Musica, talento e sperimentazione; queste le tre parole che descrivono meglio Serena Brancale, artista pugliese con il Sudamerica e il jazz nel cuore divenuta un fenomeno social con i brani Baccalà e La Zia.
La giornata di ieri l’ha vista protagonista sia de La Controra che della prima delle due serate conclusive allo Sferisterio, dove la cantante si è raccontata in musica, spaziando da Pino Daniele e Tullio De Piscopo al suo nuovo singolo uscito da poche ore, Stu Cafè. «La musica è una sola. I generi si contaminano e creano un unico flusso» ha affermato ieri dopo la sua esibizione sul palco di Musicultura. Ecco cosa ha raccontato alla redazione di Sciuscià.
La tua produzione artistica è un viaggio tra vari stili, un punto di incontro tra la musica italiana e i generi musicali d’oltreoceano. Quali sono i tuoi punti di riferimento e le tue influenze, e cosa ti guida nella creazione di una melodia?
Nella creazione di un brano mi baso molto sul ritmo che voglio ottenere, e solo dopo su cosa voglio scrivere; penso che questo approccio derivi dalle mie radici sudamericane. Mia madre è di origine venezuelana e quindi quel tipo di musica e di sound, come la Salsa e il BaileFunk, mi hanno sempre accompagnato fin da piccola, e ora sono la base delle mie produzioni. Parto quindi dal ritmo e dalla melodia per arrivare a costruire qualcosa che mi piace. Poi, ho studiato anche violino, e quindi musica classica, prima di avvicinarmi al canto.
Con Baccalà e La Zia sei diventata virale sui social, grazie all’unione del tuo background musicale al dialetto, che usi anche in alcune canzoni dell’ultimo disco, Je so accussí. Cosa ti ha portato a questa scelta?
Il mio successo in termini social deriva dall’esplosione virale dei brani Baccalà e La Zia, ma in realtà utilizzo il dialetto nelle mie produzioni già da dieci anni. Il primo pezzo che ho scritto in dialetto è Sto Uagnedd, che parla di una ragazza e la sua passione per la musica e la batteria. Mi piace utilizzare la sonorità della parlata della mia terra per come si incastra nella melodia e la accompagna. Ogni dialetto ha poi caratteristiche diverse; il leccese è più vocale, mentre il barese, che uso in Baccalà, è ritmico e quindi perfetto per quel tipo di sonorità. Per me il dialetto è ricchezza, in termini di suono e di espressione. E poi in dialetto le parolacce sono belle.
Guardando indietro, cosa porti con te, oggi, della tua esperienza a Sanremo Giovani nel 2015? Cosa ti ha insegnato quel palco?
Vorrei tornare a Sanremo in realtà. Sono passati quasi dieci anni da quella esperienza che mi ha fatto crescere e maturare; ora sono una persona diversa e più consapevole. Quell’anno partecipavo con un brano Jazz italiano, Galleggiare. Ora tornerei con tutto il mio bagaglio di esperienza.
Nel 2023 hai pubblicato un libro, In bocca al Loop, una guida per l’utilizzo del looper, che amplia le possibilità live di un musicista. Qual è il rapporto tra lo studio della musica e l’utilizzo di strumenti che permettono di arrivare a un buon sound con pochissimo?
La musica elettronica è un’altra mia passione: mi piace utilizzare il looper e la drum machine. Stare sul palco senza la band e con questi strumenti, mi permette di avere sicuramente maggiore autonomia, ma allo stesso tempo maggiore responsabilità, perché durante il live la base, e quindi tutta l’esibizione, partono e dipendono da te. Pensi ai cori, al basso e alle percussioni e poi canti sopra ai campionamenti fatti; è una maniera molto moderna di suonare. Con il libro ho voluto trasmettere tutto quello che so sull’utilizzo del looper, perché è una maniera diretta e fresca per esprimersi, e mi piacerebbe che fosse più conosciuto.
Salutiamoci parlando di Musicultura. Secondo te, quanto – e in che maniera – possono essere importanti eventi del genere nella carriera di un artista emergente?
Mi circondo di artisti emergenti come le coriste e i musicisti che mi hanno accompagnato allo Sferisterio. I giovani artisti hanno un’energia positiva che mi fa bene, la stessa che ho sentito nei vincitori di Musicultura. Quello che mi sento di consigliargli è di pensare alla loro musica come un modo per trasmettere ciò che sentono e non come qualcosa per sfondare sui social o per accaparrare il maggior numero di stream. Prima di arrivare al grande pubblico con Baccalà, ho studiato, ho fatto esperienze in diversi contesti, che mi hanno portato a una nuova consapevolezza. Musicultura è un evento importante per chi crede nella musica.