Mario Venuti aprirà la due giorni di concerti dei Finalisti di Musicultura 2023

Mario Venuti aprirà giovedì 4 maggio la due giorni di Musicultura 2023 che vedrà esibirsi gli artisti finalisti della XXXIV edizione del concorso in due concerti in programma al Teatro Persiani di Recanati.

In attesa di svelare le generalità e le canzoni dei 16 finalisti, il direttore artistico Ezio Nannipieri ha anticipato oggi il nome del primo degli ospiti che si esibirà sullo storico palcoscenico recanatese del Festival.
La risposta positiva di Mario al nostro invito è un vero piacere. – Ha detto Ezio
Nannipieri – Lo stimiamo molto, è un artista puro, eclettico, curioso di ciò che lo circonda. Lui scrive, canta e compone senza domandarsi mai qual è la moda del momento, ma rispondendo alla propria ispirazione e alla propria coscienza. E poi trovo abbia una sensibilità davvero speciale, che probabilmente gli deriva anche dalla febbre brasiliana che gli arde dentro, nel coniugare con originalità parola, melodia, armonia, ritmo e approccio vocale.  È una peculiarità che lo rende un ospite adattissimo a portare la propria testimonianza in un contesto come quello del concorso, dove le molteplici sfumature che concorrono a creare il fascino obliquo di certe canzoni sono particolarmente apprezzate.”

Mario Venuti non sarà l’unico ospite delle due serate di spettacolo del 4 e 5 maggio al Teatro Persiani, altri artisti amici del Festival saliranno sul palco di Recanati, continuando ad alimentare quel confronto espressivo intergenerazionale che è uno dei tratti salienti del progetto Musicultura, con i giovani in concorso agli inizi delle loro carriere artistiche da un lato e personalità che hanno già raccolto successi e raggiunto popolarità dall’altro.
Intanto la grande macchina organizzativa del Festival e gli uffici tecnici del Comune di Recanati scaldano i motori in preparazione della due giorni di grande musica live che vedrà l’esibizione dei 16 finalisti scelti tra le 56 proposte artistiche ascoltate dal vivo al Teatro Lauro Rossi di Macerata, precedentemente selezionate tra le 1.113 candidature iniziali.

I concerti saranno due, il 4 e il 5 maggio, al Teatro Persiani, in collaborazione con Rai Radio 1. La radio ufficiale di Musicultura, trasmetterà in diretta dalle ore 21, subito dopo il Gr, le due serate condotte da Marcella Sullo, Duccio Pasqua e John Vignola. Sono previste anche le dirette streaming dei concerti sulla pagina Facebook di Musicultura e la diretta televisiva sulla televisione regionale èTV Marche, nonché i collegamenti con il telegiornale della Tgr Marche prima di ogni serata.

 

I finalisti di Musicultura 2023 in concerto a Recanati il 4 e 5 maggio

Musicultura e il Comune di Recanati annunciano oggi le date del concerto dei finalisti 2023 che si terrà nella città dell’infinito nelle serate del 4 e 5 maggio.
Dopo il successo delle Audizioni live che ha visto l’esibizione dal vivo di 56 artisti, la presentazione di 112 canzoni e la presenza di oltre 4000 spettatori al Teatro Lauro Rossi di Macerata, il Festival sbarca nella sua città natale, Recanati, per l’attesa due giorni di concerti live in anteprima nazionale degli artisti finalisti di questa nuova edizione.

Nella splendida cornice di un altro grande teatro storico delle Marche, il Teatro Persiani di Recanati, i 16 finalisti selezionati sulle 1113 candidature iniziali e sui 56 artisti ascoltati nelle audizioni live, si esibiranno in diretta su Rai Radio1 storico media partner del Festival.

In attesa di conoscere i nomi dei 16 protagonisti dei concerti, ad oggi ancora al vaglio della giuria del Festival, Musicultura si prepara ad organizzare due serate di grande spettacolo live condotte dagli amici di Musicultura di Rai Radio 1 Marcella Sullo, Duccio Pasqua e John Vignola e che, come da tradizione, vedrà la presenza e l’esibizione di importanti ospiti.

“Veniamo dal grande successo delle audizioni live di Macerata e ci prepariamo a costruire due serate di grande spettacolo live nella città che ha visto nascere e crescere Musicultura grazie all’intuizione e al grande lavoro di Piero Cesanelli co-fondatore e direttore artistico storico del Festival – ha detto il direttore artistico di Musicultura Ezio Nannipieri– Ora stiamo ultimando la rosa dei 16 finalisti 2023, i cui nomi verranno annunciati in una conferenza stampa nazionale nelle prossime settimane. A Recanati avremo il piacere di ascoltarli dal vivo e di farli conoscere alla grande platea di Rai Radio 1.”

Le canzoni finaliste andranno a comporre il CD Compilation di Musicultura 2023 e passeranno in mano alla programmazione radiofonica di Rai Radio 1 e al vaglio del Comitato Artistico di Garanzia del Festival quest’anno composto da Francesca Archibugi, Enzo Avitabile, Claudio Baglioni, Diego Bianchi, Francesco Bianconi, Boosta, Fabrizio Bosso, Angelo Branduardi, Maria Grazia Calandrone, Luca Carboni, Alessandro Carrera, Guido Catalano, Ennio Cavalli, Carmen Consoli, Simone Cristicchi, Gaetano Curreri, Teresa De Sio, Cristina Donà, Giorgia, Irene Grandi, La Rappresentante di Lista, Dacia Maraini, Mariella Nava, Vasco Rossi, Ron, Enrico Ruggeri, Tosca, Paola Turci, Roberto Vecchioni, Sandro Veronesi.

Otto saranno i vincitori di Musicultura che si esibiranno con i prestigiosi ospiti italiani e internazionali nelle serate di spettacolo finali del Festival nel mese di giugno allo Sferisterio di Macerata. Lì sarà il voto del pubblico ad eleggere il vincitore assoluto del Concorso, al quale andrà il Premio Banca Macerata di 20.000 euro.
Per scoprire in anteprima i futuri vincitori del Festival 2023 l’appuntamento è a Recanati il 4 e 5 maggio al concerto dei 16 finalisti, i biglietti sono disponibili presso la Biglietteria del Teatro Persiani di Recanati (aperta dal mercoledì al sabato, dalle 17.00 alle 19.30), presso la Biglietteria dei Teatri di Macerata, in tutti i punti vendita Vivaticket e online su vivaticket.com.

