui, e ci sono riuscita! Sono stata una privilegiata, in questo senso.Silvia Ruggeri e Francesco Bacci