Nel percorso di Silvia Lovicario, la musica antica e quella contemporanea si fondono in una ricerca timbrica che si esprime anche nella scrittura dei suoi brani, sempre ricca di spazio per l’immaginazione. Con Notte, brano finalista di questa edizione di Musicultura, ha catturato l’attenzione per la sua capacità di trasformare l’ansia e il mistero dell’esistenza in una melodia che parla di relazioni, di scelte e di rinascita. In questa intervista, l’artista ci racconta il suo mondo, tra influenze musicali e futuro, in cui si immagina immersa nella natura, ma soprattutto, immersa ancora nella musica.

Partiamo dalla tua formazione: hai studiato al Conservatorio di Brescia e alla Hochschule für Musik und Theater di Monaco, fondendo gli insegnamenti di canto moderno e contaminazioni Jazz allo studio di uno strumento particolare come la viola da gamba. Come si traduce questa varietà di influenze sul palco?
Sicuramente la trasposizione nel live avviene a livello timbrico. La viola da gamba – per come è stata concepita, ovvero sia strumento melodico che armonico – è molto versatile e la gamma sonora si può ampliare con pochi accorgimenti tecnici; ma al di là della questione “fisiologica” dello strumento, probabilmente la “differenza” stilistica di ogni musicista e/o autore è data dagli ascolti e dalle esperienze musicali. Avendo avuto la fortuna di potermi affacciare su due mondi che sembrano essere molto distanti, il jazz e la musica antica, ho notato che le matrici di provenienza erano simili. Le tradizioni popolari da cui si sono poi formate le correnti stilistiche che noi adesso possiamo catalogare – Rinascimento, Barocco, Opera, Swing, Be Bop, Free Jazz ecc. – sono uno fulcro importante, soprattutto per quanto riguarda una ricerca timbrica e ritmica. La musica antica e soprattutto il repertorio per viola da gamba fondano le loro radici nella musica mediterranea e medio orientale, il jazz nella musica africana – con tutte le sue declinazioni -, sudamericana ed europea. In tutto ciò ovviamente sono figlia del XX secolo e il rock è un’espressione che mi ha sempre affascinato; perciò, in un qualche modo potrei definirlo la mia matrice di provenienza.
Notte è un brano ricco di immagini evocative e accenna a una relazione tra due persone, tra sorte ed eternità. Evocare, appunto, lasciar spazio al non detto: pensi che questo sia uno dei motivi per cui la giuria di Musicultura ha scelto proprio questo pezzo selezionandoti tra i 16 finalisti del concorso?
Credo, e spero, che Notte sia un brano più accessibile. Rispetto a Prima, per esempio, che è un brano molto ermetico e rivolto più all’interiore che all’esteriore, Notte l’ho scritto proprio rivolgendomi all’ altr*. L’ho scritto in un periodo di forte agitazione e ansia: stiamo vivendo veramente un periodo degno di un film distopico- fantascientifico; la notte è il momento del riposo, è il mistero, il paradosso dell’esistenza, il morire per rinascere. Ma cosa succede quando la luce non arriva più a svegliarci?
L’altro brano che hai presentato sul palco al Festival, in occasione delle Audizioni Live, è appunto Prima. Stavolta il testo si fa quasi enigmatico: cosa intendi quando parli di “linea di vita” che ti porta a scegliere?
Prima è un brano che parla del coraggio delle nostre scelte, di scegliere attivamente chi siamo e chi vogliamo essere. La “linea di vita” è quel momento in cui capiamo che siamo qui e abbiamo noi le redini del nostro progetto, nessuno verrà al posto nostro per decidere cosa fare, e questa presa di coscienza è molto forte, sembra difficile ma in realtà è naturale. La “linea di vita” è il dono che abbiamo ricevuto col nostro primo respiro, magari non l’avevamo chiesto e facciamo fatica a prendere questo “incarico”, ma, in fondo, è la direzione più naturale che possiamo perseguire.
La tua scrittura, ancora. E di nuovo i tuoi testi, brevi e metaforici, che lasciano molto spazio alla composizione musicale. Perché questa scelta?
Quando scrivo sento il bisogno di lasciare molto spazio alla musica, alle frequenze e alle evocazioni timbriche; così provo a concentrare in pochi versi il messaggio della canzone. Mi piace dare spazio all’ ascoltatore e rendere l’esperienza polivalente a livello semantico, così che ognuno possa leggere nei miei brani qualcosa di personale ma non troppo esplicito nei contesti.
Chiudiamo guardando al futuro: Silvia Lovicario tra 20 anni si vede a…
Aiuto, domanda difficilissima. Mhm, tra 20 anni avrò 52 anni. Dove mi vedo? Magari in una bella casa immersa nella natura, con la mia compagna e, visto che sto sognando, ci sarà ancora Lemi, il nostro cagnolino. Sicuramente starò preparando un nuovo tour.