Ecco come sono andate le Audizioni Live 2023

Le cose successe e le emozioni provate nelle dieci serate di Audizioni live di Musicultura 2023 sono troppe per racchiuderle in poche righe, ma proviamo a sfogliare le pagine a ritroso per chi non c’era e avrebbe voluto esserci, per chi ci sarà e vorrà recuperare le puntate precedenti, ma anche per chi c’è stato e prova già nostalgia.

I numeri

A distanza di pochi giorni dalla conclusione delle Audizioni il bilancio è più che positivo: 56 gli audizionati, 256 i musicisti, più di 4200 gli spettatori in teatro e una copertura social dell’evento che supera 2 milioni di persone raggiunte.

Gli artisti in gara

Il sipario del Teatro Lauro Rossi si è aperto su un vero e proprio spaccato della musica italiana di oggi, un mondo variegato di stili, sensibilità, storie, sonorità diverse. Un condensato dell’Italia che suona e scrive canzoni, da Aosta a Trapani, si è dato appuntamento alle Audizioni di Musicultura 2023 dove le 56 proposte artistiche in gara hanno interpretato due brani del proprio repertorio. Tutta la musica sfilata sul palco del Teatro Lauro Rossi nei dieci giorni consecutivi di spettacolo è stata suonata rigorosamente dal vivo.

Ascolta tutte le esibizioni degli artisti delle Audizioni live.

Gli ospiti

Anche quest’anno le sorprese non sono mancate: il palco del Teatro Lauro Rossi ha ha accolto alcuni ospiti:

  • il conduttore radiofonico John Vignola, che ci trasportato nel mondo del compositore Burt Bucharach,
  • Morgan, che, fra le altre cose, “ha costruito” al piano un inedito omaggio a Maurizio Costanzo;
  • il duo composto da Fabrizio Bosso e Julian Oliver Mazzariello ha riletto, pianoforte e tromba, uno “standard” della canzone italiana, Je so’ pazzo di Pino Daniele;
  • Elisa Ridolfi ha regalato al pubblico delle Audizioni una versione acustica e suggestiva di Felicità di Lucio Dalla;
  • Margherita Vicario, finalista a Musicultura all’inizio della sua carriera nel 2013, ha interpretato alcuni suoi successi fra cui Piña Colada.

Contaminazione ed eclettismo hanno contraddistinto i loro interventi, con cui hanno tracciato un itinerario musicale che va dalla canzone d’autore americana a quella europea e italiana e dal pop, al jazz, al fado.

La stampa e l’indotto

10 collegamenti con il Tgr Rai Marche, articoli sulle testate nazionali e locali, dirette streaming in cross-posting ogni sera con media partner generalisti e di settore.
A chiudere questo primo appuntamento del Festival, la simbolica sfilata dello staff dalla platea al palco posta in apertura della serata finale. Più di 60 persone fra regia, produzione televisiva, redazione, tecnici e addetti ai lavori; più di 100 studenti fra Università di Macerata, Università di Camerino e Accademia di Belle Arti di Macerata. Per qualche minuto, tutti gli ingranaggi invisibili che compongono la grande macchina di Musicultura hanno fatto da protagonisti e si sono rivelati al pubblico.
La prossima tappa del Festival è Recanati, dove si terrà il concerto dei finalisti che verranno selezionati fra le 56 proposte ascoltate.

Come sono andate le ultime due serate di Audizioni Live

Con il Teatro Lauro Rossi stracolmo e il pubblico curioso di scoprire le nuove proposte della serata, si apre il nono appuntamento con le Audizioni di Musicultura 2023.

La prima artista a salire sul palco è Lamante con i brani Come volevi essere e L’ultimo piano. Scura, secca, tagliente come le donne contadine della sua famiglia è la voce della cantautrice vicentina; il suo suono è invece quello del folklore delle foreste nordiche o dell’entroterra dell’Africa più nera, spesso distorto, selvaggio e psichedelico.

È la volta di Lei, che si esibisce ne La caduta di Lucifero e Uh Ah Ah, un canto di irrequietezza generazionale. «Racconto spesso – spiega l’artista sul palco – la mia generazione e quelle più giovani». «Il mio nome d’arte? Lei – prosegue – è la storia di un passaggio tra due identità contrastanti: una ligia al dovere, l’altra, quella della musicista, più  folle e visionaria”.

Terzo a proporre la sua produzione è Caruccio. Baby blue – spiega l’autore prima della sua performance – è una canzone che racconta di due anime che, in un linguaggio di diffidente amore, saranno capaci di star vicine solo graffiandosi. Sarajevo, invece, è un brano dal «retrogusto da telenovela romantica da seconda serata».

Incanta la platea con un’intima esibizione pianoforte e voce Margherita Vicario; gradita ospite della serata, la cantautrice romana canta Come noi, Piñacolada e Nota bene, brano con quale aveva partecipato a Musicultura all’inizio della sua carriera, 10 anni prima. Con ABAUÉ (Morte di un trap boy) chiude la sua performance coinvolgendo il pubblico nel coro che accompagna il pezzo.

Spazio poi a Leyla El Abiri, che presenta Funerale e Cranio. «Penso che la tristezza – afferma sul palco – sia la base dell’arte e aiuti a scrivere». E la scrittura, a sua volta, aiuta a “liberarsi”: per la cantautrice, i minuti successivi alla stesura di un brano sono infatti quasi un momento d’estasi, di catarsi.

A chiudere la serata sono Luca Muscarella & AD1, una band numerosa di origini anglo-siciliane. I brani che propongono al vaglio della giuria del Festival sono Sofia con la H, una ballad romantica, e 2006. «Mettere insieme nove teste è difficile – spiegano – ma a farci da guida c’è sempre l’amore per la musica».

Ad aggiudicarsi la Targa Banca Macerata, attribuita grazie al voto del pubblico, è Lamante.

Per un’ultima volta il teatro Lauro Rossi apre le sue porte al pubblico di Musicultura: siamo giunti all’appuntamento finale con le Audizioni Live della XXXIV edizione del Festival.

