Lodovico “Lodo” Guenzi e Alberto “Albi” Cazzola de Lo stato sociale hanno fatto tappa al cortile di Palazzo Conventati, gremito, per l’occasione, di giovani e devotissimi fan della band bolognese, per presentare il loro primo romanzo, Il movimento è fermo, uscito il 3 giugno e già giunto alla quarta ristampa.
«Il libro, da solo, ha venduto più di tutti i nostri dischi», scherza Lodo, che durante l’incontro ha intrattenuto il pubblico con la lettura, contraddistinta dalla sua verve istrionica, di brani del libro. Albi, co-autore del libro insieme ad Alberto “Bebo” Guidetti, altro membro della band, ha spiegato le ragioni e le dinamiche che stanno dietro a questo primo lavoro letterario: è una storia che parte da Bologna per arrivare a toccare temi importanti quali vocazione civica, attivismo politico, insoddisfazione professionale, libertà nel web e amore romantico.
Ecco cosa hanno raccontato alla nostra redazione dopo l’incontro.
In questo periodo siete in giro per l’Italia per promuovere il vostro primo romanzo. A questo punto, presentare Il movimento è fermo a Musicultura sembra una tappa “obbligata”…
Albi: Le prime date che abbiamo fatto fuori da Bologna, le abbiamo fatte proprio nelle Marche, e, nel corso degli anni, abbiamo conosciuto dei ragazzi che ci hanno parlato del Festival. L’idea di prendere parte al Festival è venuta da Jambo, il nostro tuttofare” che lavora nella nostra etichetta, la Garrincha Dischi, e noi abbiamo accettato di buon grado, perché ci è sembrata una situazione calzante.
Non capita spesso di leggere il nome di una band sulla copertina di un libro: scrivere un romanzo ha delle analogie con lo scrivere e comporre musica?
Albi: Nonostante siano due linguaggi molto diversi, musica e scrittura sono delle forme espressive che servono a trasmettere quello che si vuole dire: tramite una canzone il messaggio arriva in un certo modo, mentre scrivendo un libro si ha forse più spazio per approfondire e spiegarsi meglio. La canzone è più libera all’interpretazione: è una cosa che si può scrivere in dieci minuti e durare secoli (ride, n.d.r.), se fatta bene. Un libro richiede più tempo, più ragionamento, e appartiene ad una dimensione più intima, anche di chi la fruisce. La musica, al contrario, spesso viene fruita collettivamente, ad un concerto. Sono due cose diverse, ma che appartengono alla stessa voglia di comunicare.
In uno degli stralci del romanzo che sono stati letti al pubblico, menzionate il protagonismo dei social network nella vita di tutti, in toni non troppo entusiastici. Qual è la vostra posizione riguardo a questi nuovi media, considerando che, come band, ne fate un uso molto attivo?
Lodo: Spesso si confonde la lettura critica delle cose del mondo, qualsiasi esse siano, con la lettura polemica o manichea: in realtà, tutto quello che c’è nel mondo, ha sia aspetti molto funzionali e positivi che aspetti deteriori e negativi. Internet è una cosa che fa parte di questa vita, è inestirpabile e ha delle sue derive, come tutte le cose che esistono. Spesso quando si critica una cosa, non si fa necessariamente per andarle “contro”. Ad esempio, nel rapporto uomo-donna, si va incontro a delle grosse difficoltà, ma si continua comunque ad innamorarsi. Nel caso specifico, la capacità di fruire liberamente e senza intermediari di una cosa è il motivo per cui noi, banalmente, siamo qui, oggi, a presentare il nostro libro di fronte ad un pubblico. Sono sicuro che dieci anni fa non saremmo stati una band che funzionava, perché avremmo avuto bisogno di altri intermediari e forse ci saremmo fermati prima. Il rapporto diretto con le persone è il nostro essere sempre almeno con un piede giù dal palco, relazionalmente parlando. D’altra parte, però, è ovvio anche che la stessa cosa che ti rende molto vicino, da fermo, a tutto quello che a te interessa, è anche una cosa che ti isola: è come stare a casa e avere tutti i “cibetti” e i “giochini” a disposizione, senza aver bisogno di dover uscire. Questo ti dà una visione distorta del mondo.
Due dischi, concerti, un DVD live, una forte presenza sui social network e ora un romanzo: nella vostra carriera avete deciso di sperimentare diversi mezzi di comunicazione. Quale identità e quale messaggio volete trasmettere attraverso canali così diversi e che, spesso, vanno a “colpire” pubblici diversi?
Albi: Il nostro intento è cercare di smuovere – oltre che noi stessi – il pubblico e creare momenti di aggregazione ai nostri concerti. La stessa cosa si può fare attraverso la comunicazione in generale: il confronto aiuta le persone a migliorarsi. A grandi linee il nostro scopo è questo; poi, è ovvio che si va ad analizzare aspetti più specifici come i rapporti interpersonali, di politica in senso ampio, di utopie, di sogni, di quello che ci fa schifo.
Lodo: L’intento è quello di aggregare, ma anche di aggregarci tra noi, di riuscire a collaborare, noi cinque. Abbiamo avuto la fortuna di avere delle persone a cui interessa quello che abbiamo da dire. Questo comporta due possibilità: mantenere il proprio avamposto, cullandosi, o, poiché si è attivato un dialogo, mettersi in gioco e provare a fare qualcosa, come ad esempio un romanzo.
Un vostro ascoltatore-lettore può percepire dai toni delle vostre opere una certa vena anti-sistema, di chi non riesce a trovare una collocazione, una situazione comune a molti vostri coetanei. Vi considerate dei “portavoce” della vostra generazione?
Albi: Questi sono aspetti che in parte permeano le nostre figure, ma noi siamo semplicemente i portavoce di quello che pensiamo. Il nostro intento non è quello di erigerci a bandiere, anzi, le bandiere non ci piacciono. Siamo anti-sistema, ma nel senso che se il sistema ha problemi, noi lo critichiamo.
Lodo: Parte di quello che facciamo, compreso il metterci in gioco, il far ridere, è qualcosa che facciamo proprio per toglierci di dosso questo rischio. È sempre una semplificazione del fruitore, il quale seleziona alcuni stralci di un’opera e si fa un’idea. In realtà è più interessante dare una lettura complessa delle cose e porre delle domande. Questo è quello che possiamo fare noi, perché non siamo dei “santoni”, non diamo delle risposte. Le risposte le danno i partiti, le religioni, e molto spesso non sono risposte esaustive. Noi attiviamo un movimento: portiamo l’ascoltatore da un luogo in cui è sicuro che la vita sia in un certo modo ad un altro in cui metti in crisi delle certezze. Non siamo nel nuovo porto di certezze, non ci interessa.