Un luogo è un insieme di persone e ricordi, azioni e sentimenti; condiziona la vita quotidiana, lascia tracce indelebili in chi lo vive. Lo sa bene Sandro Barosi: con i due brani presentati alle Audizioni Live di Musicultura ha voluto raccontarci proprio della sua città natale, Cremona, e di quella d’adozione, Venezia. La sua è una carriera intrapresa da appena qualche anno: è del 2021 la collaborazione con i fratelli Giacomo e Tommaso Ruggeri, musicisti e produttori cremonesi, dalla quale prende piede un progetto solista ora arricchito dall’uscita del singolo Un re, interamente autoprodotto, anticipazione del prossimo EP. Come da lui stesso ammesso, Musicultura è la sua “data zero”, un’occasione unica per farsi conoscere e far conoscere la sua musica attraverso il brano che è stato selezionato dalla giuria del Festival, Venezia di sera. Questa la sua intervista rilasciata alla redazione “Sciuscià”.
Partiamo così, a bruciapelo: cosa rappresenta per te un’esperienza come quella di Musicultura?
Musicultura per me è un inizio, una gigantesca data zero in cui presento per la prima volta il progetto più recente, rappresentato in questo caso da Venezia di Sera.
Ascoltando le tue canzoni e leggendone i testi sembrerebbe che il tuo percorso di scrittura parta dalle immagini. Qual è il tuo processo creativo? Cerchi di racchiudere in queste immagini esperienze ed emozioni passate o ti lasci ispirare da ciò che vedi?
Penso che ogni canzone nasca in modo un po’ unico. In una potrei lasciarmi suggestionare da una serie di immagini, mentre in un’altra magari cerco di raccontare un’esperienza in modo più ordinato, partendo da situazioni che mi sono accadute. Calvatown, il secondo brano che ho presentato alle Audizioni Live, può essere un buon esempio del primo caso, mentre Venezia di sera, il pezzo poi scelto dalla giuria del Festival, del secondo.
Ecco, appunto: il brano selezionato dalla giuria di Musicultura è Venezia di sera. È un pezzo intimo che con malinconia racconta di una persona ormai lontana. Quanto è importante per te la nostalgia? È qualcosa di negativo o positivo?
Diciamo che il valore del ricordo è potente sia in negativo che in positivo e, in questa canzone, ho cercato di sfruttare questo suo potere evocativo. Di certo il tono nostalgico lascia più che altro intendere una situazione di sofferenza per una storia finita. In ogni caso, per rispondere alla domanda, sono un tipo decisamente nostalgico. Di solito penso al passato con gli occhi tristi di chi vorrebbe tornare indietro a cambiare qualcosa o a riviverlo esattamente allo stesso modo, sempre con una punta di rimpianto.
Calvatown, l’altra canzone che hai presentato al Festival, è il divertente racconto di una provincia fatta di personaggi caratteristici che riesci a dipingere con ironia: è il racconto della tua Cremona. Cosa ti porti dentro della tua città?
Il mio paese è diventato nel tempo un mostro a due facce. Una che ti respinge e ti dice che se cerchi qualcosa sicuramente non la troverai lì tra le solite quattro strade, tra i soliti volti. L’altra che ti fa sentire la sua mancanza quando sei lontano perché, volente o nolente, sarà sempre casa. È stato il mio tentativo di descrivere questa sua attrazione dolce e minacciosa allo stesso tempo, che ti respinge e poi improvvisamente ti ritrovi intrappolato al suo interno e quasi ti piace.
A Macerata, in occasione delle Audizioni Live, ti abbiamo visto esibirti con la tua band in una performance caratterizzata da un affiatamento musicale notevole. Quanto incidono le persone che suonano con te nella tua proposta artistica?
Due dei musicisti che suonano con me, Giaco e Tommy, sono anche i miei produttori. Le mie canzoni sono le loro canzoni e io ora non starei facendo quello che faccio se non avessero creduto in me. Quindi è presto detto quanto per me sia fondamentale la loro presenza sul palco. Anto, il bassista, è un loro amico d’infanzia che suona con loro da una vita e non potrei essere più felice che sia salito a bordo del vascello. Penso che siamo davvero una squadra fortissima.