Buon compleanno Piero

“Le canzoni sono le protagoniste della mia vita”: quante volte Piero lo ha ripetuto. Non conosciamo nessuno che abbia vissuto in simbiosi con le canzoni con più curiosità, stupore, competenza e amore di lui. Nel giorno del suo compleanno ci piace ricordare Piero con un pugno di canzoni e di interpretazioni, anche poco conosciute, che gli erano particolarmente care. Speriamo siano buone compagne anche per voi.

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Musicultura2021 sbarca su Rai2

A distanza di due settimane dal grande successo di pubblico e di critica della XXXII edizione di Musicultura allo Sferisterio di Macerata, domani 6 luglio il Festival e RAI 2 offriranno al grande pubblico il meglio delle serate finali in un emozionante speciale dedicato: due ore di musica e spettacolo dal cuore del territorio dove il festival è nato e cresciuto e che il festival contribuisce a far conoscere ed apprezzare a milioni di Italiani.

Condotto dalla brillante coppia Veronica Maya – Enrico Ruggeri, il programma di RAI 2 a partire dalle ore 23.45 proporrà le esibizioni live di Subsonica, Ermal Meta, La Rappresentante di Lista, Ron, Michele D’Andrea, Irene Grandi e quelle dei quattro vincitori protagonisti della finalissima del concorso: Caravaggio (Latina) con Le cose che abbiamo amato davvero, Lorenzo Lepore (Roma) con Futuro, Mille (Velletri, RM) con La radio e i The Jab (Ivrea, TO) con Giovani favolosi.

Puoi rivivere il meglio delle serate di Musicultura in qualsiasi momento su RaiPlay, a questo link.

LUNARIA 2021, a Recanati musica e spettacolo nel segno della qualità

Siamo appena entrati nell’estate, la musica un po’ alla volta si rimette in moto e il Comune di Recanati si fa trovare pronto. Il cartellone dell’edizione 2021 di Lunaria – la rassegna ideata nel 1996 da Musicultura e che da allora si è conquistata l’affetto e la fiducia del pubblico – sembra cucito addosso sulla vocazione della città leopardiana a coltivare i valori della bellezza e della qualità.   

Volendo usare un solo aggettivo, definirei il programma di Lunaria 2021 ‘elegante’. E veramente ricco di bei contenuti. Ora che, pur tra limitazioni ancora da rispettare, il pubblico può finalmente tornare a vivere l’intensità delle emozioni della musica dal vivo, a maggior ragione vogliamo che sul palco tutto sia artisticamente intenso ed a fuoco”,  ha dichiarato il direttore artistico Ezio Nannipieri.

Quest’anno, oltre alla centralissima piazza Leopardi, la manifestazione contempla anche altri scenari: il primo dei tre appuntamenti in programma si svolgerà infatti nel suggestivo contesto dell’Orto sul Colle dell’Infinito, dove il prossimo 15 luglio sarà di scena Francesco Bianconi. Cantautore e scrittore tra i più apprezzati, frontman dei Baustelle, l’artista proporrà le canzoni del suo primo album da solista Forever, accompagnato da sei musicisti. In considerazione del numero limitato di spettatori che il luogo può accogliere, Bianconi si è reso disponibile ad effettuare due concerti: il primo al tramonto del sole (con inizio alle 18.45), il secondo in compagnia della luna (con inizio alle 21.30).

Il 22 luglio si riverseranno in piazza Leopardi l’energia e l’originalità de La Rappresentante di Lista. L’ultimo festival di Sanremo ha consacrato davanti a milioni di Italiani la bravura e la vitalità della band fondata da Dario Mangiaracina e da Veronica Lucchesi, che si configura come un vero e proprio collettivo artistico, difficile da etichettare per la trasversalità con cui ama esprimersi in musica e rappresentarsi in scena.

Il 29 luglio, ancora in piazza Leopardi, sarà infine la volta di Alice, in Alice canta Battiato. La recente scomparsa di Franco Battiato rende, se possibile, ancor più toccante l’elegante e sentito omaggio che Alice dedica al compositore e autore con il quale, fin dalla vittoria del festival di Sanremo con Per Elisa (1983), è sempre rimasta in contatto e sintonia, tanto da costituire con lui un vero sodalizio artistico e umano. Alice proporrà le canzoni del lungo viaggio musicale di Battiato in versione acustica, nei bellissimi arrangiamenti e rielaborazioni del Maestro Carlo Guaitoli, già stretto collaboratore per tanti anni di Battiato in veste di pianista e direttore d’orchestra.

