Cristina Donadio è stata protagonista dell’incontro “A tu per tu”, sabato 16 giugno al Cortile del Palazzo Municipale, in occasione de La Controra; l’attrice napoletana si è così presentata al pubblico di Musicultura svelando gli aspetti più interessanti del suo mestiere, ricordando i tanti momenti e le molteplici collaborazioni che hanno avuto un ruolo decisivo nella sua carriera.
L’artista, famosa per aver interpretato il personaggio di Scianel nella serie tv Gomorra, ha raccontato i primi passi nella recitazione e la fortunata e meritata svolta del suo percorso, avvenuta interpretando un ruolo femminile che l’ha consacrata, a livello internazionale, tra i volti italiani più noti nel mondo dello spettacolo.
Anche nell’intervista rilasciata alla redazione di Sciuscià, ha voluto sottolineare l’importanza di alcuni progetti in cui ha partecipato e gli incontri che le hanno permesso di crescere artisticamente e umanamente.
Il suo personaggio in Gomorra, Scianel, è conosciuto in 190 paesi. Cosa si prova a essere uno dei volti italiani più noti e amati a livello internazionale?
È una bellissima sensazione. Ogni giorno mi arrivano mail da tutto il mondo: dagli Stati Uniti al Giappone. Anche in strada, passeggiando per Napoli, mi capita di incontrare persone di tante nazionalità che mi riconoscono. Tutto questo è molto gratificante e soprattutto è una grande occasione. È grazie a questa notorietà che mi arrivano offerte di lavoro da molti paesi.
Una delle tue più grandi passioni è il teatro: con Enzo Moscato hai scritto una pagina della nuova drammaturgia napoletana. Com’è nata questa collaborazione e quali sono i tuoi progetti futuri in ambito teatrale?
La nostra collaborazione è nata dopo il grave incidente del 1986, in cui sono morti mio marito e Annibale Ruccello, un grande autore che collaborava assiduamente con Enzo. Le nostre strade si sono incrociate dopo quel lutto, che ci ha unito: io avevo perso mio marito, lui Annibale. Da quel momento in poi non ci siamo più lasciati. Colgo ogni occasione per ringraziare Moscato, un drammaturgo straordinario a livello mondiale, che mi ha insegnato il senso del teatro. Abbiamo appena finito a Bologna una retrospettiva a lui dedicata e adesso realizzeremo insieme un nuovo spettacolo per la prossima stagione teatrale: “Festa al Celeste e nubile santuario”, un suo vecchio testo. Essere in scena con lui mi fa sentire a casa.
A molte attrici accade di essere “inghiottite” dal proprio personaggio, a causa della portata o della notorietà che ricopre. Scianel è una donna che, puntata dopo puntata, è decisiva nello sviluppo della storia. Quale preparazione c’è stata dietro?
Interpretando Scianel avrei rischiato di essere “inghiottita” da alcuni meccanismi propri di questo mestiere, ma grazie alla mia formazione teatrale mi sono posta in una distanza di sicurezza, non solo nel creare il personaggio ma anche nel considerarlo un archetipo e non una camorrista. Ciò ha dato a questa figura femminile la giusta universalità. Allo stesso tempo ho capito l’importanza del lavorare in altri progetti, continuando la mia carriera teatrale. Noi attori rischiamo in continuazione di essere sopraffatti dal ruolo che mettiamo in scena: ciò accade soprattutto quando non si ha un background stabile alle spalle. È un peccato essere vittima del proprio personaggio. Il bello di questo mestiere è considerarsi “uno, nessuno e centomila”, non essere uno e basta.
Ha recitato insieme a Sergio Castellitto, Claudia Cardinale e Fabrizio Bentivoglio, solo per citarne alcuni. Quanto è stato formativo per lei, a livello professionale e personale, potersi confrontare con attori di questo calibro?
Per me è fondamentale collaborare con altri professionisti del settore. Per un attore, la curiosità di conoscenza e la condivisione di esperienze dovrebbero essere la molla che spinge sino all’ultimo giorno della carriera. L’unica pecca del mio percorso artistico è stata quella di aver rinunciato alla collaborazione con Federico Fellini, che mi aveva scelto per un suo film; era un personaggio straordinario e un regista imprevedibile. Firmai un contratto con lui e recitai sotto la sua regia per un po’ di tempo. In seguito arrivò la proposta di lavorare in “Bim Bum Bam” e fui contenta di accettarla. Di professionisti come Fellini non ce ne sono più. Avevo solo 19 anni quando ho lasciato il set del suo film e, se dovessi tornare indietro, non ripeterei un errore simile. Credo che le collaborazioni siano per un attore il pane quotidiano e inoltre penso che rinchiudersi nella propria torre di avorio non serva a nulla.
Qui a Musicultura ogni anno si esibiscono cantautori emergenti che hanno da una parte personalità e storie diverse, dall’altra il sogno comune di vivere da protagonisti la scena musicale. In questo periodo, quanto conta la presenza scenica per un artista?
La presenza scenica è fondamentale; non s’impara con l’esperienza, ma bisogna averla dentro e sentirla. È necessario abbassare il freno a mano che abbiamo dentro di noi.