Apre la serata Luigi Friotto, che si esibisce con Tutte le stelle dell’altro polo e Mirecah. Il primo singolo mutua l’Inferno dantesco: come il poeta scende nel regno ultraterreno del peccato, così il brano si prefigge di «affondare nel terreno minato della coscienza umana», spiega il suo autore.

La seconda a calcare il palco è Mira con Morire con te e Dio ti ho inventato io. Il secondo brano, come racconta la giovane artista, è una ricerca della fiducia in se stessi e un’esortazione ad amarsi: la protagonista è una ragazza che, per colmare una mancanza d’amore, dapprima si inventa un Dio, poi comprende che quel vuoto può essere sanato solo imparando ad amare se stessa.

È poi la volta del cantautore bresciano Matteo Faustini. Dopo Il girasole innamorato della luna, porta sotto i riflettori la tenerezza di Laura, dedicata alla sorella: «Sarò al tuo fianco a dirti che ti voglio bene, anche quando sbagli […] perché nella vita c’è anche spazio per sbagliare», recita il testo.

Cassio, invece, tra una fisarmonica, una chitarra acustica e una elettrica, propone Bene uguale e Marti, brano, quest’ultimo, che affronta il tema delicato della tossicodipendenza e, spiega il suo autore, «del vivere una vita ammanettati» a quest’ombra.

Quinta a esibirsi è Ro’Hara. Sa di te ricorda il sapore amaro di un abbandono; Filo d’oro parla della speranza che può nascere da un incontro favorevole in un momento buio della vita. Dopo aver presentato così i suoi brani, l’artista dichiara ai microfoni del Festival che ama ascoltare la musica isolandosi nella natura, dove può immergersi in un mondo intessuto di note.

E poi? E poi c’è Emilio Stella, che con Cose piccolissime lancia un invito: ricordare le preziose semplicità della vita che spesso si danno per scontate; la sensazione opprimente dopo un’aspra litigata, un cartone di pizza vuoto e un pennarello blu sono i tre ingredienti, invece, da cui nasce È un flusso di incoscienza.

A calcare per ultima il palco è Nudha, che propone MolossA e Oggi no, due pezzi, spiega dopo la sua esibizione, che la riguardano personalmente, nei quali riversa la sua rabbia ed esprime il suo desiderio di riscatto.

The winner is Luigi Friotto! Finisce nelle mani del cantautore abruzzese il Premio Banca Macerata, attribuito dal pubblico alla performance più gradita della serata.


 

Abauè! Il ritorno di Margherita Vicario sul palco delle Audizioni Live

“Cantattrice”, artista giovane ma con una carriera già costellata di collaborazioni ed esperienze uniche: Margherita Vicario torna a Musicultura nel 2023 in qualità di ospite, dopo esserne stata finalista nel 2013. “Per rivivere le emozioni di dieci anni fa – dice sul palco – vi rifaccio un pezzettino della canzone che portai alla XXIV edizione. Anzi, la eseguo tutta! Non è cambiato niente, la suono identica”. Così coinvolge il pubblico regalando una performance essenziale e potente con solo pianoforte e voce, che vede gli spettatori alternarsi nei cori dell’ultimo pezzo in scaletta: ABAUÈ (Morte di un Trap Boy).
Prima della sua esibizione, l’autrice di Nota bene e Piña Colada si racconta alla redazione di Sciuscià con piglio ironico e leggero.

Finalista ieri, ospite oggi. Come ti ha cambiata, artisticamente parlando, il rapporto con Musicultura?

Quando sono venuta a Musicultura ero proprio agli esordi. Era la prima canzone che avessi mai pubblicato e l’ho subito portata in concorso, forse proprio perché questo Festival mi sembrava un posto in cui poter ascoltare dei bei giudizi. In più non sono mai stata amante dei talent (anzi, mi fanno proprio paura) e Musicultura è praticamente l’opposto di un talent. I concorsi mi piacciono, è bello misurarsi con altri artisti, ma il concetto di “grande esposizione”, per chi sta cominciando il suo percorso, mi sembra un po’ controproducente. Proprio perché ero all’inizio e non ero ancora formata artisticamente, il Festival mi ha dato di sicuro una buona consapevolezza sul fatto che è più importante la personalità del risultato a cui si deve arrivare.

Il testo di Nota bene è fatto di appunti minuti, di immagini sfuggenti. A distanza di alcuni anni in Troppi Preti Troppe Suore scrivi: “Allora piano piano pratico/cerco il millimetro”. Da dove nasce questa ricerca del dettaglio?

In realtà Nota Bene è nata come una specie di testamento. All’inizio si chiamava Promemorie. Il problema sta nel fatto che il giorno prima che la pubblicassi uscì il singolo di Meg dal titolo Promemoria. Ho pensato subito: “Me l’ha fregata” (ride, ndr). Quindi l’ho chiamata Nota Bene, per rimanere in tema. La ricerca del dettaglio forse viene dal fatto che sono molto disordinata e, pur immaginando tante cose,
fatico a sistemarle. “Cerco il millimetro” è un riferimento allo yoga, al bisogno di creare ordine nel proprio corpo, all’allungamento dei muscoli un millimetro alla volta.

Nei tuoi album è possibile percepire le influenze dell’indie, del folk, del rap e persino del musical, di cui sei una grande appassionata. Quale è allora l’elemento di contaminazione del tuo pop di cui non potresti mai fare a meno?

Al di là dei generi musicali, non potrei mai rinunciare al divertimento che provo quando racconto una storia, che tra l’altro è anche l’opposto di ciò che accade in Nota bene.
All’inizio le mie canzoni nascevano semplicemente dalla parte più spontanea e intima di me. Con il tempo a questo si è affiancato il bisogno di raccontare una vicenda e immaginarmela. Di conseguenza ogni storia richiede un mondo sonoro diverso, un “vestito” che mi diverto a cambiare a seconda delle esigenze.

L’anno scorso hai doppiato Mrs. Tarantola nel film d’animazione Troppo Cattivi. Come ti sei preparata per questa tua prima esperienza?

Ho fatto una specie di selezione: mi hanno proposto il ruolo e poi ci sono state delle prove per vedere se funzionava. A dire il vero non mi sono preparata, non ho doppiatori di riferimento e non sono proprio un’appassionata di quest’arte. Anzi, cerco il più possibile di guardare i film in lingua originale.Mi sono solo affidata al direttore del doppiaggio, che è molto bravo. Poi si tratta di un’esperienza che ho sempre voluto fare, quindi alla fine mi sono trovata bene.

