Venerdì 15 giugno Cinzia Leone si è esibita sul palco dello Sferisterio in “Nannarella suite, ricordando Anna Magnani” e ha reso omaggio alla grande artista romana, facendo rivivere le sue parole e i suoi pensieri attraverso la recitazione e anche grazie a brani popolari eseguiti da La Compagnia di Musicultura.
A La Controra l’attrice comica, divertente e a tratti cinica e irriverente, ha parlato dei suoi ultimi lavori e ha messo in risalto il grande amore nei confronti della recitazione: “Il coraggio di sbagliare e di dichiarare l’errore è la cosa bella del teatro. Condividere con gli altri le proprie imperfezioni ci aiuta ad accettare anche noi stessi”.
Durante l’incontro con la redazione di Sciuscià, Cinzia Leone ha ricordato alcune tappe importanti della sua carriera artistica, evidenziando la sua viva ed entusiasmante passione per il teatro.
A chi non si è mai cimentato nella recitazione, con quali parole spiegherebbe la sensazione che si prova sul palco di un teatro?
Se ricevi degli applausi perché il pubblico ti capisce, se reciti un tuo pezzo con l’intento di divertire la gente che di conseguenza ti risponde positivamente, allora la sensazione che si vive sul palco è di approvazione e di amore. Si tratta dunque della stessa emozione che si percepisce quando sai di aver fatto la cosa giusta; inoltre è l’esatto contrario di quando a casa tutti ti rimproverano perché fai male qualcosa, e viceversa: è come se mamma e papà ti dicessero che sei bravissimo.
Nel corso della sua carriera cinematografica ha avuto modo di lavorare con Mario Monicelli: vuole raccontarci qualche ricordo legato al regista? L’esperienza di “Parenti Serpenti” con Mario Monicelli è stata la più bella e interessante che io abbia fatto nella mia vita, dal punto di vista professionale. Ho interamente improvvisato l’inizio della scena in cui io dico: “Ciao come stai? Stai bene? Son contenta”. Dopo aver finito di girare il film, sono stata male; Mario mi chiamò quando ero ancora in America e mi disse che aveva montato quel dialogo anche se si vedeva che avevo la bocca chiusa, ma in ogni caso gli era piaciuto quel tormentone. Monicelli era un regista che mi ha compresa come nessun altro al mondo.
In “Disorient express”, uno dei suoi ultimi spettacoli teatrali, restituisce ironicamente al pubblico l’immagine di una realtà disorientata e travolta da continui mutamenti. Raccontare le contraddizioni della contemporaneità è stata sempre una necessità costante nei suoi progetti: come mai?
Esatto, è vero. Credo che sia importate utilizzare la comicità come viatico, per trattare con leggerezza un argomento che a volte appare pesante; quando parlo di “leggerezza”, mi riferisco al modo in cui Italo Calvino l’ha intesa e ben focalizzata nelle “Lezioni Americane”. “Disorient express” è uno spettacolo incentrato sulla contraddizione della democrazia: tutti la invochiamo, ma da quando abbiamo più strumenti per esercitarla, come ad esempio attraverso i nuovi mezzi di comunicazione, non sappiamo esserne all’altezza. Capita che a volte ci diano fastidio persino gli altri, quando esprimono i loro punti di vista. Bisogna preparare un paese alla democrazia, perché altrimenti prevarrà lo snobismo, che poi scade nel pettegolezzo e nel giudizio. A volte è necessario saper ascoltare e comprendere. Mentre scrivevo “Disorient express” ho capito che in realtà non siamo disposti ad accettare che esistano delle persone che hanno un punto di vista differente dal nostro e vorremmo che fossero come li immaginiamo noi. Forse “democrazia” significa capire e accettare la realtà così com’è, anche quando è formata da idee differenti dalle nostre. Non si può negare il diritto di pensare in un determinato modo, piuttosto che in un altro.
Sul palco di Musicultura ha presentato “Narrarella suite, ricordando Anna Magnani”; è un’esibizione che mette in luce una grande responsabilità, ma è anche un gesto bellissimo con cui lei ha voluto rendere omaggio all’artista romana. Secondo lei quale, tra i tanti pregi artistici della Magnani, l’ha consacrata tra le migliori attrici italiane di tutti i tempi?
La professionalizzazione della verità, come aveva già notato Zeffirelli, è stato il suo grande pregio artistico. Credo che la Magnani sia stata mandata sulla terra per insegnarci qualcosa: come un profeta, è stata un dono per l’umanità, proprio per la sua capacità straordinaria dar concretezza agli aspetti veri della vita. Lei era così sincera che non rappresentava qualcosa, ma era quella cosa. Oltre a queste sue caratteristiche, aveva anche capacità artistiche e tecniche, proprie del mestiere. Sono onorata di aver reso omaggio alla Magnani; ho solamente voluto evocare il suo spirito, considerando che qualsiasi mio tentativo di metterlo in scena sarebbe stato inascoltabile. Nessuno può imitarla, proprio per quella straordinaria capacità di immedesimazione che lei possedeva, che nasceva da un bisogno profondo e infinito di essere amata, come lei stessa sottolineava.
Conosce bene il mondo dello spettacolo, avendo lavorato per il teatro, per il cinema e per la televisione; c’è un consiglio che vuole dare agli otto vincitori, che aspirano a proseguire la carriera artistica?
Consiglio di resistere, perché il mondo dello spettacolo è in assoluto il più difficile, dove si pensa di poter esprimere la nostra parte più autentica. Invece bisogna essere assolutamente strategici nel condurre le redini del potere, le stesse che ti permetteranno poi di arrivare in scena. Questa gestione della realtà è la parte più complicata di qualsiasi lavoro. Per quanto riguarda invece il percorso individuale di ognuno degli artisti in concorso, suggerisco di trasformare qualunque cosa accada, anche la sconfitta, in un’occasione per riflettere.