Musicultura 2025: il cuore delle Audizioni Live

Altre due serate all’insegna della musica d’autore raccontate dalla redazione di Sciuscià

Giro di boa: siamo ormai a metà delle Audizioni Live e il Teatro Lauro Rossi, gremito di spettatori, è pronto ad accogliere il quinto appuntamento.

Ad aprire la serata è Bluesy con Kalashnikov, un mix di R&B, pop e rap dinamico e coinvolgente attraverso cui racconta storie di ribellione. Prosegue poi con Dune, un brano che dà spazio alle sue emozioni e, come un ruggito, sprigiona tutta la sua vocalità: «Ho sempre avuto – dichiara infatti – una voce molto potente. Col tempo ho studiato per imparare a dosarla e dominarla».

Segue Maurizio Vizzino, che presenta al pubblico E il tempo mi protegge, una canzone dal sound moderno, ricco di sfumature e colori, che parla della lotta per mantenere vive la spontaneità e la gioia dell’infanzia. Con Fuga, il cantautore porta sul palco un brano ispirato al romanzo di Daniel Pennac La fata carabina, trasformando in musica il mondo narrativo dell’autore francese: «Inizialmente per gioco, ho scritto il pezzo – spiega – mentre leggevo il libro, ma poi ho capito che era il romanzo giusto per la mia musica».

Sul palco arriva Silvia Lovicario, che con Notte fonde alternative rock, pop, influenze ambient e un tocco di soul. Prosegue con Prima, che racconta il coraggio di abbracciare il cambiamento e prendere in mano la propria vita. «Le mie canzoni – afferma rispondendo alle domande della giuria del Festival – sono frutto di un lungo periodo di gestazione inconscia.  Sono cinque anni che lavoro a pezzi così».

È il momento di Bela, cantautore anconetano che presenta Come stai. Il brano affronta in modo crudo e diretto tematiche esistenziali legate al dolore, alla solitudine e al senso di inadeguatezza. Segue Piano, caratterizzato da un flusso di parole e variazioni ritmiche in stile rap, con cui l’artista invita il pubblico nel suo mondo. «Mentre canto cerco sempre il contatto visivo con i ragazzi che suonano con me, è una delle mie prime esperienze su un palco del genere e sono molto emozionato», racconta.

La performance di Emanuele Colandrea, poi, si apre con Altro che Colandrea, una ballata che esorta a non lasciarsi trasportare dalla corrente delle abitudini, delle apparenze, delle convinzioni e delle convenzioni. Il cantante prosegue con Come un bacio di Giuda e, prima di lasciare il palco, ripercorre con la giuria del Festival i suoi inizi come busker: «Ho iniziato suonando per strada, ma non ho mai amato farlo, perché bisogna sempre alzare la voce. Io urlo, sì, ma mi piace alternare i contrasti: il forte ha senso solo se c’è anche il piano, non quando è semplicemente necessario».

A chiudere la serata è Piccolo G, artista che propone Cosa causa questo caos, un pezzo dal flow rock in cui si esibisce con un’energia travolgente. Conclude con Spighe d’oro, canzone nell’ambito della quale la delicatezza della sua voce si fa emozionante e toccante. Riuscito il connubio con la sua band: «Ci siamo conosciuti pochi mesi fa e da allora il mio percorso è cambiato drasticamente», racconta con gratitudine.

Anche per questa serata il pubblico presente in sala ha la possibilità di esprimere la propria preferenza scegliendo la performance più gradita, che risulta essere proprio l’ultima, quella di Piccolo G, che si aggiudica la Targa Banca Macerata. Il premio viene consegnato da Daniele Felicioli, vicedirettore della filiale di Tolentino della Banca, e da Piergiorgio Capparucci, direttore dell’Accademia delle Belle Arti di Macerata.

Piccolo G – Targa Banca Macerata

Pause.


E di nuovo play.

Si alza ancora una volta il sipario sul palco al Teatro Lauro Rossi per la sesta serata di Audizioni di Musicultura 2025, che si apre con l’esibizione di sonoalaska. Il primo brano, Come Lupi, si compone di sonorità pop e R&B. L’artista gioca con la tonalità della sua voce, così come fa pure nel secondo pezzo proposto, Bimba pazza: «Quello che canto – spiega – rappresenta il mio modo di essere e ciò che voglio essere. La musica è leggerezza, ma è anche veicolo per il messaggio che voglio trasmettere».

È poi la volta di Pino Ruffo, con i pezzi  ‘A tofa e O cunt d’o mare. Forte è il richiamo alla tradizione musicale partenopea attraverso l’uso del dialetto e di ritmi mediterranei morbidi, ibridati da spunti jazz e di world music. Quello dell’artista campano è quindi un progetto che si compone di tradizione e innovazione. E di esperienze di vita: «Nei miei pezzi – spiega – cerco di raccontare il mare, cantando le emozioni che ho vissuto quando facevo il pescatore. Il mio è stato un percorso di allontanamento e poi di ritorno a Napoli».

È ora il turno di Aaron, che porta sul palco i I colori dell’alba e Un finale diverso (Grandine), mettendo al centro dell’esibizione la sua voce. Accompagnato da chitarra acustica e pianoforte, propone un sound compatto e diretto e parla, poi, della genesi dei suoi lavori: «I miei testi nascono tra le tre di notte e le quattro del mattino; ci metto tanto cuore e spero che molti riescano a riconoscersi in ciò che sento. Ogni volta che sono in studio, poi, cerco di mettere la mia firma anche sulla parte musicale».

La quarta esibizione vede Vittoria cantare Lontano e Lacrime. L’artista propone una sonorità moderna, di stampo pop. Il suo approccio alla musica è molto istintivo: «Quando scrivo sto attenta al suono delle parole. Durante l’ascolto voglio entrare nel mood della canzone e non perdermi troppo a pensare ai singoli termini. Creo i miei brani badando a quello che mi piace e non a ciò che può interessare al pubblico».

Con Burnout si apre l’esibizione di Matteo Tambussi. Punto di partenza della sua produzione sono folk e cantautorato italiano che, attraverso incursioni blues, vengono riportati in una dimensione intima e personale e raccontano di timori e dissidi morali. Succede anche nella seconda canzone eseguita, il cui titolo è Tanta paura. Del resto, spiega il suo autore, «in musica bisogna lasciar parlare anche i propri demoni. E tramite la mia chitarra, butto fuori le mie frustrazioni».

Sesta e ultima esibizione della serata è quella di Loree, con i brani Insalata di pollo e Mai solo, dal mood indie e pop. L’artista marchigiano dipinge immagini che parlano di amore, rapporti personali, del suo vissuto, della solitudine. Quanto a quest’ultima afferma: «Non ce n’è di peggiore di quella che si prova quando si è in mezzo agli altri e quando suono mi connetto un po’ con loro».

E questa connessione, evidentemente, è fattiva. Perché è proprio Loree ad aggiudicarsi la Targa Banca Macerata, assegnata ogni sera all’artista più gradito dal pubblico presente in sala. A consegnare il premio sono il Rettore dell’Università di Macerata, John McCourt, e Francesco Serafini, Direttore della filiale di Civitanova Marche della banca.

Loree – Targa Banca Macerata