Ci racconti un’esperienza all’estero e una in Italia che ti hanno colpita e arricchita come cantautrice?

Sicuramente la più importante è stata ancora prima di Musicultura. Era il 2010, ero appena uscita dall’Accademia e sono partita per un mese in Inghilterra, dove viveva mio fratello. Mi sono portata la chitarra e gli ultimi dieci giorni li ho passati al Fringe Festival di Edimburgo, facendo sempre busking.
All’epoca scrivevo in inglese, solo che non mi ricordavo i testi a memoria. Così mi ero posizionata vicina a un palo per attaccarci i fogli con le canzoni. Un giorno davanti a me c’era un ragazzo che suonava gli Oasis, ci siamo guardati e gli ho detto: “Ma senti, facciamoli insieme!”. Insomma, due chitarre si sentivano meglio, quindi alla fine ho anche fatto busking in coppia. L’esperienza che mi ha segnata maggiormente in Italia, invece, è capitata ancora prima di cominciare a cantare in pubblico. Per circa un anno ho suonato per una bambina – era un’amica di famiglia – al risveglio dal coma. Andavo una volta a settimana e faceva un po’ parte del suo percorso di ripresa. È stato terapeutico per lei, ma molto anche per me.

Di nuovo Audizioni!

Ormai è solo un weekend a separarci dalla fine delle Audizioni Live di Musicultura XXXIV e i maceratesi non sembrano assolutamente averne abbastanza; anzi, come di consueto da una settimana a questa parte, le sedute del teatro Lauro Rossi sono ancora una volta sold out.

A rompere il ghiaccio per il settimo appuntamento di performance dal vivo è Cristiana Verardo, che con il brano 3000 anni racconta di una storia d’amore tra due alberi di ulivo. Ho finito le canzoni, invece, è il secondo pezzo proposto; l’artista lo definisce come fosse un po’ un segnalibro sulla prima pagina di un capitolo difficile della sua vita.

Il secondo a calcare il palcoscenico è KAPUT; Amorezero e Panna e bignè sono le sue canzoni. Qual è l’intento della sua arte? Tradurre in musica – spiega alla giuria del Festival – pezzi del suo quotidiano con l’obiettivo di sdoganare i temi, talvolta difficili e spinosi, dell’intimità e della sessualità.

È il turno poi di Simone Matteuzzi, che presenta due pezzi che, seppur molto diversi tra loro, raccontano entrambi di una storia d’amore: se da un lato Ipersensibile propone un sentimento rabbioso, dall’altro Zanzare dà spazio a un’emozione più timida, intima, commossa. È grazie a questa dicotomia – spiega lui stesso – che riesce a trasmettere il suo dissidio interiore.

La serata prosegue con Carla Cocco, che arriva a Macerata con un bagaglio pieno di influenze africane. E si tratta di influenze “vissute”, perché dal 2018 ha dato vita a un progetto musicale in Zambia. “L’emozione, la commozione, la rabbia arrivano da lì”, dice, non riuscendo quasi a spiegare l’intensità degli stati d’animo provati; a farlo, però, ci pensano le sue canzoni, Fiori di Mezzogiorno e Foglie.

Spazio a un’altra voce femminile, quella di cecilia, i cui due brani, Lacrime di piombo da tenere con le mani e Coltrane, sono un esempio di come riesca a oscillare tra generi diversi. Durante la sua performance, se all’inizio appare timida e morbida, a un certo punto si abbandona a un’attitudine metal che lei stessa definisce come necessità di liberarsi dal fardello dei suoi sentimenti.

Gioca in casa l’ultimo artista della serata, il maceratese Ferretti. Il primo brano portato sul palco è Sorgono, in cui racconta dell’evoluzione della sua persona. L’influenza della precedente formazione da attore si percepisce nella seconda canzone, Pittore, che con un tono iniziale quasi solenne e una narrazione ricercata racconta di un pomeriggio invernale a Milano.

Prima che si spengano le luci è il momento di accogliere sul palco una cara amica di Musicultura: Elisa Ridolfi, poetessa della musica, dona al teatro un’esibizione fatta di calore ed emozione. Dapprima presta la sua voce a una toccante interpretazione del capolavoro Felicità di Lucio Dalla, poi presenta in anteprima il suo nuovo progetto discografico. L’artista affronta il tema dell’arte come patrimonio immateriale capace di una funzione terapeutica e propone al pubblico tre brani: Fili di Fado, La febbre del mondo e Curami l’anima.

Ad aggiudicarsi il premio Targa Banca Macerata è Ferretti, la cui esibizione è la preferita del pubblico. Sipario giù. Buio. Poi, ancora la meraviglia della luce.

Perché il teatro si accende di nuovo per l’ottava serata del Festival e accoglie le sonorità pop-sadcore della prima artista in gara per questo appuntamento. Sul palco c’è Lysa, che propone Fantasmi e Drive in, racconti di vita che ben mostrano come siano proprio le esperienze passate il punto di partenza della composizione testuale della cantautrice.

Il secondo a calcare il palco è Battista. I suoi brani, Tossico e Mangiala, sono manifesti di poetica intrecciati alla protesta e alla denuncia sociale. Alla leggerezza musicale dei tempi contemporanei, spiega infatti, preferisce tematiche scomode e vitali, convinto che un connubio riuscito tra arte e società civile sia capace di modificare il corso degli eventi.

È il turno di Helle. Imbracciata la sua bellissima chitarra nera, la cantautrice bolognese propone al pubblico pezzi che raccontano di un continuo e genuino confronto, il più necessario di tutti: quello con se stessi. Con le sue Rispetto e 2,107 inonda la sala di sonorità electro-pop e citazioni filosofiche.

Tocca poi a Caponetti, che si esibisce in Google Maps, suo singolo d’esordio, e Maionese. Sul palco, nel consueto momento di confronto con la giuria, racconta delle sue esperienze di autoproduzione, fondamentali per lo sviluppo della sua personalità artistica e per le possibilità espressive che offrono: “Sono – racconta – il modo più sincero e autentico di fare musica”.

Quinta artista in gara è Möly. Formazione nel mondo del musical, passione per poesie e generi dark-gotici, indole sensibile: questi sono gli ingredienti che guidano la platea nel viaggio tra sonorità dream-pop e shoegaze. Ti odio, catarsi di un dolore sentimentale, e Veleno sono le sue proposte.

