Pecci è il verlan del cognome di Pietro.
Lavora come producer e insegnate di canto ma, durante la quarantena, si è riscoperto anche apprendista restauratore.
Quando, a 14 anni, la sua prima band punk rock si scioglie, inizia a scrivere canzoni da solo, ma è la partecipazione a Castrocaro che matura in lui il desiderio di intraprendere un progetto solista.
Quello di Pecci è un genere fluido, influenzato dalla Trap House Jazz di Masego e dalla Future Base di Flume, Mura Masa e dei Disclosure. Attualmente ha un nuovo EP in cantiere.
L’esibizione
Il testo
Ombelico di Venere
Vattene tu da Palermo senza piangere
una settimana dura un battito di palpebre
innamorato di ogni metro quadrato
sono guarito, ero malato
Lo ammetto l’asfalto
conosce il senso del tatto
l’ho scoperto quando,
mi sono mangiato il labbro
e ora in questo posto idilliaco
le labbra me le mangio per te
co’ sto sguardo sembro un po’ maniaco
ma so che sai bene perché
uno strano magnetismo
ti piaccio? per me lo mismo
facciamo il bagno in stile misto
sono in balia scusa se insisto
siamo ancora qui,
nella mia testa, ma
quella notte si ripete
mi sciolgo come cera
celere cado nell’ombelico di Venere
Vattene tu da Palermo senza piangere
un’opportunità dura un battito di palpebre
sono incastrato le
aspettative fan danno
sono comunque guarito,
mi ero isolato
la smetto o mi squaglio,
cambio abito da triglia a squalo a
scuola finto squallido
mi fermo un attimo
tutto quello che ho fatto è stato
dare il massimo ma spesso non basta, casino’
in fatti mo’
siamo ancora qui,
nella mia testa, ma
quella notte si ripete
mi sciolgo come cera
celere cado nell’ombelico di Venere