Paola Turci e Carolina Di Domenico: le abbiamo già viste sul palco di Musicultura lo scorso anno – l’una come ospite, l’altra già come conduttrice – e grazie al loro percorso professionale non hanno di certo bisogno di presentazioni. In occasione delle due serate conclusive della XXXV edizione del Festival della Canzone popolare e d’Autore, hanno calcato insieme il palco dello Sferisterio; coppia inedita alla conduzione, ottime ascoltatrici sempre attente a mettere la musica al primo posto, si sono dimostrate da subito capaci di offrire al pubblico competenza, serietà, intensità, sensibilità, ma anche allegria ed entusiasmo. Tra parole chiave e consigli musicali, hanno raccontato di questa esperienza alla redazione di Sciuscià.
Entrambe siete di casa a Musicultura: Paola fa parte da molti anni del Comitato Artistico di Garanzia ed è stata ospite in più occasioni; Carolina è già stata conduttrice del Festival lo scorso anno. Come è andata questa edizione in cui avete calcato il palco insieme?
C.D.D: Già prima di iniziare ero certa che, come lo scorso anno, i ragazzi sarebbero stati i protagonisti assoluti della manifestazione; hanno avuto modo di esprimersi e anche di entrare in contatto con gli ospiti che ci sono stati, che credo li abbiano arricchiti con il loro prezioso bagaglio di esperienza. Dal palco, poi, ho avuto la sensazione che il pubblico dello Sferisterio sia stato capace, anche solo con un ascolto, di affezionarsi ai ragazzi e ai loro brani. Spero, e in realtà penso, che abbiano lasciato il segno.
P.T: Credo fortemente nel valore artistico e culturale di Musicultura; nutro un grande affetto e una profonda stima per Ezio Nannipieri, il Direttore artistico del Festival, che da anni svolge un lavoro di cura e dedizione affinché emergano la qualità e lo spessore dei giovani cantautori all’inizio del loro percorso. Come è andata per me? A fianco della meravigliosa Carolina di Domenico, non potevo che sentirmi “al sicuro” per questa mia prima esperienza da conduttrice.
Durante la conferenza stampa di presentazione della fase conclusiva del Festival, avete entrambe affermato l’importanza di fruire della musica con attenzione, per scovare – in un flusso sovrabbondante e caotico – progetti realmente profondi e di valore. Secondo voi, quand’è che un brano o un disco sono davvero di qualità?
C.D.D: Personalmente faccio molta attenzione al testo. Qui a maggior ragione, visto che siamo proprio al Festival della Canzone popolare e d’Autore, ovviamente è un elemento imprescindibile. Credo che, specialmente nella musica italiana, un cantautore che vuole fare un buon lavoro non possa non dare importanza alla scelta delle parole; poi, chiaramente, anche la musica ha il suo peso. In generale, a mio avviso, è fondamentale che alla base di un progetto ci siano tanta ricerca e la volontà di produrre qualcosa di diverso e personale.
P.T: Chi fa musica e la ascolta da sempre riconosce subito lo scopo che si prefigge la canzone e dove vuole arrivare. Fare musica, per me, significa liberare l’arte che è in noi, slegata da schemi, regole e vincoli: è così che si fa qualcosa di davvero autentico.
Se doveste descrivere Musicultura in tre parole, quali sarebbero?
C.D.D: Famiglia, parole e note.
P.T: Viva, libera, vitale.
Salutiamoci con qualche canzone: quale brano vi dedichereste a vicenda e quale, invece, dedichereste ai vincitori di Musicultura?
C.C.D: A Paola dedicherei Grace di Jeff Buckley; ai vincitori Liberi tutti dei Subsonica.
P.T: Io sceglierei, sia per noi che per gli otto vincitori, tutte le canzoni di questa edizione, che mi girano ancora nella testa senza riuscire ad escluderne nessuna: sono state la mia colonna sonora di questa bellissima avventura.