A chiudere la serata è Furia, che con la sua voce dal timbro caldo e profondo colora i testi di Argento e Verde. Una curiosità sulla sua produzione? Accanto ai titoli delle canzoni affianca sempre latitudine e longitudine. Perché? “Per fornire – spiega – un elemento in più per l’immersione nei brani, per restituire loro un’ambientazione. E si tratta sempre di luoghi che per me hanno un significato importante”.
Immaginiamo che tra i luoghi importanti ci sia ora anche il teatro Lauro Rossi. Perché è qui che il pubblico gli attribuisce il premio della serata: finisce proprio nelle sue mani la Targa Banca Macerata.


 

Altri due appuntamenti di Audizioni Live 

Le rigide temperature esterne non scoraggiano il pubblico di Musicultura e il Teatro Lauro Rossi di Macerata registra altri due sold out per le Audizioni Live del Festival.  

La quinta serata comincia con Riccardo Morandini. Il brano Unione è testimonianza dello stretto rapporto che il cantautore bolognese ha con la natura; Raccolto, invece, propone alcune riflessioni sulla raggiunta maturità: “I 30 anni – dice – sono un’età di passaggio in cui si percepisce l’assottigliarsi degli infiniti cammini possibili della vita”. 

Il secondo a esibirsi è Federico Baldi con La macchina del tempo e Ridicolo. Rifacendosi alla sua formazione teatrale, l’artista spiega sul palco di attribuire un ruolo determinante alla parola. Protagonista dei suoi testi è l’equivoco, nella ferma convinzione che i vent’anni siano il momento della vita in cui si può e si deve provare a dare fastidio.  

Arrivano poi da Napoli i WUM, che con Piglia ciato cantano un invito a rallentare rispetto ai ritmi sempre più frenetici della contemporaneità. L’unione tra musica e danza nel secondo pezzo, Nun me chiamme Rosa, si ispira alla tradizione delle tammurriate con influenze mediorientali. Il trio campano segue una sola regola: attingere al passato per volgere lo sguardo al futuro. 

Glomarì è la quarta a esibirsi; presenta Il teatro dell’anima e Ciao Settembre. La sua è una musicalità essenziale, quasi istintiva, connotata da un minimalismo nostalgico e malinconico. La musica, spiega, è per lei un “nascondiglio eccentrico”, un modo per dare forma a una città emotiva che è in costante sviluppo.  

Ultima proposta della serata è Zic, che canta Lampioni e Futuro stupendo, brani dal carico emotivo molto profondo. Le parole con cui risponde alla giuria del festival restituiscono il racconto di canzoni d’amore che sono frutto di una voglia di rivincita che scaturisce da una guerra tra sentimenti contrastanti. 

Al termine delle audizioni il Teatro Lauro Rossi naviga verso atmosfere jazz (VIDEO). Sul palco protagonisti diventano la tromba di Fabrizio Bosso e il pianoforte di Julian Oliver Mazzariello. L’omaggio del duo ai grandi maestri della musica incanta il pubblico che si scioglie in un sentito e caloroso applauso. 

La serata si chiude con l’assegnazione del premio Targa Banca Macerata ai WUM. 

L’anima rock e la voce bruciante di Ilaria Argiolas inaugurano il sesto appuntamento con le Audizioni Live. I brani La mia borgata e Vorrei guaritte io raccontano la vita autentica dei quartieri di Roma sud e la funzione terapeutica e ispiratrice della musica.  

La seconda esibizione è quella dei PUPANOBU. Dopo anni di lontananza dalla scena musicale, il duo porta sul palco del Teatro Lauro Rossi Geronimo !!! e Vecchio Vez, espressione – spiegano – del “sincero hip hop” emiliano proprio della scena underground degli anni Novanta. 

È poi il momento di Marsali, la cui musica sviluppa una ricerca libera e variegata che ha una solida base nella formazione classica e jazz. I pezzi proposti, Bouganville e Bouquet, suggeriscono un’atmosfera floreale e allegra, perfetta sintesi tra leggerezza e profondità, e riescono a collimare il senso del rimpianto alla dolcezza della vita. 

Sale poi sul palco Lucio Matricardi. Le canzoni Hanno ammazzato Lino e Lo Schiavo sono un inno a coloro che difendono e coltivano la bellezza con coraggio, lontano dai riflettori. Gli strumenti fondamentali dell’artista marchigiano, rappresentante della canzone d’autore classica, sono la parola e la musica che ne amplifica il significato. 

Quinta performance è quella di Beart, i cui brani Non ci vediamo da un po’ e Rosso Porpora sono esempio di uno stile che, nella chiacchierata successiva all’esibizione con la giuria del Festival, viene definito come sommesso, sussurrato, lievemente sofferente. L’artista racconta la fine del suo primo amore rifacendosi al mondo del cantautorato italiano senza rinunciare a una chiave comunicativa ironica.  

L’ultima esibizione è degli Utah, cinque giovani musicisti sambenedettesi con l’obiettivo di vivere della propria musica che hanno dato vita a un progetto artistico che ruota attorno ai concetti di “insieme” e “riscoperta”. I brani presentati dal gruppo, Autostrada e Mykonos, affrontano temi spensierati come quello del viaggio. 

La serata si avvia alla conclusione con l’intervento del Rettore dell’Università di Macerata, John McCourt, che con grande entusiasmo si unisce al Direttore Artistico del Festival, Ezio Nannipieri, nel riaffermare l’ormai consolidato legame tra Musicultura e l’ateneo marchigiano.  

Il voto del pubblico premia gli Utah con la Targa Banca Macerata.  