Per assistere agli spettacoli di Lunaria sarà necessario prenotarsi, a partire dal 1° luglio, sul sito www.musicultura.it fino ad esaurimento posti. Per scoraggiare il comportamento di coloro che si prenotano senza poi presentarsi al concerto, è stato introdotto un “gettone di prenotazione”, di 10 euro per il concerto all’Orto sul Colle dell’Infinito, di 5 euro per gli spettacoli in piazza Leopardi.  A tutti gli spettatori sarà assicurato il posto seduto, nel rispetto del piano di sicurezza e delle vigenti normative anti contagio, approntato per l’occasione da Ibitiassociati.

Il Comune di Recanati ha inoltre predisposto che, presentando il ticket di Lunaria presso una delle biglietterie del circuito museale “Infinito Recanati” (Museo Civico di Villa Colloredo Mels, Torre del Borgo, Museo della Musica/Beniamino Gigli) si potrà usufruire di uno sconto sul biglietto d’ingresso.

Musicultura ringrazia l’Ufficio Cultura e l’Ufficio Tecnico del Comune di Recanati, il Comando della Polizia Municipale, l’Amat e la Protezione Civile: la loro disponibilità e le loro competenze sono apprezzate e fondamentali per la buona riuscita di Lunaria.

Per info e aggiornamenti su Lunaria 2021: www.musicultura.it; 071 7574320.

Banca Macerata main partner di Musicultura: parola al Presidente Ferdinando Cavallini

Qualità, talento, passione e valorizzazione del territorio. Sono solo alcuni dei valori che Banca Macerata, main partner di Musicultura, condivide con il Festival. Così, in un momento particolarmente complicato per il movimento culturale e artistico nazionale, l’istituto ha scelto di investire sui giovani artisti che rappresentano le nuove leve del panorama musicale italiano.

Al duo The Jab, vincitore assoluto del concorso, è andato  infatti l’assegno di 20 000 euro targato proprio Banca Macerata. A raccontarci di questa particolare partnership è il Presidente dell’istituto di credito, Ferdinando Cavallini.

Un Festival dedicato al cantautorato e alla commistione tra diverse forme d’arte e un istituto bancario: cos’hanno in comune Musicultura e Banca Macerata?

Hanno in comune la volontà di fare emergere i talenti. Sono due eccellenze del territorio apparentemente diverse ma la cui sinergia può portare a vantaggi per tutti: per i ragazzi, per la comunità, per la società e per l’intero territorio.

Tiriamo le somme per il primo anno di collaborazione: com’è andata? E qual è stato, secondo lei, il punto di forza di questa edizione?

È andata benissimo e mi sento di fare i complimenti a chi ha gestito il tutto. Anzi, è andata meglio di come potesse andare! Quello di Musicultura è un successo crescente nel tempo, basti pensare che quest’anno si sono presentati più di mille artisti alle selezioni. Punti di forza? Credo siano gli stessi che da sempre caratterizzano il Festival: la professionalità dei ragazzi e l’imparzialità con la quale vengono effettuate le selezioni.

Nonostante le difficoltà dovute alla pandemia, Musicultura conclude la sua XXXII edizione come da tradizione: esibizioni dal vivo e pubblico in presenza. Che sensazione si prova a compiere il primo e agognato passo verso il ritorno alla normalità?

È una sensazione di soddisfazione e piacevolezza. Non voglio parlare di libertà, perché in fondo quella non è mai stata messa in discussione. Ma attenzione, manteniamo la prudenza perché il nemico è invisibile!

 Quale augurio rivolge al vincitore assoluto di Musicultura, nelle mani del quale è finito il Premio Banca Macerata di 20 000 euro?

 L’augurio è che possa realizzare i suoi sogni. Credo che per un giovane sia questa la cosa più bella.

 Le va di salutarci a suon di musica? Se Banca Macerata fosse una canzone, che canzone sarebbe?

 Sarebbe una canzone che porta felicità, serenità, gioia di vivere e voglia di riuscire a realizzare i propri sogni.

 

Musicultura 2021: i The Jab vincono la XXXII edizione

Ebbene sì, ci siamo. Finalmente possiamo rispondere alla fatidica domanda: chi ha vinto Musicultura 2021?

I The Jab!

The Jab vincono Musicultura 2021

È finito nelle loro mani l’assegno da 20.000 euro di Banca Macerata.
“Giovani favolosi” è la canzone preferita dal pubblico presente all’Arena Sferisterio.

Premio Banca Macerata

E il Premio per il Miglior Testo?
Ad aggiudicarselo è stato Lorenzo Lepore con “Futuro”.

Lorenzo Lepore vince il Premio Miglior Testo

Il Premio AFI (Associazione Fonografici Italiani), invece, è andato a Caravaggio grazie alla sua “Le cose che abbiamo amato davvero”.

Caravaggio vince il Premio AFI

Declinato al femminile il Premio della Critica “Piero Cesanelli”: Mille e “La Radio” sono le più apprezzate dai giornalisti presenti in sala stampa.

