Giovanni Truppi, artista che esplora la musica attraverso la sperimentazione e l’introspezione, e Paolo Benvegnù, ex-leader della band alternative-rock “Scisma”, nonché cantautore molto apprezzato dal pubblico e dalla critica musicale, hanno rilasciato questa intervista alla nostra redazione, poco prima della loro esibizione, venerdì 23 giugno, al Cortile del Palazzo Municipale di Macerata; durante l’appuntamento, i due artisti hanno discusso con John Vignola sull’importanza della parola nella musica, declinata in chiavi diverse, e che assume sembianze sempre nuove, senza mai però perdere di qualità artistica.
Giovanni, nelle tue canzoni la narrativa usa spesso i toni della quotidianità e i tuoi testi risultano molto colloquiali, seppur introspettivi, e mai banali; questo si va a contrapporre alla tendenza diffusa nel nuovo cantautorato italiano di cercare forme testuali più criptiche ed ermetiche. Qual è il tuo rapporto con la parola?
La parola per me è molto importante. Sono completamente d’accordo con l’affermazione riguardo al cantautorato italiano: ci sono entrambe queste tendenze tra le persone che fanno musica adesso. Per quanto mi riguarda, la parola è la parte più difficile della composizione di una canzone e mi impegno sempre per far emergere questa dimensione colloquiale.
Paolo, tu sei passato dal lavorare con una band, gli Scisma, alla carriera di cantautore solista, che sin da subito ha ricevuto il plauso della critica. Cosa è cambiato tra queste due dimensioni? Che fine fa l’individualità di un musicista quando si scrive in una band?
In tutta franchezza, non mi sento tanto diverso. Anche con gli Scisma in realtà lavoravo ai pezzi: scrivevo buona parte dei testi e partecipavo alla creazione collettiva della musica. La stessa cosa la applico al mio percorso da solista, ma logicamente, in un gruppo che si chiama come una persona, aspetto anche bizzarramente curioso, le dinamiche cambiano. Per certi versi non è cambiato nulla; cambiano le persone che mi ruotano intorno e ovviamente cambia la musica che gira intorno a queste persone.
Perché, a vostro parere, Musicultura ha invitato proprio voi per rappresentare due generazioni di cantautorato?
Giovanni Truppi: questo bisognerebbe chiederlo a Musicultura! [ride, n.d.r.] Credo (e mi auguro) che sia perché ci sia una stima nei confronti del lavoro sia mio che di Paolo, che seguo da sempre e che, sin da quando ho iniziato a fare musica Paolo, per me è una delle figure delle quali mi sarebbe piaciuto ricalcare il percorso
Paolo Benvegnù: sono rimasto molto stupito Apprezzo molto questa manifestazione, vi ho anche preso parte con gli Scisma nel 97. Ho preso quest’invito come un segnale molto positivo; sono tanti anni che cerco di scrivere canzoni con pochi compromessi, anzi, con assolutamente nessun compromesso. Il riconoscimento di essere chiamato insieme ad un “gigante” come Giovanni Truppi è bellissimo e arriva come una bellissima sorpresa.
Oltre a far parte di due generazioni diverse, venite anche da parti d’Italia molto distanti tra loro: Paolo, tu sei lombardo, mentre tu, Giovanni, sei napoletano. Quali sono le scene più vivaci della musica italiana oggi?
Giovanni Truppi: non credo tantissimo nelle scene e non le osservo molto. Mi sembra però che a Roma ci siano moltissimi artisti che ascoltiamo in questo momento. Sebbene anche in altre parti d’Italia ci sia comunque movimento, credo che a Roma si ritrovino molti dei musicisti di oggi. Come me, che sono napoletano ma vivo a Roma.
Paolo Benvegnù: per mia esperienza, una scena vivacissima culturalmente e non solamente dal punto di vista strettamente musicale è Prato, che ha una grande rinascita sia tra chi fa e chi ascolta musica. Prato, non Firenze, è la città che vedo più in ascesa, per ciò che interessa a me ovviamente. È inutile dire che ultimamente da Roma vengono fuori prodotti molto popolari ma a me interessano relativamente. Anche il sud dell’Italia è una parte molto importante: sono sempre molto attento a ciò che viene da lì perché il tipo di suggestione di partenza è assolutamente diverso, più ricco. Mi riferisco alla vicinanza del territorio alla vita quotidiana. Mi aspetto che da lì verranno fuori delle cose importanti nei prossimi anni.