“Ho percorso tutte le strade del mondo, poi ti ho trovato all’ultima curva”: canta così Helle nel suo brano Lisou, pezzo che presenterà al concerto dei 18 finalisti di Musicultura 2024. Effettivamente, di strade ne ha percorse parecchie, riuscendo a trovare una sua dimensione artistica: la scrittura che diventa condivisione, la libertà che prescinde dalle aspettative, il connubio tra poesia e musica. Ecco come si racconta alla redazione “Sciuscià”.
Per te non è la prima volta Musicultura: hai già preso parte alle Audizioni Live della scorsa edizione. Cosa è cambiato da allora e cosa ti ha spinto nuovamente a partecipare?
L’esperienza di per sé è meravigliosa, non ci ho messo molto a desiderare di parteciparvi ancora. Quest’anno ho portato un genere diverso, più consono, forse, alla mia esperienza artistica. Sono infinitamente grata che abbia incontrato un maggiore riscontro.
Lisou è il brano che ti ha portata a essere tra i finalisti di questa edizione del Festival. E sempre a proposito di Audizioni, proprio in quell’occasione hai dichiarato quanto sia a volte difficile proporlo al pubblico per via della dimensione privata, e anche di sofferenza, a cui fa riferimento. Come riesci a scrivere del tuo dolore? E come vivi, poi, la sua condivisione in musica?
La condivisione è un momento di gioia, di giustizia, per così dire. Scrivo per non sentirmi sola, pubblico per essere amica di qualcuno. Quando accade, ne sono estremamente felice.
Lo scorso maggio è uscito il tuo ultimo album, La liberazione, col quale – in chiave folk e con un linguaggio semplice ma deciso – ti fai portavoce della necessità di un ritorno all’istinto e alla libertà primordiali. Ti fidi sempre del tuo istinto? E in cosa ti senti, e non ti senti, libera?
Non mi fido per niente! È per quello che poi, quando lo ascolto, diventa liberatorio, ci si lascia un po’ andare. Abbiamo tante redini – talvolta necessarie – che ci costringono in luoghi a volte anche angusti. Mi sento libera quando non provo colpe, o aspettative.
Di recente hai pubblicato anche una raccolta poetica, Carovane. Ci racconti di questa esperienza e del fil rouge che, nella tua vita, collega queste due forme d’arte, la musica e la poesia?
Non c’è un confine esatto, da un punto di vista poetico: le due forme d’arte si uniscono e confondono. L’immagine è ciò che lega ciò che faccio, è il motore pulsante della mia scrittura, per così dire.
Siamo nel contesto giusto, salutiamoci facendo appello proprio alla musica: ti va di chiudere quest’intervista citando il frammento di un brano (italiano) al quale sei particolarmente legata e spiegandoci il perché della tua scelta?
“Ho percorso tutte le strade del mondo, poi ti ho trovato all’ultima curva”.
Cercate sempre la felicità, credeteci, camminate finché non avete visto ogni angolo del vostro animo. E datevi del tempo.