Tosca non ha di certo bisogno di presentazioni: cantante, attrice, eclettica artista con un’innata propensione alla ricerca e alla sperimentazione.
Nell’elegante cornice del cortile di Palazzo Buonaccorsi ha ripercorso, insieme a John Vignola, i viaggi in giro per il mondo che hanno ispirato il suo ultimo album, Morabeza. Del resto, “nonostante il difficile periodo che stiamo vivendo, la musica – ci spiega – è un lasciapassare per qualsiasi luogo, ad Algeri come a Musicultura”.
Con lei abbiamo parlato di cosa significhi fare musica oggi, di ciò che andrebbe cambiato, di Sanremo e dei nuovi cantautori di domani.
Il suo ultimo lavoro in studio, Morabeza, conclude un lungo viaggio attraverso vari paesi del mondo; ha avuto modo di collaborare e confrontarsi con diversi artisti, passando dall’Algeria e la Tunisia al Portogallo e al Brasile, a testimonianza del fatto che la musica non ha frontiere ed è ancora una volta incontro e confronto allo stesso tempo. A livello artistico, cosa ha significato per lei questo “giro” del mondo?
È stato un grande accrescimento sia dal punto di vista artistico che personale. Sono riuscita ad incontrare tantissimi grandi artisti ma anche personalità del mondo sociale e politico. Ogni volta che andavo via avevo sempre questa sensazione di arricchimento, di quanto la persona straniera fosse un bene, un qualcuno che aveva da regalarmi delle sensazioni uniche. Così infatti è stato: sono tornata migliore, senza quelle paure con cui ero partita. Questo viaggio mi ha insegnato che i muri fanno tornare indietro, sono involutivi: il muro che mettiamo tra noi e gli altri non è che l’inizio della guerra, la barriera significa che c’è un nemico.
A tredici anni dalla sua ultima volta all’Ariston, il 2020 è l’anno della partecipazione alla 70° edizione del Festival di Sanremo con il brano Ho amato tutto, con il quale si aggiudica il premio Giancarlo Bigazzi per la migliore composizione e il sesto posto in classifica. Duetta con Sílvia Pérez Cruz con il brano Piazza grande, aggiudicandosi il primo posto nella classifica nella serata delle cover, votata dall’orchestra del Festival. A distanza di mesi, come giudica il ritorno sul palco sanremese?
Ottimo, anche da Sanremo sono uscita arricchita. Molti mi accusano di snobberia, mi dicono che in certi contesti non voglio tornare, cosa non vera. Amo il pop, l’unico problema è che non lo so fare, ci ho provato ma non ne ero capace. Cantare so cantare, ma il pop ha delle regole ed io tentavo di piegare le regole della world music o della musica d’autore ad un mondo che era invece più immediato. Prendere la decisione di fare altro non significa che non mi piaccia stare in contesti più immediati o popolari. Comunque mi sono divertita moltissimo al festival, ma ho anche rischiato tanto: sono andata con 24 anni di carriera sulle spalle e la possibilità di azzerare tutto in un minuto. Ero però così contenta di salire sul palco con Ho amato tutto, sicura come un calciatore con un pallone giusto nonostante la canzone fosse senza inciso e senza arrangiamento pop. Sì, ero sicura e lo rifarei.
Il 2020 è stato anche l’anno del Premio Tenco: due Targhe, per la miglior canzone singola con Ho amato tutto e come miglior interprete di canzoni per l’album Morabeza. È così che lei è entrata nella schiera dei pochissimi artisti italiani riusciti a guadagnarsi un doppio riconoscimento nella stessa edizione del Premio. Un riconoscimento che arriva subito dopo la fine del lockdown: come commenta questo traguardo?
Un regalo meraviglioso, inaspettato. Dire che non ci sperassi sarebbe sicuramente una bugia. Il Premio Tenco è una laurea, per me avviene in un momento in cui sono riuscita a coniugare il mondo più pop con il mondo d’autore. Per tutta la vita ho pensato che andare dritti per la propria strada ripagasse. Il mio primo maestro, Renzo Arbore, parlava di ricompensa della coerenza. Avevo un po’ perso le speranze, c’è però un momento in cui tutto si allinea e quello che hai seminato raccogli. Mi piacerebbe tanto trasmetterlo ai ragazzi che spesso si perdono in strade comode o sbagliate. “Chi comincia bene è a metà dell’opera”: così diceva mia nonna, ed aveva ragione; in questo mestiere il detto vale ancora di più.
In piena emergenza sanitaria ha deciso di incidere Il canto degli italiani, una rilettura acustica dell’inno d’Italia. Il singolo e il video che lo accompagna sono stati scelti per aprire i festeggiamenti del 75° anniversario della Liberazione del 25 aprile, la loro fruizione digitale è destinata a raccogliere fondi per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale per i volontari della Croce Rossa Italiana. In un momento così difficile e particolare qual è stata la genesi del progetto?
È avvenuto tutto in maniera naturale. Il presidente della Croce Rossa mi ha chiesto di fare un video per ringraziare tutti i volontari perché un nostro amico comune era venuto a mancare all’inizio della pandemia, quando i mezzi di protezione ancora scarseggiavano, ma nonostante tutto gente coraggiosa come lui non si tirava indietro dall’aiutare gli altri. Ho deciso di fare un GoFundMe per la Croce Rossa ed insieme a Giovanna e Massimo, i miei musicisti, abbiamo optato per Il canto degli italiani. La prima settimana del lockdown abbiamo fatto una diretta intonando tra le altre canzoni anche Fratelli d’Italia e abbiamo chiesto a tutti di cantarla a casa riprendendosi. Questo è stato il nostro messaggio: cantare quello che è il nostro sangue in maniera diversa, non solenne, ma come qualcosa di tenero, che ci protegga.
Musicultura è un Festival che resiste e conferma il suo impegno accanto alla musica e al mondo della canzone d’autore. Quale incoraggiamento sente di dare ai nuovi cantautori che si stanno facendo strada in un periodo così complesso?
Di essere coerenti, di non seguire nessuna moda: la moda la devono fare. Devono avere il coraggio di essere numeri uno e di sentire le proprie inclinazioni e peculiarità. Bisogna inseguire la propria strada senza copiare, emulare o cercando strade di facile successo. È necessario studiare, essere curiosi e costruire la propria casa mattone su mattone. Le cose arrivano quando sei strutturato, un tetto senza fondamenta viene facilmente spazzato via.