INTERVISTA – Alessandra Nazzaro a Musicultura: e Ouverture sia

«Delle volte basta solo, naturalmente, vivere»

Ha alle spalle un’esperienza con l’alias di Lena A, col quale esplorava sonorità elettronico-pop; oggi, da quando ha scelto di essere semplicemente se stessa, Alessandra Nazzaro coltiva la sua musica come uno spazio dove parole e melodie si intrecciano per raccontare storie intime e riflessioni. Per esempio, nel suo brano Ouverture, selezionato dalla Giuria di Musicultura tra quelli finalisti del concorso, si addentra con intensità nel labirinto della perdita e della memoria, portando per mano l’ascoltatore in un viaggio interiore attraverso universi alternativi e sogni infranti, mettendo a nudo la cruda realtà del risveglio adulto e la perdita delle infinite possibilità ch’erano sogno dell’infanzia.

Alessandra Nazzaro alle Audizioni di Musicultura 2025

Agli esordi ti sei esibita con l’alias di Lena A, esplorando sonorità elettronico-pop. Qual è stato il momento chiave che ha segnato la tua evoluzione artistica verso il cantautorato di Alessandra Nazzaro?
Il cantautorato ha sempre conquistato il mio cuore e condizionato i miei ascolti. Quindi definisco l’esperienza di Lena A come una piccola parentesi per nascondermi e non voler abbracciare la mia natura, fatta di parole e di musicisti che si guardano negli occhi e arrangiano i brani. Il momento che ha disegnato definitivamente la parentesi tonda, chiudendo con Lena A, è stato entrare a Officina Pasolini, un laboratorio di formazione artistica di Roma; lì ho conosciuto altri cantautori come me, con cui confrontarmi, e insieme a loro ho imparato a non avere paura di cantare senza seguire il flusso delle mode, ma solo il mio.

In una precedente intervista per “Il Metrònomo” hai raccontato che il tuo percorso musicale ha preso una direzione più definita dopo aver intrapreso il Cammino di Santiago. In che modo questo viaggio fisico ha influenzato il tuo viaggio artistico?
Durante un viaggio in cui tutto è incentrato sul camminare, dedichi tanto tempo all’ascolto dei suoni della natura, per esempio, delle chiacchiere multilingue o delle canzoni nelle cuffiette. Forse tutte queste fonti differenti mi hanno motivata a cercare sempre con più cura il suono, soprattutto quello della parola.

Hai raccontato di aver spento le tue prime cinque candeline cantando Vorrei dei Lunapop. Quali altri artisti hanno rappresentato per te un modello di riferimento e una fonte di ispirazione nel tuo percorso musicale?
Dai 5 agli 11 anni Chopin e Cremonini; dai 12 ai 20, invece, Fiona Apple e Tori Amos. Dai 20 anni Giovanni Truppi e Cristina Donà; oggi direi tutti loro, tutti insieme.

Oltre a essere un’artista, sei anche docente di pianoforte. Cosa porti nelle tue lezioni delle tue performance sul palco e come queste ultime, invece, sono influenzate dall’insegnamento? Quanto a quest’ultimo: in che modo trasmetti ai tuoi allievi la passione per la musica?
Credo siano gli allievi, con la loro curiosità e con la loro personalità, ad alimentare la mia scelta di voler suonare sempre. Io cerco solo di far vivere loro quello che ho provato sulla mia pelle.

“Sarebbe stato più poetico scappare via dopo un’ouverture”, canti in Ouverture, brano col quale ti sei aggiudicata un posto tra i 16 finalisti di Musicultura. Ecco, nell’ambito della tua carriera musicale, o più in generale del tuo percorso di vita, c’è stata qualche situazione in cui, dopo un primo approccio, hai reputato più poetico scappar via?
Niccolò Fabi canta: “Ah, si vivesse solo di inizi, di eccitazioni da prima volta, quando tutto ti sorprende e nulla ti appartiene ancora”. Ecco, tutte le volte che ho provato una sensazione simile, ammetto che mi sarebbe piaciuto incorniciare il momento con una bella fotografia, non toccare niente e scappare via. Ma non si vive solo di inizi, e delle volte basta solo, naturalmente, vivere.