Michele Braganti, studente, paroliere e polistrumentista nato nel 2002, nonostante la giovane età ha le idee ben chiare: parole e musica sono la sua strada. La sua passione nasce alle elementari: comincia con gli studi di pianoforte e di chitarra moderna, poi, a 15 anni, approccia anche al canto e alla scrittura. Partecipa
al programma Rai Sanremo Young, edizione 2019, e l’anno successivo vince il premio speciale al concorso “Il primo giorno del giorno nuovo” di Simone Cristicchi. Molto importante è la collaborazione musicale con il Professor Andrea Franceschetti, grazie alla quale sono nati diversi brani: il primo, Ma-tu-Maturità?,
dedicato ai maturandi d’Italia del 2020, ha riscosso sui social un successo enorme, tanto da ricevere dei complimenti davvero inaspettati: quelli del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Ora, su quella strada fatta di musica e parole, è tempo di fare tappa a Musicultura.
Questa l’intervista rilasciata alla redazione del Festival.
Sul palco del Teatro Lauro Rossi, in occasione delle Audizioni Live di Musicultura, hai dichiarato di ispirarti a importanti figure del cantautorato italiano come Dalla, de Gregori, Niccolò Fabi, Brunori Sas. In cosa ti senti vicino a loro e dove, invece, emerge la tua individualità creativa?
I grandi cantautori del passato sono da sempre stati dei punti di riferimento per la mia crescita artistica. Artisti come Brunori e Fabi sono delle scoperte più recenti che mi affascinano per il loro modo di scrivere e comporre. Ciò che apprezzo di più in loro e che cerco di fare mia è la scelta delle tematiche, mai banali, sempre di un certo spessore; sono dell’idea che una canzone non vada sentita passivamente come spesso si fa, una canzone va ascoltata e deve lasciare qualcosa su cui riflettere, quel qualcosa che fa sì che l’ascoltatore diventi partecipe tanto quanto l’autore e il compositore. D’altra parte sto cercando di far emergere la mia vena creativa dal bagaglio di esperienze di vita, e dalla mia attitudine al non essermi mai
limitato a un solo pensiero, un solo genere di ascolti, di letture, di interessi; credo fermamente che l’apertura a tanti e diversi orizzonti sia la base per costruire la propria unicità, la propria originalità.
Negli ultimi anni di scuola è iniziata la tua collaborazione con un insegnante del liceo scientifico “Città di Piero” che hai frequentato. Quanto è stato importante, soprattutto nel periodo del lockdown, il sostegno e il coinvolgimento da parte del Professore Andrea Franceschetti, alias DJ Prof, per la tua crescita personale e artistica?
Frequentando la facoltà di lettere all’università, ho molto a cuore la figura del professore e dell’importante ruolo che ha nella formazione dei ragazzi in un momento di crescita determinante. Credo che il ruolo più difficile di un insegnante sia quello di trasmettere ai propri studenti quello che nessun libro di scuola
contiene e il professor Andrea Franceschetti è una di quelle persone che mettono a disposizione tutta la loro anima e il loro impegno per riuscirci. E ci riescono. Posso affermare che la nostra è un’amicizia, nonostante io non riesca ancora a distaccarmi dalla formalità del “lei”; un’amicizia che ci ha portato a collaborare per la realizzazione di ben tre inediti, il primo in particolare durante gli anni della pandemia da COVID. Sicuramente la ricorderò per sempre come un’esperienza straordinaria di rinascita e di confronto, specialmente considerando che la nostra collaborazione è nata in un momento in cui erano limitate sia la possibilità di vivere l’arte e la musica, sia l’occasione di stare a contatto e in sintonia con le altre persone, due aspetti fondamentali per chi, come me, vive di questo.
Non ti definisci un cantautore, ma un polistrumentista e un paroliere; da cosa deriva questa scissione? Quando componi una canzone nascono prima le parole o la musica?
Tengo molto a scindere i due ruoli di compositore e paroliere, innanzitutto per presentarmi fin da subito sia come autore che compositore della maggior parte dei miei pezzi, in secondo luogo per distinguere due passioni che ho iniziato a coltivare in due momenti diversi. Infatti i miei studi di musica sono cominciati all’età di sette anni con il pianoforte classico, successivamente mi sono approcciato alla chitarra moderna e all’età di 15 anni ho iniziato a scrivere e comporre le mie canzoni. Nonostante questa scissione, nel momento in cui creo le mie canzoni preferisco sempre avere lo strumento con me e scrivere assieme testo
e musica, lo ritengo il metodo più efficace per rendere il prodotto finale più omogeneo possibile, anche se non ci sono regole e spesso l’approccio dipende anche dalla diversità dei casi.
La canzone con cui sei stato selezionato tra i 16 finalisti di quest’edizione di Musicultura, La migliore soluzione, sembra essere un invito a spogliarsi di tutte le strutture precostituite, e a ricercare “la migliore soluzione” nel “sorriso di un amico”. Che cosa è l’amicizia per te, e quanto, secondo te, può essere difficile trovare un vero amico?
Molto spesso, specialmente oggi, succede che le persone pongano il proprio ego, la reputazione, le maschere che tutti i giorni si costruiscono addosso alla base del loro mondo, dimenticandosi che la felicità sta nelle piccole cose, come il sorriso di un amico. L’amico vero è quello con cui puoi essere sempre te stesso, senza temere alcun giudizio, quella persona che riesce a farti stare bene sia nei momenti di gioia sia in quelli pessimi e per aiutarti a risalire dal fondo è disposto a raggiungerti anche alle 4 di notte. Sono sempre stato convinto di quanto sia alto il valore dell’amicizia, l’amicizia vera, forse ancora più dell’amore, motivo per cui, se è difficile trovare la persona giusta che ti stia accanto per tutta la vita, è ancora più
difficile trovare un amico sincero, che non si definisca tale per i propri interessi.
Aggrapparti con un dito, il secondo brano che hai cantato alle Audizioni Live, è un pezzo che hai definito “più intimo”. Da quale esigenza è nata questa canzone?
Aggrapparti con un dito è la metafora della rivincita sulle occasioni perse e sui legami spezzati, la metafora di quegli sforzi ultimi che si tentano per riprendere in mano ciò che si è ignorato o lasciato andare per troppo tempo. Mi rendo conto che potrebbe sembrare un tema troppo maturo vista la mia giovane età, ma una canzone non nasce sempre e soltanto dalle esperienze di vita di chi scrive: spesso le canzoni sono storie di vita di altre persone. La condivisione di un sentimento, di un momento di vita, è la base da cui nasce il legame invisibile ma altrettanto magico, potente e unico nel suo genere tra l’artista, la sua musica e l’ascoltatore. Dunque potrei affermare che Aggrapparti con un dito nasce dall’esigenza di mettere tante
persone, compreso l’io di domani, di fronte alla possibilità di riprendersi in mano la propria vita e risalire dal fondo dei propri errori.