Preferisce definirsi artigiano piuttosto che artista, perché “gli artisti sono altri, essere un artigiano di buon livello è già un traguardo pazzesco”. Flavio Insinna fa bene il mestiere, lo onora, si sente fortunato di farlo, e fa tesoro degli insegnamenti del suo maestro Gigi Proietti. Tra esperienze di vita, insegnamenti, aneddoti, la passione per la cultura e per la musica, il conduttore di Musicultura 2023 si racconta alla Redazione di Sciuscià.
Flavio Insinna, attore sia di teatro che televisivo, conduttore di successo e scrittore di 3 libri; il suo essere artista a 360° si declina in varie forme grazie alla sua natura poliedrica: qual è il suo segreto?
Artisti sono Picasso, Frida Kahlo, Martin Scorsese, Sergio Leone; io non lo sono. Credo che si usi la parola “artista” con troppa generosità. Mi definisco “artigiano” secondo la definizione di De Chirico, che sottolinea l’importanza di fare bene il proprio lavoro qualunque siano il committente e la richiesta.
Essere un artigiano di buon livello è un traguardo pazzesco, il mio obiettivo è quello. Quanto alla mia natura, è poliedrica proprio perché faccio il mio mestiere come un artigiano si cimenta nella realizzazione di una sedia, di un tavolo o di un armadio. Non è facile: bisogna saperlo fare. Qual è il segreto? Continuare a studiare, essere curiosi, ascoltare gli altri e non credere di essere gli unici perché quando si pensa di aver capito tutto è un momento molto pericoloso: si rischia di sentirsi arrivati quando in realtà, anche se può sembrare una banalità, non si finisce mai di studiare, anche di sbagliare e di correggere i propri errori.
Mi ha colpito molto una sua frase in cui afferma che “la vita non è una gara e ci salviamo solo tutti insieme.” In un mondo che tende sempre più all’individualismo, come possiamo recuperare l’empatia che ci aiuta a essere solidali gli uni con gli altri?
Un po’ di tempo fa, leggendo, mi sono imbattuto in una frase di Maria Montessori, una donna straordinaria, che afferma una cosa semplice ma pazzesca: “Dobbiamo insegnare ai bambini a cooperare”. Siamo negli anni ’50 quando lo dice, ma ancora oggi a scuola la cooperazione non viene insegnata mai, anzi, si introducono concetti di gara e competizione. In questo periodo in cui mi capita di andare nelle aule a parlare de Il gatto del papa, una “favoletta” che ho scritto, i cui proventi vanno a sostegno di Emergency, ricordo sempre ai ragazzi che è proprio in questi anni di formazione che decidono chi vogliono essere: una persona pronta ad aiutare o una che pensa solo a fare il suo. Non siamo isole “autoconcluse”, “autorisolte”: siamo tutti un pezzetto di quella bellissima comunità che è il mondo, che è la vita. Lo straordinario maestro Bosso, che purtroppo ci ha lasciato, a Sanremo disse: “La vita è come la musica, si fa insieme”. Come qui a Musicultura: c’è chi presenta, chi aiuta, chi canta, chi porta il microfono, chi sposta qualcosa; c’è un esercito di persone che in un minuto ti fanno trovare tutto pronto: senza di loro non si potrebbero eseguire i brani perché i risultati, appunto, si raggiungono solamente tutti insieme.
“Benvenuti a teatro, dove tutto è finto ma niente è falso”, diceva Gigi Proietti. Quello con il suo maestro è stato un rapporto di grande stima professionale e personale: ce ne vuole parlare?
Ti racconto anche un’altra frase che ripeteva spesso Proietti ed è fondamentale: “Fare l’attore è un mestiere”. Lui di sé ridendo e alzando la mano diceva: “Sono un noto fantasista romano, se mi ascolti la scena viene ancora meglio”. E aggiungeva: “Ragazzi, è un mestiere, un gioco, non è uno scherzo!”. La differenza tra gioco e scherzo è importante: lo scherzo, per esempio, potrebbe essere un gavettone lanciato, che può anche far ridere, ma il gioco è un’altra cosa. Pensiamo al gioco del tennis, del pallone; pensiamo al gioco di guardie e ladri, dove ci si spara – grazie al cielo per finta – ma poi quando si cade a terra si deve sembrare morti veramente, deve sembrare vero. La differenza sta proprio nella finzione del gioco: se la finzione risulta falsa, il gioco è finito. Riprendo di nuovo le parole di Proietti: “La sfida è essere credibili, non probabili”. Ecco, “probabile” vuol dire che indossando una corona da re potrei improvvisarmi Riccardo III, ed è probabile, appunto, persino che riesca a interpretarlo. Ma si è davvero “credibili” solo quando dalla platea gli spettatori hanno la percezione che ciò che avviene sul palco è vero, è reale.
Ai microfoni di Radio 1 Rai ha dichiarato che la musica ha sempre fatto parte di lei e della sua famiglia. È forse questa sua passione ad averla spinta ad accettare il ruolo di conduttore di Musicultura 2023?
Essere qui è un regalo! Ho avuto la grandissima fortuna di crescere in un ambiente ricco di dischi e di libri, dove la cultura era molto presente, e ringrazio ancora una volta la mia famiglia per questo.
Posseggo dischi a 78 giri, quelli di ferro che pesano 28 kg (ride n.d.r.); ho il grammofono, i giradischi; da ragazzo mi dilettavo a fare il dj. La mia vita senza leggere e senza ascoltare musica non sarebbe possibile, non la sentirei mia. Per questo quando mi ha chiamato il mio grandissimo amico Matteo Catalano, che è un autore fantastico e una persona meravigliosa, per presentare Musicultura, ho accettato subito. Essere su questo palco è un regalo. Musicultura è una festa!