Attrice, sceneggiatrice ed autrice televisiva, Lucilla Giagnoni considera l’arte come panacea di tutti i mali. E proprio all’arte ha dedicato una vita intera: ha frequentato la Bottega di Gassman a Firenze; ha partecipato alla creazione di quasi tutti gli spettacoli prodotti dal Teatro Settimo; ha collaborato con illustri personalità del mondo del cinema, della musica, della letteratura; ha progettato spettacoli, è stata autrice di trasmissioni radiofoniche per la Rai. Durante l’incontro nel cortile di Palazzo Conventati, per La Controra di Musiculturaci, ci ha trasportato nella sua variopinta dimensione artistica.
Negli anni ottanta hai frequentato la Nuova Bottega Teatrale di Vittorio Gassman a Firenze e hai lavorato con personaggi importanti. Che insegnamenti hai appreso dalle loro esperienze?
La scuola di teatro è stata una vera e propria scuola di formazione per me. L’insegnante Paolo Giuranna è stato colui che mi ha aperto una grande prospettiva sulla ricerca della lingua italiana. La mia fortuna è stata quella di far parte di un gruppo teatrale molto giovane in cui tutti dovevano essere in grado di fare tutto: dall’imparare a scaricare un furgone allo scrivere testi e parlare con i giornalisti. Questo è stato veramente importante per la formazione della mia persona come artista.
‘’Paesaggi’’ è un progetto teatrale dedicato alla tua terra. Ci puoi raccontare di questo stretto legame con la natura?
Io non sono della terra in cui vivo. Sono fiorentina ma per questioni familiari mi sono trasferita a Novara, in Piemonte, una città in mezzo alle risaie. Ho vissuto per molti anni senza osservare intorno ma quando sono rimasta incinta mi sono resa conto che in quella terra stavo seminando qualcosa. Così cambiò la mia visuale di quel luogo e iniziai a trovarvi un terreno molto fertile su cui posare i piedi per scrivere.
Hai intrapreso un percorso di scrittura e ricerca chiamato ‘’Meditazioni’’, costituito da riflessioni antropologiche, storiche e poetiche. Potresti parlarcene?
All’epoca mi sono resa conto che la mia migliore capacità non era tanto quella di raccontare una storia, cosa che comunque amo fare, ma il saper riflettere sulle domande di oggi e fare un’esegesi della contemporaneità, trovando un punto di connessione tra l’antichità e l’attualità. Le ‘’Meditazioni’’ hanno una loro potenza perché mi hanno avvicinata ad un pubblico eterogeneo; si può dire che io sia andata laddove il teatro di solito non va, ad esempio nei centri spirituali. Inoltre mi hanno aiutata a togliere il velo della rappresentazione, c’è una ragione per cui si sale su un palco e le “Meditazioni’’ rappresentano proprio tutto ciò che è nascosto dietro il percorso di un attore.
Dalla lettura della “Divina Commedia” di Dante Alighieri è scaturita la scrittura di ‘’Vergine Madre’’ (2004). Nel 2007 il monologo ha vinto il Premio Persefone come miglior spettacolo teatrale in televisione. Cosa ti ha spinta a reinterpretare un’opera di tale importanza?
In seguito ai fatti dell’11 settembre 2001, in quanto artista, mi sono quasi sentita in dovere di donare delle parole di conforto alle persone. Come potevo indicare la cosiddetta ‘’retta via’’ quando fuori crollava il mondo? C’era bisogno di donare delle parole di bellezza per uscire dall’inferno. Ho iniziato a fare questo viaggio all’interno della “Divina Commedia” e, proprio come nell’opera, ho intrapreso una catabasi e dopo un’ascesa. Tutto è culminato con un’appropriazione della mia persona. Quest’opera è rimasta attuale perché, quando quest’anno si è riproposta l’idea del tutelarsi da una situazione catastrofica, isolandoci per tre mesi nelle nostre abitazioni durante il lockdown, ho pensato di reinterpretare l’opera per intero.
Dal 1997 insegni narrazione e comunicazione alla scuola Holden di Torino e dal gennaio 2016 sei direttrice artistica del Nuovo Teatro Faraggiana di Novara. Cosa accomuna queste due attività lavorative?
A mio parere tutte le attività svolte da un artista sono simili tra di loro in quanto ciò che caratterizza questa figura è la capacità di essere versatili e poliedrici.