La Controra di Musicultura è, come di consueto, anche poesia. Ron Padgett, al Cortile del Palazzo Municipale, giovedì 14 giugno ha proposto al pubblico l’opera di una vita, dialogando con il suo traduttore dall’italiano, Damiano Abeni, e con Ennio Cavalli.
Il poeta americano, voce primaria della seconda generazione del gruppo artistico d’avanguardia della New York School, ha all’attivo numerose raccolte poetiche e, nel corso della sua brillante carriera, ha ricevuto molti riconoscimenti, fra i quali ricordiamo la Frost Medal, conferitagli proprio quest’anno dalla Poetry Society of America. Ha inoltre collaborato col regista Jim Jarmusch nella sua ultima pellicola “Paterson”, scrivendo le poesie per il protagonista del film. Durante l’evento che si è tenuto a Macerata, si è assistito ad un reading a due voci: insieme ad Abeni, Padgett ha letto i suoi versi, in doppia lingua, colmi della bellezza che si può percepire nella nostra quotidianità, la stessa in cui sono custodite l’intimità e la spontaneità dei gesti e delle parole di tutti noi.
Ha lavorato nell’ultimo film del regista Jim Jarmusch “Paterson”. Com’è stato vedere le sue poesie, dalla pagina scritta, proiettate sul grande schermo?
È stato un grande onore, oltre che un’esperienza fantastica, che mi è piaciuta tantissimo. Non mi era mai capitato di sentire le mie poesie in un’opera cinematografica, tra l’altro così importante. Nel film compaiono alcuni testi che avevo già scritto in precedenza, altri invece composti per l’occasione; è impossibile distinguerli, perché sono perfettamente omogenei. Quando Jim mi ha chiesto di scriverne di nuovi, però, all’inizio ho rifiutato: sarebbe stato un lavoro troppo impegnativo e tanta sarebbe stata la pressione. Subito dopo, invece, mi sono messo al lavoro. È stato naturale, anche perché io e lui siamo amici da molti anni.
Lei è uno dei poeti più influenti della New York School. Cosa ha significato questo movimento artistico nel panorama letterario americano?
È il nome che gli hanno dato, New York School. In realtà non era una scuola, né un movimento, ma semplicemente un gruppo di amici. I primi che ne hanno fatto parte sono John Ashbery, Kenneth Koch, Frank O’Hara, James Schuyler. Poi c’eravamo io e altri poeti più giovani, molto influenzati dagli intellettuali di quella corrente. Non spetta a me dire quale sia stato l’impatto di questo comitiva sulla poesia americana, ma so che in ogni caso ha avuto una gran rilevanza a livello letterario.
Il numero dei lettori di poesia sta attualmente diminuendo. Qual è la ragione, secondo lei? E quale, in questo momento, il ruolo dell’arte poetica nella società?
In realtà devo dire che in America, in questo periodo, la poesia ha una visibilità sempre maggiore persino in tv, nonostante rimanga comunque un genere di nicchia. Per rispondere alla domanda, dovrei essere come un dio e tenere dunque le fila di quello che succede sulla terra.
Non è soltanto un poeta, dato che lavora anche come traduttore dal francese. Che ruolo ha avuto la poesia europea sullo sviluppo di quella americana?
La poesia europea ha avuto una grandissima influenza soprattutto su certi autori americani, come quelli che ho nominato prima: John Ashbery, Frank O’Hara, Kenneth Koch, James Schuyler. A volte riusciamo a leggere le opere che arrivano dall’Europa direttamente in lingua originale, altre volte dobbiamo ricorrere alla versione tradotta. Uno dei poeti più importanti per Kennet Koch è stato, ad esempio, Ariosto. Poi Garcia Lorca, Apollinaire, Rilke, Majakovskij e molti altri: la lista di importanti intellettuali europei è lunga.
Musicultura è un festival che promuove la canzone d’autore. Pensa che la poesia e la musica siano così distanti o possano andare di pari passo?
Sì, potrebbe assolutamente capitare che vadano di pari passo anche se, secondo me, una perfetta fusione tra l’arte musicale e quella poetica sia molto complessa da mettere in atto. In Gran Bretagna, durante il periodo elisabettiano, Thomas Campion, essendo sia poeta che musicista, univa queste sue attitudini, componendo dei brani. Così capitava anche in Francia. Attualmente, un esempio di questa commistione di generi si può notare in Bob Dylan. In ogni caso credo che l’ideale sarebbe riuscire a realizzare un qualcosa che bilanci gli elementi prettamente poetici, con quelli musicali.