Icona della musica italiana, Gigliola Cinquetti inizia la sua carriera nel 1964, a soli sedici anni, partecipando al suo primo festival di Sanremo. La sua grazia e la sua raffinatezza bucano il piccolo schermo, consentendole di entrare subito nel cuore del pubblico. Prende il via da lì una storia artistica incredibile, costellata di successi e di singoli noti in tutto il mondo e tradotti in otto lingue. Ospite a Musicultura in occasione del primo incontro de La Controra, la cantante – ma anche attrice e conduttrice televisiva – presenta A volte si sogna, libro in cui ripercorre la sua vita regalandocene anche le sfumature più intime e profonde. Terminato l’evento, di qualcuna di quelle sfumature parla anche con la redazione di Sciuscià attraverso questa intervista.
La canzone Non ho l’età, con la quale vinse il festival di Sanremo e l’Eurovision nel 1964, raccontava un modello femminile tipico di quegli anni – decisamente diverso da quello attuale – e faceva riferimento all’importanza di aspettare, appunto, l’età giusta per amare. Oggi, in un’epoca in cui tutto sembra essere esibito (o esibizione), crede che quel pudore potrebbe essere ancora valore aggiunto per l’autenticità di una relazione?
Non so quanto c’entri il pudore con l’età per amare, secondo me non molto. Il pudore uno o ce l’ha o non ce l’ha, in qualsiasi ambito e contesto. Non ho mai condiviso il concetto per cui esiste un’età per amare: l’amore c’è sempre e non ha limiti. Secondo me il fulcro di questa canzone è il rifiuto di una donna davanti a una richiesta; è questo che ha provocato una reazione così forte: nonostante il grande successo, questo brano è stato ampiamente contestato perché l’opposizione di una donna, a quell’epoca, era inconcepibile. L’emancipazione e la libertà sessuale andavano in un’unica direzione: la caduta dei tabù era tutta funzionale al desiderio maschile. E invece la canzone diceva un bel no! E ad oggi potrebbe essere letta, tranquillamente, in chiave femminista.
Lei ha vissuto la scena musicale italiana, lasciando in essa il suo contributo, dagli anni Sessanta ad oggi. Quali sono i cambiamenti più significativi che ha osservato in quest’arco temporale?
È tutto cambiato, è un altro mondo; è cambiata la struttura stessa della canzone. I brani del Novecento rimarranno i brani del Novecento; quello che c’è adesso è un modo di fare musica veramente diverso, ma anche in questo caso ci sarà qualcosa che lascerà la traccia e qualcosa che non lo farà, come è avvenuto anche nei favolosi anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, ricchi di molti capolavori, ma anche di tante canzoni brutte che, giustamente, sono state dimenticate.
Guardando alle nuove generazioni di artisti italiani, c’è – in particolare – qualche proposta o tendenza che trova interessante, promettente?
Non mi appassiono più tanto, non perché non ci sia qualcosa di interessante ma perché sono io a essere cambiata e ad avere poco interesse come fruitrice di musica. Ho sempre amato la musica, soprattutto quella che si ascolta per strada e per caso; amo quando la musica mi viene incontro per sua spontanea volontà. E poi amo anche gli strumenti veri, la musica acustica; amo molto il silenzio e detesto la musica imposta, la musica per vendere, quella dei grandi. Per me la premessa per la musica è il silenzio. Se viviamo in un mondo pieno di rumore, allora non c’è quasi posto per la musica.
Musicultura celebra la canzone d’autore e promuove nuovi talenti. Qual è la sua opinione su eventi come questo e quale ruolo pensa abbiano nell’arricchimento e nel mantenimento della cultura musicale italiana?
Sicuramente è già un pregio l’intenzione che sta nel termine “Musicultura”, mi piace. Non è un caso che questo festival abbia avuto successo e sia così longevo: attualmente, parlare di decenni è un’eternità, vuol dire che funziona. E il riscontro di questa cosa sta nel pubblico che ho osservato oggi: la sua attenzione, la sua partecipazione e la sua passione sono fantastiche!
Come donna che ha avuto una carriera di successo in un’epoca in cui l’industria musicale era dominata dagli uomini, quali consigli darebbe alle ragazze che oggi cercano di affermarsi nel mondo della musica?
I consigli li chiederei io! Vorrei chieder loro cosa devo fare, se devo ritirarmi o cosa farebbero se fossero me. Piuttosto che dare, preferisco chiedere consigli ai giovani, perché loro sì che sanno cosa succede e come muoversi nel mondo di oggi.