Sabato 22 Giungo è terminato lo splendido viaggio de La Controra di Musicultura, una settimana di incontri in musica, poesia, letteratura, con l’appuntamento di cui è stata protagonista Carlotta Natoli, figlia del piccolo e grande schermo.
L’attrice, a soli 8 anni si ritrova nel cast di Con…fusione, di cui il “papà artigiano” – come lei lo definisce – è regista. Volto riconoscibile in molte serie tv, solo per citarne alcune Distretto di Polizia, Gli insoliti ignoti, Braccialetti Rossi, I misteri di Laura, è anche stata a contatto con il mondo dell’insegnamento. Infatti seguendo le orme materne, dal 1997 al 1998 insegna recitazione alla Giuseppe Ferlito di Firenze. La Natoli, con puntuale e leggera ironia, si racconta alla redazione di Sciuscià.
Ha esordito molto giovane. Lei ha scelto la recitazione o viceversa?
È l’arte che mi ha scelta. Ho iniziato comparendo per la primissima volta a 6 anni nel film “Armonica bocca”, proseguendo con un’altra apparizione in “Pugni in tasca”, fino ad arrivare a ricoprire un ruolo più importante a 8 anni. Son partita, praticamente, dal mondo di mio padre; lavorando, mi sono resa conto di quanto mi piacesse e quanto fosse facile per me interpretare dei personaggi. Ho una grande passione per la recitazione, però non nego che mi ha sempre interessato anche l’insegnamento, mestiere di mia madre.
Una vita tra fiction e cinema. Cosa vuole raccontarci del suo amore per la recitazione?
Il grande amore rimane sempre il cinema, anche se dalla tv ho imparato molto. Nonostante la mia preoccupazione, di essere in qualche modo risucchiata dalle dinamiche televisive, ho sempre avuto un piano B, quello del cinema. Ad oggi posso ritenermi fortunata di essere stata scelta dalla televisione, che consente di avere più tempo per studiare il personaggio da interpretare. Ovviamente è un ragionamento fatto di contraddittorietà, dove ai vantaggi si affiancano sempre gli svantaggi. Per essere un bravo attore, devi saperti muovere in quelle che sono le tre radici di questo scenario: tv, cinema e teatro.
Se dovesse interpretare un grande della musica italiana, chi sceglierebbe? E perché?
Se fossi una donna mi piacerebbe essere Fiorella Mannoia; se fossi un uomo, Lucio Dalla. Sono due grandi artisti che, anche se per aspetti differenti, hanno segnato la mia vita.
Ha presentato le tante sfaccettature femminili interpretando donne forti e diverse tra loro: ci sono delle persone della sua vita da cui ha tratto ispirazione?
Assolutamente sì. Alcuni volti ben conosciuti, altri intravisti. L’attore ha sempre un repertorio a cui attingere, per prendere spunti e coglierne aspetti particolari.
Se Musicultura fosse un film, quale sarebbe il protagonista principale?
Sicuramente Al Pacino, che è in grado di interpretare tutti i generi, partendo dal classico, al repertorio shakespeariano, fino al contemporaneo; si è sempre messo in gioco e continua a farlo, grazie anche ad uno studio continuo del mestiere. Inevitabile è il collegamento con Musicultura: l’attore dovrebbe sempre avere un approccio musicale alle cose.