Dialogare in musica: il duo Fabrizio Bosso & Julian Oliver Mazzariello alle Audizioni Live

Quest’anno alle Audizioni live di Musicultura abbiamo avuto la fortuna di ascoltare due protagonisti della scena musicale jazz italiana: Fabrizio Bosso e Julian Oliver Mazzariello. Intervistarli è stato un po’ come chiacchierare davanti a un caffè in un bar di New Orleans, o forse di Napoli, sulle note di Je so’ pazz di Pino Daniele. D’altronde, anche suonare insieme è per loro dialogo, la naturale prosecuzione delle chiacchierate scambiate a tavola e nei viaggi in treno, che sul palco si traducono in musica. Dall’High Five Quintet all’album We Wonder, dall’amicizia di lunga data al sodalizio musicale: i due maestri raccontano alla redazione di “Sciuscià” il percorso che li ha condotti insieme sul palco. Ci spiegano che il segreto per far dialogare il suono soffuso della tromba con quello brillante e cristallino del pianoforte è la sintonia, che vuol dire connettersi sulla stessa frequenza e sincronizzarsi sulla stessa pulsazione ritmica. Suonare insieme è come parlare la medesima lingua e intrecciare due voci per comporre un racconto musicale unico.

Maestro Bosso, Maestro Mazzariello: uno dei più stimati trombettisti italiani insieme a uno dei più talentuosi pianisti, accomunati dall’amore per il jazz. Come vi siete conosciuti e com’è nato il vostro sodalizio artistico?

F. B.: Ci siamo conosciuti circa vent’anni fa, quando abbiamo formato il gruppo degli High Five Quintet. Dopo aver suonato insieme per un po’ con questo quintetto, le nostre strade si sono separate, non perché avessimo litigato ma perché ognuno ha preso la sua direzione. Da quando ci siamo ritrovati circa 13 anni fa – il duo è nato nel 2010 – non ci siamo più lasciati e Oliver è anche nel mio quartetto e in altre formazioni più grandi con orchestra e archi. Sicuramente c’è una grande stima reciproca, accompagnata da una grande fratellanza e da un grande rapporto umano – ci vogliamo molto bene – e questa è una cosa che io, col passare del tempo, ricerco sempre di più: salire sul palco con una persona che non solo stimi musicalmente, ma anche a livello umano, è importante per creare qualcosa insieme. Del resto, vedo la musica come la prosecuzione di un dialogo: viaggiamo insieme, andiamo in giro per il mondo, chiacchieriamo a pranzo e in treno, poi saliamo sul palco e continuiamo a dialogare con un mezzo a noi più congeniale. Per Julian Oliver il pianoforte, per me la tromba.

Il jazz è soprattutto libertà, poliritmia, improvvisazione. Quant’è importante stabilire un’empatia, quando suonate insieme, per sintonizzarvi sulla stessa pulsazione ritmica?

F. B.: Stabilire empatia e connessione quando si suona insieme è fondamentale e necessario per fare buona musica, altrimenti si finisce per eseguire ognuno il proprio spartito. Se non arriva niente innanzitutto a chi sta suonando, è difficile che possa arrivare qualcosa al pubblico. Non solo suonare con l’altro, ma sentire l’altro mentre si suona e desiderare che dia il massimo: queste sono l’idea e l’energia giuste per fare del buon jazz. Non ci dev’essere competizione sul palco, ma aggregazione, voglia di creare qualcosa all’unisono.

J. O. M.: Aggiungerei che il jazz spesso è visto solo come improvvisazione – uno, due o sessanta musicisti si mettono insieme e improvvisano – invece c’è un vero e proprio linguaggio alla base. Il jazz, lo dicevamo anche prima, è come dialogare: esistono un linguaggio con delle sue regole, dei brani da leggere, degli schemi che si ripetono e, se si è fortunati, esiste anche la connessione. Noi all’inizio, nonostante ci conoscessimo, non avevamo ancora mai suonato in duo. Ci stimavamo ed eravamo curiosi, e questo ci ha consentito di dialogare e comunicare anche con la musica, però non sempre questo accade.

È uscito da poco l’album We Wonder (2022), omaggio al grande Stevie Wonder, in quartetto con Jacopo Ferrazza e Nicola Angelucci. Vi va di parlare di questo progetto?

F. B.: Per me è un desiderio che si realizza: adoro Stevie Wonder e il mio sogno nel cassetto è riuscire un giorno a suonare due note dal vivo con lui, anche in camerino! Il progetto è perché avevamo selezionato un po’ di brani per un evento pensato da Ernesto Assante, che organizzava dei concerti all’Auditorium di Roma in cui chiedeva ai leader di ogni gruppo di rendere omaggio a un cantante italiano o straniero. Quando ce l’ha chiesto, noi abbiamo pensato subito a Stevie Wonder. Anni dopo, navigando su YouTube mi sono imbattuto in qualche video di quell’esibizione e mi sono reso conto che era molto bello, suonavamo bene e ci divertivamo. Così, siamo andati in studio e in circa sei ore abbiamo registrato il disco e adesso siamo in giro a presentarlo in varie città d’Italia con tanta felicità.

Vi siete esibiti in luoghi e contesti variegati: dai jazz club, ai teatri, ai grandi palchi come quello di Sanremo, passando per festival all’aperto del calibro di Umbria Jazz. Quanto influiscono la location e il pubblico sull’esibizione?

F. B.: Dipende dall’attitudine e dallo stato d’animo con cui si sale sul palco e da come si sentono gli altri musicisti: se c’è grande unione e si è sicuri della performance, il pubblico può influire, ma relativamente. Col tempo e con la padronanza del mestiere abbiamo imparato a non farci condizionare troppo. Certo, il tipo di pubblico può influenzare l’esibizione nel caso in cui appartenga a nazionalità e cultura differenti. Per esempio, una volta suonai a Tokio e capii che dal pubblico giapponese non mi sarei potuto aspettare grandi ovazioni. Alla fine, mi chiesero autografi per un’ora e mezza e mi resi conto che, anche se composti e silenziosi, in realtà erano felicissimi. Anche il pubblico della musica classica non è abituato a battere le mani alla fine di un assolo di tromba o di pianoforte. Le prime volte ci rimanevo male, pensando di aver suonato da schifo (ride ndr), per poi essere accolto con sorpresa da sei minuti di applausi ininterrotti alla fine del concerto. Negli ultimi anni le cose sono cambiate: oggi tante rassegne di musica classica inseriscono nella programmazione anche concerti pop o jazz. Di conseguenza, anche il pubblico della musica classica ha cominciato a incuriosirsi verso nuovi generi e a capire che si possono battere le mani dopo un assolo.

J. O. M.: È vero che ci sono delle tipologie di pubblico più predisposte alla classica che al jazz, ma credo che non sia mai giusto attribuirgli la responsabilità della riuscita di un concerto. Se il musicista suona bene o male, non dipende dal pubblico. Tutto ciò che lo spettatore desidera è ascoltare il concerto e, indipendentemente dal contesto, che sia in Giappone o sotto casa, bisogna attribuirgli la stessa importanza.

