Musicultura, il concerto dei 16 finalisti – Le esibizioni della prima serata

Sul palco del Teatro Persiani un mix di sperimentazione musicale, impegno sociale e omaggi alle proprie radici: questo e molto altro nei brani dei finalisti del Festival

Il tour musicale della XXXVI edizione di Musicultura prosegue il suo viaggio a Recanati, la città di Giacomo Leopardi, dove il Teatro Persiani apre le porte a una due giorni di musica e talento. Dopo un lungo percorso di selezione tra 1.176 proposte, il festival dà ora spazio ai 16 finalisti dell’edizione 2025 con due concerti di presentazione in anteprima, trasmessi in diretta sui canali social di Musicultura e sulle frequenze di Rai Radio 1. Non a caso, a condurre i due appuntamenti sono le storiche voci dell’emittente: John Vignola sul palco, Marcella Sullo e Duccio Pasqua in collegamento.

Quest’anno, a impreziosire l’atmosfera con le loro esibizioni raffinate e coinvolgenti, due ospiti d’eccezione: il trombettista Fabrizio Bosso e il pianista Julian Oliver Mazzariello. I due maestri aprono la prima serata interpretando un brano di Gorni Kramer, tratto dal film Domenica è Sempre Domenica di Mario Riva. Con una straordinaria sintonia sonora, regalano al pubblico un jazz ricco e scoppiettante, dai toni swing, riscaldando l’atmosfera in vista dell’esibizione dei giovani artisti, a cui lasciano un suggerimento: «Salite sul palco e tirate fuori tutto ciò che avete dentro, senza pensare di dover piacere a tutti. Dovete prima di tutto piacere a voi stessi. Fate musica insieme, e ricordatevi che proprio sul palco vi dovete volere ancora più bene».

E sembrano prendere alla lettera questo consiglio i primi finalisti a esibirsi, gli Abat-Jour, che presentano il loro brano Oblio. Nomen omen: la loro performance è come una lampada che si accende in una stanza buia. La musica esplode, riempiendo l’aria e illuminando la platea, per poi affievolirsi gradualmente, come una luce che si spegne piano, lasciando un silenzio che avvolge tutto. Del resto, spiegano, «l’umore di chi sta sopra al palco condiziona tutto il pubblico», trasformando ogni performance in una comunicazione diretta e intensa con chi ascolta.

Segue Moonari, con Funamboli, la cui voce delicata accompagna un brano dal sound jazz, ben scandito da chitarra elettrica e batteria acustica, creando un’atmosfera quasi fluttuante, che riflette perfettamente il sentimento di tensione, umano e profondo, sospeso tra il desiderio di mollare tutto e la spinta verso il sublime. In questo brano, la musica diventa ricerca continua, sperimentazione e, a volte, errore creativo: «Magari – spiega l’artista – c’è un momento in cui ti sbagli o decidi di farlo, all’ultimo, e nasce una versione nuova».

Con Bimbapazza, poi, sonoalaska affronta il tema della violenza di genere, esprimendolo attraverso la sua voce delicata che, unita all’impatto sonoro della batteria, crea un vivido contrasto, come il chiaro-scuro di un ritratto. Non a caso, racconta di come il disegno sia un’altra delle sue forme di espressione, strettamente collegata alla composizione dei suoi brani: «Scrivo per immagini», confida. La sua musica, così come i vivaci canali social su cui la condivide, diventa uno spazio di educazione sociale, fungendo da vetrina per temi che, troppo spesso, non ricevono la giusta attenzione.

È poi la volta di ME, JULY e del brano Mundi, che si trasforma in un viaggio tra suoni popolari e sperimentazione elettronica, mescolando il sogno onirico alla memoria, l’italiano al dialetto. Il pezzo abbraccia una vasta gamma di sensazioni, mantenendo però sempre al centro l’amore profondo e primordiale per la terra d’origine. La sua esplorazione del Sud Italia – dal Salento alla Sicilia, passando per Napoli e la Calabria – affonda le radici in una formazione classica acquisita al conservatorio, ma anche in una ricerca più autonoma: «Una volta tornato a casa – racconta il giovane cantautore – sperimentavo con sintetizzatori e tastiere. Nel tempo ho iniziato a produrre i miei brani e anche quelli di altri, riuscendo a unire questa prospettiva con la mia formazione classica».

Tocca poi a Simona Boo e i Bimbi di Fumo, che con il brano Simun portano una ventata di estate mediterranea sul palco. La canzone, con suoni arabeggianti e avvolgenti, si fonde con il jazz creando un’atmosfera ipnotica e suggestiva. Il loro approccio alla musica è artigianale e coraggioso, un vero e proprio atto di ricerca sonora: «A volte, se qualcosa non ci convince davvero, decidiamo di scartare un intero progetto», affermano dando prova del loro impegno nel realizzare solo ciò che rispecchia pienamente la loro visione creativa.

Successivamente, i maestri Bosso e Mazzariello tornano in scena per un elegante intermezzo, eseguendo Moon Blue di Stevie Wonder. Il loro tocco trasporta il pubblico in un’atmosfera calda e avvolgente, dalle sfumature notturne e a tratti eteree, in una magia che continua con Rumba for Kampei di Fabrizio Bosso, esibizione costruita in un delicato gioco di contrasti: un dialogo tra suoni sfuggenti e ritmi intensi, che si apre e si chiude con una leggerezza sorprendente, lasciando il pubblico sospeso tra il lirismo e l’energia pura della musica.

E poi, ancora finalisti: Kyoto propone Frontiera, un brano dai toni elettronici e scuri, attraversato da echi punk e da un’estetica quasi gotica, senza però rinunciare a un’originale impronta cantautorale. Al termine dell’esibizione racconta la genesi del progetto: «Sono nata come batterista, ma nel 2020 mi sono avvicinata all’elettronica, cercando subito di unire alle mie basi testi parlati. In questo percorso ho incontrato il producer Truemantic, di cui ero fan, e da lì abbiamo iniziato a lavorare insieme».

Segue Elena Mil: il suo rapporto con la musica affonda le radici in un’infanzia in cui canticchiava a bassa voce tra i banchi, guadagnandosi i rimproveri delle maestre. «Ho imparato a cantare e parlare insieme», svela. A Musicultura porta La ballata dell’Inferno, un brano che con solo voce e ukulele riesce a toccare corde profonde. L’arrangiamento, essenziale ma curato, è una scelta poetica e consapevole: ogni nota è necessaria, nulla è superfluo. È proprio nel vuoto lasciato da ciò che non c’è che la canzone respira, trovando la sua forza in un equilibrio delicato tra forma e contenuto.

A chiudere il sipario del primo appuntamento recanatese sono Belly Button e il Coro Onda con Credo, un brano rap dall’anima gospel, che si muove su un ritmo accattivante e sfumature soul. La nascita del gruppo affonda le radici in un semplice post su Facebook, ma da quell’idea estemporanea è germogliato un progetto con un’anima profonda, inclusiva e sociale, che oggi punta «a dare voce a chi non ha voce, e a creare uno spazio per chi non ce l’ha».

Il viaggio nella musica d’autore prosegue domani, stessa ora e stesso posto, con gli altri otto finalisti pronti a salire sul palco di Musicultura per raccontarsi tra note, parole e nuove emozioni.