Nato a Modica ma adottato dai portici di Bologna, con un passato da tutto-fare per palchi e concerti di altri, si fa conoscere al Festival Show all’arena di Verona e nell’edizione 2017 di X-Factor. Ora, Nico Arezzo è tra i finalisti di Musicutura 2024, che affronta – svela – come una nuova possibilità di presentarsi al pubblico, ma con una diversa consapevolezza. Il pezzo selezionato dalla giuria del Festival, Nicareddu, racconta in maniera fiabesca della sua Sicilia, anche perché – spiega in quest’intervista rilasciata alla redazione “Sciuscià” – le sue storie sono pensieri che ha scelto di non lasciar scivolare. E una casa è difficile da lasciar andare.
Nel 2017 hai vinto il Festival Show all’Arena di Verona; nello stesso anno hai anche partecipato a X-Factor. Come sei cambiato nel lasso di tempo che porta a oggi e come stai vivendo l’esperienza di Musicultura? Cosa rappresenta questo festival nel tuo percorso?
Sono passati sette anni, sono state esperienze incredibili ma che ho vissuto da diciottenne. In tutti questi anni sono inevitabilmente cresciuto, musicalmente e testualmente ho cercato di modellare un qualcosa che non aveva una forma. Non saprei dirti che forma abbia ma è qualcosa che riconosco come mia. Musicultura, al di fuori del pregio, è importante per me. Riesce a darmi di nuovo la possibilità di presentarmi ma con una consapevolezza diversa; oltre a essere un’esperienza divertente, è un palco che dà peso alla musica e al testo, senza andare a sporcarli con tante cose che distraggono. Musica e testo e nient’altro sono esattamente le cose su cui cerco di lavorare da anni e sono contento di fare parte di un evento che capisca questa esigenza e dia la possibilità di spiegare, o quantomeno provare a farlo, ciò che piano piano cerchiamo di modellare.
Alle Audizioni Live hai accompagnato la tua voce solo con una chitarra. Ti esibisci sempre così o ci sono contesti in cui scegli una dimensione un po’ meno intima?
Ho un brano nel mio album, che uscirà a breve, che inizia con una chitarra classica e delle voci leggere e finisce con una band emo-punk. Amo i contesti intimi, mi permettono di trasformare anche posti grandi nel salotto di casa. Fino a oggi li ho sempre cercati e continuo a portarli avanti, ma adesso, parallelamente, presento al pubblico un progetto nuovo e diverso, con la mia band, per permettermi di far ascoltare l’album in modo completo.
Rimaniamo ancora un attimo sul palco delle Audizioni. È lì che hai spiegato che Nicareddu, il brano con cui Musicultura ti ha selezionato tra i suoi finalisti, parla delle tue origini e del tuo percorso. Ecco, le tue origini, appunto: cos’è per te la Sicilia?
È casa.
L’altro pezzo che hai presentato al Festival è Spazzolino, col quale racconti come un oggetto d’uso quotidiano possa trasformarsi in input per un cambiamento significativo. Ti fermi molto a pensare ai cambiamenti che avvengono intorno a te? Quanto sono importanti nel tuo processo di scrittura?
Ne parlavo recentemente con un’amica. Credo che se si facesse caso alle cose che succedono attorno, ai pensieri strani che si fanno durante le giornate, ognuno avrebbe delle storie incredibili da raccontare. Il problema è che spesso scivolano. Non mi fermo molto a pensare ai cambiamenti, ma quando in modo assolutamente naturale arrivano me ne accorgo e li fermo in musica e testo. I miei testi, le mie storie sono pensieri che ho scelto di non lasciar scivolare.
Sei molto attivo sui social, che utilizzi in modo divertente, per esempio coinvolgendo chi ti segue nella creazione di qualche base musicale. Riesci quindi a rendere il tuo pubblico partecipativo anche in un contesto lontano dal palco, perché il pubblico per te è…
Non mi piacciono i social, ma ho la fortuna di avere un pubblico mediatico incredibile, divertente e presente. Mi fa venire voglia di progettare e pubblicare sempre idee nuove perché so che avrò una sua risposta sia sui social, sia sotto il palco. È il motivo per cui continuo a fare ciò che faccio.