È appena finita la vostra esibizione sul palco della Audizioni Live di Musicultura. Avete qualche consiglio da dare agli artisti in concorso?

F. B.: Consiglio loro di continuare a studiare musica, di essere il più autosufficienti possibile – per esserlo, saper suonare uno strumento è importante – di essere curiosi, di guardarsi intorno e ascoltare tanta musica. Naturalmente, ognuno percorre la propria strada, però dedicarsi all’ascolto di altri trombettisti, sassofonisti o anche di altri generi come il pop può essere stimolante. Nonostante io sia un musicista jazz, finirei presto le energie e le risorse creative se ascoltassi e suonassi un solo genere di musica. Per questo, mi è sempre piaciuto collaborare e contaminare: sia io che Julian abbiamo calcato palchi differenti, per esempio siamo stati a Sanremo e abbiamo collaborato con molti cantautori bravissimi. Quindi, il consiglio che mi sento di dar loro sì, è questo: studiare – e ascoltare – per diventare dei professionisti. Se c’è la preparazione, tutto il resto si può tirare fuori.


 

“Naturalezza, arte dell’errore e libertà”: Morgan ospite alle Audizioni di Musicultura

Cantautore, musicista, personaggio televisivo, compositore e scrittore oltre che fondatore e frontman dei Bluvertigo: questa è l’identità nota al grande pubblico di Marco Castoldi, in arte Morgan. È avvolto da quest’aura poliedrica ed eclettica che varca la soglia dell’Auditorium della Biblioteca comunale Mozzi Borgetti di Macerata, nell’incontro pomeridiano che precede la quarta serata di Audizioni Live del Festival.

La riflessione proposta al pubblico presente prende il via da un interrogativo: che cos’è la musica? Ed ecco qui costruita una lezione di armonia, forma e sostanza musicale ricca e variegata. “La musica è un universo metafisico dove spazio e tempo sono uguali”, racconta riempiendo il luogo che lo ospita di parole e suoni, richiami alla Divina Commedia, titoli di David Bowie. L’ora successiva scorre velocemente, accompagnata anche dall’ascolto attento dei suoni emessi dai più disparati oggetti in sala, dalle casse, ai microfoni, a una lattina appena aperta. Poi un cambio di scena: poche ore dopo Morgan calca il palco del Teatro Lauro Rossi; seduto al pianoforte, si esibisce in Io che amo solo te di Sergio Endrigo e Un ottico di Fabrizio De André. Regala al pubblico la sua Altrove e la più recente Battiato (mi spezza il cuore). L’atmosfera si riempie nuovamente di quei colori e di quei suoni dei quali poco prima aveva spiegato la teoria, fino ai saluti finali, seguiti da
questa chiacchierata con la Redazione di “Sciuscià”.

In articoli e interviste che la riguardano viene spesso – se non sempre – definito come “artista fuori dagli schemi”. Ha significato per lei delineare qualcuno o qualcosa in questo modo? E se sì, allora, cosa vuol dire al contrario risiedere in degli schemi precisi nell’arte?

Dipende dall’intenzione con cui l’espressione viene utilizzata, se con fare simpatico o denigratorio. Non tutti gli schemi sono limitanti, ne esistono di edificanti tanto da diventare metodo di costruzione. Anche la musica, la canzone in particolare, è un fatto schematico che ne presuppone la conoscenza: io stesso mi servo di schemi in quello che faccio. L’accezione negativa dell’essere schematici, d’altro canto, è la non flessibilità, l’incapacità di cambiare e mettersi in discussione rimanendo arroccati al proprio modo di agire e pensare. A me invece piace sperimentare e mi identifico più in questo. Quel che non mi interessa è andare contro la legge o essere irriverente. Sono una persona che ha molto rispetto degli altri e delle regole dei luoghi in cui arrivo. Le regole stesse in questo senso sono necessarie e gli schemi importanti.

Parliamo di scrittura. I testi delle sue canzoni sono spesso intimisti, sempre riconoscibili. C’è uno studio particolare dietro l’utilizzo delle parole che sceglie o si tratta di un processo spontaneo che avviene nel momento in cui una storia, un messaggio, un’idea dalla mente vengono trasferiti su carta?

Quando ho iniziato ero molto piccolo e scrivevo le mie canzoni solo in inglese. Dietro quel tipo di espressione non c’era la volontà di comunicare un sentimento: era un meccanismo legato unicamente alla musica e a ciò che credevo suonasse bene. È solo crescendo che ho sentito l’esigenza di dare un significato a quei testi e così ho iniziato a cantarli in italiano. In particolare, è stata la lettura di un libro ad aiutarmi molto, Il mestiere di vivere di Cesare Pavese. Mi ha letteralmente illuminato: sfogliare quelle pagine mi ha dato la libertà di scrivere in maniera più spontanea, talvolta svincolandomi dalla metrica. Pavese, dunque, mi ha dato la forza e il coraggio di esprimermi per come davvero avrei voluto e di inserire dentro al mio fare, finalmente, i miei sentimenti e la mia interiorità. All’inizio le mie canzoni erano molto razionali e scolastiche, avevo un approccio intellettualistico e amavo i paroloni. Adesso il mio linguaggio è semplice e diretto, il mio intento è quello di sfiorare le corde delle emozioni. I mezzi per fare questo, però, si acquisiscono solo con l’esperienza e il tempo. La mia scrittura è cambiata e cambierà ancora.

Non è la sua prima volta come ospite a Musicultura. Perché crede sia importante dar fiducia a spazi di crescita simili?
(Avevamo pronta anche questa domanda. Ma Morgan ci ha spiazzati anticipandone la risposta. E l’ha fatto ancor prima di essere intervistato, quando era ancora sul palco, a chiusura della sua esibizione, ndr)

Musicultura è una cosa vera, semplice, utile, anzi fondamentale, perché crede nell’umanità e nella creatività delle persone. Viviamo in una dimensione che vede come finalità dell’esistenza la ricchezza, il denaro. Al contrario, Musicultura, è uno degli esempi di come il vero scopo del mondo siano la bellezza e l’arte. È tramite realtà come questa che possiamo riuscire a godere della porzione di tempo che ci è stata data per questa vita; la musica è il modo più bello di tutti in assoluto per farlo. Ringrazio questo festival per averlo compreso.


