“Se non mi fosse capitata questa cosa, quando ero appena che quattordicenne non avrei avuto una così grande crescita. La sofferenza e il dolore non fortificano ma, sicuramente, ti fanno essere più responsabile, spingono a guardare in te stesso e ad andare a fondo delle cose”: sono le parole, queste, che Massimo Ciavarro ha letto al pubblico de La Controra; L’uomo oltre l’attore, così si presenta, in un incontro dal titolo “Le parole che non ti ho detto”, a cura di Vincenzo Galluzzo. Il noto volto della commedia anni ’80 ha scritto, per l’occasione, una lettera al padre, venuto a mancare prematuramente, in cui si evince il suo desiderio spezzato di andare ancora una volta a comprare per lui le inseparabili sigarette Mercedes, così come pescare insieme.
Un viaggio che parte dagl’esordi, passando per il suo amore verso l’isola di Lampedusa, sino ad arrivare alla decisione di scrivere di sè, maturata dopo la dolorosa separazione dalla sua ex moglie, Eleonora Giorgi: Ciavarro ha raccontato questo e molto altro alla nostra redazione.
Dai fotoromanzi, al cinema e alla televisione, più tardi al teatro: qual è un’esperienza della tua carriera che ti piacerebbe poter rivivere ed un’altra, invece, che avresti voluto evitare?
Probabilmente oggi, con una maggiore consapevolezza, rifarei “Sapore di mare”. Un film a cui devo tutto: è stata la mia prima esperienza cinematografica, quella che mi ha portato al successo. Mi ricordo che ero molto emozionato sul set e non ero del tutto consapevole di cosa mi stava accadendo. Mi piacerebbe rivivere quell’esperienza in modo un po’ più consapevole.
Ogni anno organizza a Lampedusa una rassegna cinematografica dal titolo “Il vento del nord”, in collaborazione con Laura Delli Colli e Giovanni Spagnoletti: è una grande sfida. Cosa le ha dato questa stupenda isola tanto da definirla un “Locus Amoenus”? Ci racconta qualcosa di più della manifestazione?
Sono stato per la prima volta a Lampedusa nel 2004; da allora l’isola è meta fissa delle mie vacanze. Lo considero un posto particolare, vero, abitata da persone fiere e selvagge; io lì mi sento a casa, infatti conosco tutti. Dopo anni da turista, mi è venuto in mente di far qualcosa di concreto per questa terra e soprattutto per me stesso. Siccome Lampedusa non ha una sala cinematografica da più di 20 anni, mi sono attivato ed ho portato un maxischermo. I lampedusani sono persone stanziali, tanto che non hanno occasione di vivere l’esperienza del cinema in sala. Quest’anno siamo alla nona edizione de “Il vento del nord”, che prende il via la prima settimana di agosto, con l’allestimento di una vera e propria arena cinematografica.
Lo scorso anno, in un’intervista per Il Giornale, ha dichiarato che si sente “veramente tranquillo a Lampedusa”. Oggi l’isola è al centro del dibattito sul fenomeno dell’immigrazione; la quiete sembra ancora lontana, in pratica. Grandi passi però sono stati fatti dall’ex sindaco Giusi Nicolini, tanto che le è stato conferito il premio Unesco per la pace, per aver salvato la vita a numerosi rifugiati e migranti e per averli accolti con dignità. Con quali altri mezzi si può, secondo lei, far fronte a questa emergenza ed integrare maggiormente i migranti? Inoltre la cultura in che misura può dare i suoi contributi?
Lampedusa si è presa carico di questo problema per tantissimi anni autonomamente perciò, per diversi anni, non ha avuto un minuto di quiete; i lampedusani sono stati colpiti soprattutto nel turismo, la loro principale fonte di reddito insieme alla pesca. Negli anni il fenomeno dell’immigrazione ha assunto proporzioni gigantesche; per assurdo Lampedusa ha ritrovato la sua quiete, visto che i migranti, poco dopo essere sbarcati, vengono portati direttamente in Sicilia, Calabria o in altri porti italiani ed europei. L’ex sindaco, Giusi Nicolini, è riuscita a gestire il fenomeno in modo appropriato, senza costrizioni, favorendo l’integrazione dei migranti con la collaborazione degli isolani. Il problema resta comunque di difficile risoluzione in quanto nell’ultimo periodo i flussi migratori sono raddoppiati per diverse cause: in primis, la chiusura delle frontiere di molti paesi della zona Schengen e dai mai cessati bombardamenti nel Medio Oriente. Tutto ciò va a sommarsi alla crisi fortissima che attanaglia i paesi occidentali. Credo che la soluzione del problema debba passare necessariamente attraverso un allentamento di certi regimi fiscali e norme europee in modo da concentrarsi più sulla costruzione dell’uomo come persona che sulle questioni finanziarie.
Con Susanna Mancinotti hai messo nero su bianco alcune tra le tappe principali della tua vita, in “La forza di cambiare”. Quando e perché hai deciso di scrivere di te?
Ho iniziato a scrivere di me già 10 anni fa in un momento un po’ particolare della mia vita, perché mi stavo separando dalla la separazione dalla mia ex moglie, Eleonora Giorgi; in quel periodo ho affrontato una specie di seduta psicanalitica, mettendo nero su bianco i miei primi 40 anni di vita. Un giorno la Mancinotti mi ha chiamato informandomi dell’interesse della Piemme Mondadori nel pubblicare la mia storia e, successivamente, mi ha intervistato. Poi, notando che lo stile di scrittura della scrittrice stava prendendo il sopravvento sul mio, decisi di aggiungere i 10 anni mancanti a mio modo. Questo progetto letterario mi ha regalato molte soddisfazioni; da poco iniziato la scrittura di un romanzo, perché sento il bisogno costante nella mia vita di produrre qualcosa di nuovo, soprattutto durante i miei amati momenti solitari.