“Non sono una semplice icona, ma anche una donna del popolo”: Serena Grandi ci guida attraverso la sua straordinaria carriera, tra retroscena ed emozioni che l’hanno accompagnata. Da giovane ventenne in cerca di ruoli prestigiosi fino a diventare un’icona del cinema italiano. Il ricordo delle esperienze all’estero, in Bulgaria, in Francia e in America, e poi la dedizione alla scrittura: solo l’inizio della storia di un’artista travolgente e carismatica alla redazione Sciuscià. Eccola.
Lei ha iniziato la sua carriera con il nome d’arte di Vanessa Steiger prima di diventare famosa come Serena Grandi. Quali sono state le motivazioni dietro la scelta di questo pseudonimo e come ha influenzato i suoi primi passi nel mondo del cinema?
Con lo pseudonimo di Vanessa Steiger ho fatto solo un film in Spagna; una volta si assumevano i nomi del cast per far vedere che i film si facevano all’estero. Quindi, dietro la scelta di questo pseudonimo non c’era nessuna motivazione particolare.
Il suo debutto cinematografico con “Ring” e le successive collaborazioni con registi come Alberto Lattuada e Roberto Benigni hanno segnato l’inizio della sua carriera. Come descriverebbe quei primi anni nel mondo del cinema italiano?
In quegli anni, ero una giovane ragazza di soli vent’anni; ero in attesa di un ruolo che permettesse di esprimere al meglio la mia vocazione artistica. Fino a quel momento, mi avevano assegnato solo piccoli ruoli, ma crescendo e maturando desideravo delle posizioni più prestigiose. Così, sono andata all’estero, in Bulgaria, in Francia, in America, dove ho riscosso maggiore successo: le televisioni ancora oggi trasmettono nei loro canali alcuni dei miei film.
La sua collaborazione con Tinto Brass in “Miranda” ha cambiato radicalmente la sua carriera, trasformandola in un’icona degli anni ’80. Quali sono stati i momenti più memorabili di quel periodo e come ha gestito l’immagine di sex symbol che le era stata attribuita?
Mi concentravo su me stessa, avevo una sorta di training autogeno. Quando c’era la messa in scena, spegnevo tutto: esistevamo solo io e il mio regista, a volte chiedevo addirittura di uscire al resto della troupe. La mia mente si concentrava solo sul lavoro e non c’era spazio per altro. Il mio unico sforzo era quello di abbandonarmi a 360° a quel ruolo.
Una volta affermata come attrice, si è reinventata anche come scrittrice. Cosa l’ha spinta a esplorare questa nuova strada?
Tutto nasce dall’incontro con Carlo Alberto Biazzi, con il quale ho lavorato per un cortometraggio; siamo entrambi figli di partigiani e proprio da questo vissuto comune nasce l’idea di scrivere un libro. La passione per la scrittura mi ha sempre accompagnata: ascoltavo i racconti di mio padre partigiano che era a capo della squadra mobile di Bologna e spontaneamente, a partire da quei momenti, il mio DNA da scrittrice prendeva forma.
Siamo a Musicultura, quindi la domanda con la quale chiudiamo quest’intervista è quasi inevitabile. Durante la sua carriera cinematografica, ha interpretato il brano Rain Climax, caratterizzato da una forte carica sensuale. L’esperienza in ambito musicale di Serena Grandi è ora un capitolo chiuso o le piacerebbe interpretare altri brani in futuro?
Rain Climax era semplicemente un LP tratto da un film. La soddisfazione più grande della mia carriera a livello musicale è il brano Mal Di Te che Pino Daniele mi ha dedicato. Nel corso della mia carriera mi sono resa conto di non poter vivere senza musica, mi ricorderò sempre una massima di Freddie Mercury: “la musica non ti tradisce mai”. Cerco ancora oggi di far tesoro di questa frase; nonostante questo, cantare è un sogno che resterà nel cassetto, perché è nella scrittura che mi sento davvero libera.