Un poeta i cui versi hanno segnato la storia della musica italiana e internazionale. I suoi testi hanno radicalmente trasformato la cultura popolare degli ultimi cinquant’anni, lasciando un segno profondo nella vita di ognuno di noi. Una carriera da autore, editore musicale, difensore del diritto d’autore e formatore che gli vale, sul palco dello Sferisterio, la Targa per Alti Meriti Artistici dalle Università degli Studi di Macerata e Camerino. Ospite d’onore della XXXIV edizione di Musicultura, Mogol, prima dell’incontro pomeridiano col pubblico de La Controra, ha ripercorso ai microfoni della Redazione di Siuscià alcuni momenti della sua vita straordinaria, dal sodalizio con Lucio Battisti a quello con Mario Lavezzi, dall’impegno in ambito sociale alle considerazioni sull’importanza della cultura popolare.
Il suo ultimo progetto discografico Capolavori nascosti, realizzato con Mario Lavezzi, comprende quattordici tracce poco conosciute che avete deciso di presentare al pubblico per dare loro l’attenzione che meritano. Vi sta dando le soddisfazioni sperate?
Il disco è uscito nel marzo 2023 ma le canzoni sono di trent’anni fa. Il progetto è nato perché prima non c’è stata vendita. Nessuno conosceva questi pezzi, molti dei quali cantati da Mango, Dalla, Cocciante, Mannoia, tutti artisti di straordinario valore. Mario mi ha ricordato e fatto ascoltare brani di cui io avevo scritto i testi e che hanno risvegliato in me una grande soddisfazione. Così è nato Capolavori nascosti, 13 tracce di allora più una che abbiamo scritto recentemente. Gli arrangiamenti sono eccezionali e i testi buoni. Si ha un insieme di cose culturalmente di alto livello. E infatti ha un riscontro molto alto, sia trai giornalisti che tra il pubblico.
Il CET, Centro Europeo Toscolano di cui lei è fondatore e docente, è un’associazione no profit e la scuola più importante a livello europeo. Negli anni ha formato più di 3000 autori, compositori e interpreti. Il progetto, lei dice, è nato per senso di dovere nei confronti di questo nostro Paese che da qualche anno vive una certa recessione nella cultura popolare. Vuole spiegare questa sua affermazione?
Le canzoni parlano da sé; quelle che hanno un livello sopravvivono alle generazioni e qui non mi pare che ci siano molte canzoni che sopravviveranno. Ho fondato il CET proprio per senso di dovere. In trent’anni di lavoro sono stato l’unico docente a non aver mai percepito uno stipendio. È un regalo che faccio al mio Paese e voglio che rimanga tale. A proposito della cultura popolare, io penso che sia il mezzo più immediato e potente per l’evoluzione della gente. La diffusione della cultura popolare di buon livello è fondamentale. Non dimentichiamo che Dante Alighieri scriveva nella lingua del De Vulgari Eloquentia, non in latino. Prima di chiunque altro aveva capito l’importanza di un linguaggio non selettivo e che arrivasse a tutti.
In un’intervista ha detto che in fase di progettazione non si ha la percezione di quello che diverrà la canzone. Ha dichiarato che “quando scrivevamo le canzoni io e Lucio eravamo soddisfatti e felici di aver fatto una cosa bella. Non potevamo immaginare che poi milioni di persone in tutto il mondo avrebbero amato il nostro lavoro”. Le va di raccontarci un aneddoto legato al sodalizio artistico Mogol-Battisti?
Io e Lucio eravamo coscienti di aver fatto qualcosa di bello. Ogni volta che scrivevamo qualcosa di nuovo, la facevamo ascoltare a qualche amico. Negli ultimi tempi, per esempio, eravamo soliti andare in un istituto per malati di tumore a far sentire in anteprima i brani ai pazienti ricoverati. Lui con chitarra e voce; io lo presentavo. È stata una cosa bella che ci ha portato anche tanta fortuna.
Nel 1981 ha fondato la Nazionale Italiana Cantanti. Lei in prima persona è sceso in campo collezionando negli anni quasi 300 presenze e più di 30 reti. Che ricordi ha di quei tempi e quali soddisfazioni le ha dato negli anni l’associazione?
La Nazionale Italiana Cantanti nasce perché il mio amico Walter Tramontana, presidente della Croce Verde Sempione, mi chiese di organizzare un evento per raccogliere i soldi necessari all’acquisto di un’autoambulanza. Lui aveva pensato di organizzare un concerto; io proposi una partita di pallone. Molti furono i cantanti che parteciparono all’iniziativa tra cui Battisti e Leali, entrati in campo senza aver mai toccato una palla in vita loro.
Da lì è partito tutto. In più di quarant’anni di attività l’associazione ha donato in beneficienza l’equivalente di 100 milioni di euro, tutti devoluti a sostegno dei bambini sofferenti. Per me inizialmente è stato un gioco, mi sono divertito. Il sapere poi che questo divertimento sia diventato un qualcosa di importante mi fa tanto piacere e lo considero un regalo.
Nel 2019 ha ricevuto il prestigioso “Premio Giacomo Leopardi”. In tale occasione ha affermato che trascorsi cinquant’anni si può valutare se un testo è una poesia vera. Lei, come Leopardi, è a tutti gli effetti un poeta le cui parole hanno segnato la storia della musica italiana e internazionale. Dove è riuscito ad arrivare con la musica?
La Società Dante Alighieri, che è la società culturale più importante del mondo, mi ha candidato al Nobel per la letteratura. È una grande soddisfazione e un traguardo importante, considerando il numero di dischi che ho venduto nel mondo, ben 532 milioni. Davanti a me ci sono solo i Beatles e Elvis Presley. La mia profonda fede mi porta a credere di essere un protetto. Non mi sarei mai immaginato tutto questo. Sono cosciente di aver avuto più di quello che meritavo.