 

Continuano le Audizioni Live della XXXIV edizione di Musicultura

Raindrops keep falling on my head, è proprio il caso di dirlo! Allo scrosciare della pioggia fuori, e degli applausi in platea, comincia il terzo appuntamento con le Audizioni Live di Musicultura.

In un teatro Lauro Rossi sold out, Melga apre la serata sulle note di Dolce Universitaria, una ballata che inneggia alla libertà e all’essere padroni del proprio tempo. Questo tema è richiamato anche dal secondo brano, Qui e ora, che sottolinea l’importanza di vivere il presente. La voce ricca di sfumature della cantautrice tarantina dipinge l’atmosfera del teatro a colpi di pennellate ora graffianti, ora delicate.

È poi la volta di PROTTO, che si esibisce con Ordine e Hiroshima. Ironico e divertente il primo, intenso ed energico il secondo, questi due brani riflettono la sua dicotomia tra ironia e profondità del suo vissuto intimo, due facce della stessa medaglia. Di giorno tastierista qwerty, di notte tastierista musicale, le sue più grandi passioni sono la matematica e la musica, accomunate dalla scrittura e dall’armonia.

La terza proposta della serata è Chiara Osso, classe 2004, che con L’otto riesce a trasportarci fra le vie e le bellezze di Roma e con Emma affronta il tema spinoso della prostituzione. La giovanissima artista è un’osservatrice acuta della realtà che ama raccontare storie attraverso la musica. Il contrasto tra bianco e nero del suo look riflette la contrapposizione tra la componente razionale e quella irrazionale della sua personalità.

Tocca poi a Michele Braganti, polistrumentista e paroliere che con voce e chitarra ammalia il pubblico evocando l’atmosfera intima e sincera di una cameretta. Il primo brano, La migliore soluzione, ha un taglio leggero ed energico, mentre Aggrapparti con un dito è un pezzo intenso e profondo che parla di abbandono. Nonostante la giovane età, mostra una grande profondità nella scrittura e un grande controllo vocale, acquisiti – spiega – grazie alla lezione dei maestri del cantautorato – Dalla, De Gregori, Brunori Sas, Niccolò Fabi – a cui si ispira pur mantenendo una sua indipendenza creativa.

Anche quest’anno torna l’appuntamento con il glossario teatrale: il maestro Massimo Viganò Fumagalli parla della figura del macchinista, che scolpisce la scena a colpi di martello, monta e smonta le scenografie, fa e disfà, scruta ogni angolo del teatro con passione e meraviglia. Momento poetico, intenso e commovente che culmina nel ricordo di Francesco Cervigni detto Francis, storico macchinista di Musicultura scomparso da poco.

È difficile esibirsi dopo questi minuti di commozione, eppure Anna e Andre, in arte otto x otto, lo fanno bene. La band veronese trascina il pubblico con la sua energia vitale e contagiosa. Attraverso la metafora dell’altalena emotiva, il brano Preferibilmente agosto si fa portavoce dell’ansia di un’intera generazione, a cui contrappone l’antidoto della musica, che assolve a una funzione terapeutica e liberatoria.

Ultima performance è quella di Lilo, che fa vibrare nell’aria la sua voce con dolcezza, delicatezza e straordinaria precisione. Accompagnata da un coro di 5 elementi, con i brani Luce Ovunque e Gospel 121 dimostra che la tecnica non è un fine, ma un mezzo potentissimo per raccontarsi e raccontare.

È Melga la preferita del pubblico: va a lei il Premio Banca Macerata.

Passiamo ora alla quarta serata di Audizioni: anche oggi l’atmosfera che si respira in sala è caratterizzata da calore e partecipazione! Apre le danze Massimiliano D’Ambrosio, artista che dopo diversi tentativi è riuscito a calcare il palco di Musicultura. Si presenta con due brani evocativi che lasciano libero spazio all’interpretazione, Il giardiniere e Scava la tua tomba. Il primo arrangiamento, caratterizzato da una “coda armonica con variazioni, chiusa in chiave onirica”, cattura l’attenzione della giuria.

Il secondo cantante a esibirsi è il fiorentino Nervi. Partito dall’underground fiorentino e con alle spalle diverse esperienze musicali, approda sul palco del festival con La noia mortale e Sapessi che cos’ho, abbandonandosi a un’esibizione intensa e malinconica.

Torna sul palco del Lauro Rossi, a distanza di un anno, Helen Aria, cantautrice e polistrumentista originaria di Aosta. Già nel titolo del suo primo brano, Ceci n’est pas une chanson, evoca atmosfere oniriche e surrealiste, mentre in Una casa su Marte a farla da padroni sono il canto etereo e il suono elettronico dello stilofono. Alla ricerca del suo posto nel mondo, la giovane musicista si rifugia in un microcosmo fatto di costellazioni musicali, vibrazioni e purezza.

È la volta di Martina Alberti, in arte AMarti, che si presenta elegantissima in un luminoso abito verde. Con i brani Non cadiamo e Pietra apre al pubblico le porte del suo mondo, fatto di sonorità che ricordano un canto primitivo della natura. Sul palco racconta come il processo creativo sia per lei una ricerca della verità e della parte più autentica di sé.

L’ultima proposta della serata è Luciano Nardozza, cantautore energico e grintoso. I brani Non è colpa di nessuno e Calma Apparente rivelano un’anima di rocker dalla musicalità melodica. Dopo l’esibizione, spiega alla giuria la sua volontà di esprimere emozioni universali che vanno oltre il tempo, intrecciando musica, psicologia e sociologia.

Ospite d’eccezione della serata è Morgan, che apre la sua esibizione con un omaggio a Costanzo sulle note di Se Penso a te di Franco Bracardi, celebre sigla del Maurizio Costanzo show. A seguire, una versione piano e voce di Io che amo solo te di Sergio Endrigo e di Un ottico di Fabrizio De André (VIDEO); chiude la serata con la sua Altrove e, prima di lasciare il palco, ricorda al pubblico che l’arte è l’unico vero fine del linguaggio musicale.

È Nervi ad aggiudicarsi il favore del pubblico e a ricevere, quindi, la Targa Banca Macerata.