È stato Mario Venuti ad aprire la prima serata del concerto di presentazione dei finalisti di Musicultura 2023, portando sul palco del Teatro Persiani di Recanati la sua voce e una chitarra acustica. Un set intimo, raccolto; una testimonianza, anche, del rapporto di stima e collaborazione che unisce l’artista siciliano e Musicultura, grazie a un’amicizia nata tanti anni fa che continua nel tempo a regalare splendidi momenti di condivisione. Così, quello proposto ieri sera al pubblico del festival è stato un breve viaggio tra le mille possibilità della musica. Quelle stesse possibilità che confluiscono in questa intervista rilasciata alla Redazione di Sciuscià.
Sei un artista eclettico, autentico e di grande sensibilità. La tua visione dell’arte non segue le mode del momento, ma risponde a un’esigenza di verità e originalità di musica e parole. Quanto credi sia importante per chi partecipa a un concorso come Musicultura trovare la propria dimensione e portare sul palco la propria autenticità?
Avere personalità è sempre stato importante e continua a esserlo. Viviamo in un mondo in cui fare musica è diventato molto più democratico perché i mezzi tecnici a disposizione ci permettono più facilmente di registrare e diffondere la musica anche attraverso Internet. Per distinguersi nell’iperproduzione del panorama musicale contemporaneo, caratteristiche come la personalità e l’autenticità sono ancor di più elementi essenziali.
Hai viaggiato molto in America del Sud alla scoperta di mondi, musiche e culture lontane. Da queste esperienze, nel 2022 prende vita l’album Tropitalia, una reinterpretazione di grandi successi della musica italiana in chiave tropicalista. In che modo questo movimento musicale e culturale ha contribuito alla tua formazione artistica e personale?
Nei primi anni Novanta ho scoperto l’universo della cultura brasiliana e sono rimasto affascinato dalla musica di grandi personalità come Caetano Veloso e Gilberto Gil, autori di una generazione precedente alla mia, sostenitori di una grande rivoluzione musicale alla fine degli anni Sessanta. Mi sono subito ritrovato in questo linguaggio “onnivoro” che gioca con il passato e con il futuro attingendo da culture differenti. La maniera di cantare dei brasiliani è molto più confidenziale rispetto alla grande melodia italiana che risente ancora tanto di un retaggio melodrammatico. La musica è più intima e sembra togliere retorica alle canzoni. In Tropitalia ho cercato di coniugare gli aspetti migliori delle culture di questi due paesi solo apparentemente distanti. È stata una bella avventura rivestire la canzone popolare italiana di ritmi brasiliani e armonie sofisticate.
Sempre nel 2022, al Taormina Film Festival è stato presentato il docufilm Qualcosa brucia ancora, il racconto della tua vita dall’infanzia agli esordi nel mondo della musica, passando per l’esperienza con i Denovo fino alla carriera da solista. Com’è stato ripercorrere e soprattutto condividere con il pubblico tutta quella strada?
È stato come una seduta psicanalitica, un viaggio nel tempo, una liberazione quasi proustiana “alla ricerca del tempo perduto”. Di cose da raccontare ne avevo tante; non tutte sono riuscito a tirarle fuori.
È stato come fare un po’ il punto della situazione di tanti anni di musica, tante esperienze, tanti incontri con altri artisti con cui è stato bello collaborare e di questo mio vagare così inquieto nelle possibilità che la musica può dare. Spaziando tra vari generi, ho cercato di proporre sempre qualcosa di diverso al pubblico.
Ami condividere sui social i tuoi progetti artistici e musicali. Proprio dal tuo profilo Instagram hai annunciato che è in corso la preparazione di un nuovo album. Cosa dobbiamo aspettarci e quando potremo ascoltarlo?
È un disco complesso, stratificato con canzoni inedite scritte da me, Kaballà e altri autori. Una prosecuzione del discorso di Tropitalia, un’evoluzione del progetto che vede un ritorno graduale verso il pop e l’elettronica senza dimenticare la componente brasiliana. Il 19 di maggio uscirà il primo singolo a cui poi seguirà l’album completo.