Federica De Angelis, in arte sonoalaska, è una giovane cantautrice romana che osserva il mondo con lo sguardo disarmante di chi ha ancora il coraggio di farsi domande. Con la sua voce delicata e uno stile che intreccia pop, indie e R&B, ha già calcato diversi palchi della scena distinguendosi per la capacità di trasformare temi complessi in canzoni dirette, sincere e profondamente empatiche. Il brano Bimba pazza, con il quale si è aggiudicata un posto tra i finalisti di Musicultura 2025, è un pezzo che, dietro al ritornello apparentemente giocoso, nasconde una denuncia potente contro la violenza psicologica e la manipolazione emotiva. Un racconto cantato che non chiede solo di essere ascoltato, ma riconosciuto, perché troppo spesso certe dinamiche restano invisibili. Attraverso la sua musica e la sua presenza online, sonoalaska porta avanti un progetto che unisce fragilità e determinazione, intimità e impegno sociale; ne ha parlato così in questa intervista alla redazione di “Sciuscià”.

Nel tuo brano Bimba pazza, col quale ti sei aggiudicata un posto tra i 16 finalisti di Musicultura, racconti di una relazione segnata da dinamiche sbilanciate, tra manipolazione e dipendenza emotiva. Quanto è stato importante per te esplorare questo tema attraverso la musica? Pensi che le canzoni possano aiutare chi si trova intrappolato in situazioni simili a riconoscerle e uscirne?
Scrivere, per me, non è solo un’esigenza personale. So quanto le parole e la musica possano essere potenti. Con Bimba pazza ho voluto dare voce a tante storie e dinamiche che spesso restano inascoltate o incomprese. Il brano affronta la violenza di genere, non solo quella fisica, ma soprattutto quella psicologica, che troppo spesso impedisce alle vittime di denunciare per paura di ripercussioni o del giudizio altrui. “Lo sai bene questa è una bugia”, “Non mettere nei guai tutti e due, lo dico per te” sono frasi che qualcuno davvero si è sentito dire, e cantarle è il mio modo di scuotere le coscienze e di aiutare chi ancora fatica a uscirne.
Bimba pazza, ancora. Durante le Audizioni Live di Musicultura hai giocato con la tua vocalità, alternando toni diversi tra quel pezzo e il secondo presentato, Come lupi. Quanto è importante per te la sperimentazione vocale e come lavori sulla tua voce per rendere unici i tuoi brani?
Con la mia voce ho sempre avuto un rapporto conflittuale: ho attraversato un percorso lungo e difficile prima di accettarla e farmela amica. Adesso riesco finalmente a giocarci, a sperimentare e a valorizzare quella sua caratteristica un po’ “bambinesca”. Per me ora non è più un difetto, ma un valore aggiunto.
Nei tuoi testi emerge spesso un contrasto tra delicatezza e profondità, tra la leggerezza della tua voce e il peso delle tematiche che affronti. Questa contrapposizione è un tratto spontaneo del tuo stile o è una scelta consapevole per amplificare il messaggio che vuoi trasmettere?
Questa contrapposizione è del tutto naturale, sono nata con questa voce e la mia scrittura è il frutto di anni di crescita e studio, ma non è mai stata forzata. Mi è sempre piaciuto affrontare temi profondi, complicati e scomodi. Sono del tutto consapevole che questo contrasto amplifica ancora di più il messaggio, è proprio la chiave del mio progetto, ma non c’è nessuna costruzione in questo, è super reale. Io sono così nella vita di tutti i giorni.
La tua musica e la tua presenza sui social sembrano essere due facce della stessa medaglia: entrambe servono a comunicare il tuo messaggio. Come vivi il rapporto con i tuoi ascoltatori al di fuori del palco? Ti capita di ricevere messaggio storie di persone che si riconoscono nelle tue canzoni?
I social per me sono molto importanti. La mia musica è nata da lì e mi piace avere un contatto con chi mi ascolta. Bimba pazza grazie proprio ai social è stata portata nelle scuole, ho ricevuto molti messaggi da bambini, genitori, insegnanti. Sapere che si possono raggiungere così tante persone e far arrivare un messaggio così forte è la dimostrazione che da un telefono si può fare del bene, e io cercherò di farlo sempre.
La tua esperienza live spazia dai palchi della scena romana fino a festival e concorsi nazionali. Cosa cambia per te tra il pubblico di un club e quello di un festival come Musicultura?
Ho cantato ovunque, per mille persone e per due – e non scherzo quando dico che erano solo due -. Se fai il cantautore sai benissimo che ti troverai sempre in contesti diversi e che dovrai sempre fare una buona performance, con la stessa grinta e forza. Certo, il palco di Musicultura mette un bel po’ più di ansia rispetto a quello di un club, ma alle Audizioni ho ricevuto tanto calore e non vedo l’ora di cantare di nuovo per voi.