Mille vince il premio della critica

È donna anche l’ultimo riconoscimento, il Premio Nuovo IMAIE, che va a Elasi e al suo brano “Valanghe”.

Elasi vince il Premio Nuovo IMAIE

INTERVISTA – Nella “Tribù urbana” di Ermal Meta, ospite di Musicultura 2021

È la sua seconda volta sul palco del festival e per il suo ritorno ha scelto di regalare a Musicultura anche la sua interpretazione di Redemption Song. È così, con un “canto di redenzione”, uno dei brani più famosi di Bob Marley, che Ermal Meta ha voluto idealmente abbracciare il pubblico dello Sferisterio, che ha calorosamente risposto alla sua performance con un lungo ed emozionato applauso. Prima della sua esibizione, l’artista ha rilasciato questa intervista alla redazione di Sciuscià.

“Tribù Urbana”, il tuo ultimo album, è un lavoro che già dal titolo sembra presentare un’antitesi. E infatti contiene brani che affrontano temi anche molto diversi tra loro. Come nasce l’idea di intrecciare tante storie tra loro differenti?

In generale, le storie sono tra di loro differenti per natura, è impossibile trovare due storie uguali. E poi mi piaceva questa antitesi “tribù/urbana” perché i termini rappresentano due cose completamente diverse. “Tribù” è la necessità che sentivo di appartenere a qualcosa – soprattutto dopo quello che abbiamo passato – che mi potesse proteggere. E nell’immaginario collettivo la tribù fa proprio questo. “Urbana” perché ci troviamo tutti in realtà urbane. Cerco di fermarmi all’interno di un mondo frenetico, di fare una pausa, insomma.

Ermal Meta

“Destino Universale”, il titolo di un pezzo contenuto proprio in “Tribù Urbana”, è un’espressione che ben si adatta all’anno appena passato. Ecco, come hai vissuto questo periodo di pandemia?

L’ho passato in pausa, come tutti. In alcuni momenti è stato molto difficile, a tal punto che certe volte non riuscivo neanche a dormire e, nonostante avessi molto tempo a disposizione per me, non sapevo cosa farmene. Mi viene in mente una favola di La Fontaine, in cui protagonista è un uccellino in gabbia che per tutta la vita chiede a Dio di essere liberato. Dopo tante preghiere, una mano invisibile apre la gabbia e una voce gli dice: “Mi hai pregato per tutta la tua esistenza di liberarti, adesso puoi volare via”. L’uccellino, terrorizzato, risponde: “Sì, ma se poi resto chiuso fuori?”. Ecco, a un certo punto mi sono sentito così, spaesato, perché di tutto questo tempo a disposizione non sapevo cosa farmene. È stato molto strano.

E ora, invece, com’è tornare finalmente a esibirsi davanti al pubblico?

È sempre un’emozione bellissima e per certi versi commovente. In generale non siamo ancora del tutto tornati alla vita normale ma possiamo dire che si sta vedendo la luce in fondo al tunnel. Sicuramente è una situazione diversa rispetto all’anno scorso e mi auguro che vada sempre in crescendo, quindi speriamo di continuare così. Resta il fatto che esibirsi davanti al pubblico è sempre magico.

Ermal Meta - Musicultura

Hai scritto brani per alcuni grandi interpreti della musica italiana. Qual è la sensazione che lascia addosso sentir cantare qualcun altro un proprio pezzo?

È qualcosa di molto particolare perché ti fa sentire quello che hai scritto attraverso voci altrui. Arriva un’emozione diversa perché la persona che in quel momento sta cantando quello che hai scritto lo sta interpretando in un modo che inevitabilmente è differente dal tuo, il che non significa che sia meglio o peggio, ma semplicemente, appunto, diverso. Inoltre, ti permette di scoprire una parte di te che non conoscevi prima: se scrivo una cosa intendendola in un certo modo, per qualcun altro può essere diversa, e ciò può comportare che io provi emozioni che non avevo provato prima. Credo che questa sia una cosa molto bella.

Gli 8 vincitori di Musicultura muovono i loro passi per affacciarsi sulla scena musicale italiana. C’è un consiglio, un monito, un augurio che, se li avessi di fronte, bisbiglieresti alle loro orecchie?

Augurerei loro di non arrendersi quando è il momento di non arrendersi e di fare un passo indietro quando è il momento di fare un passo indietro. Capire quali sono questi due momenti secondo me è fondamentale. Per adesso, però, devono andare avanti.

INTERVISTA – “Sono sempre molto entusiasta nel cercare nuovi stimoli e attenta ai segnali della vita”: Irene Grandi a Musicultura

È una delle voci più note del panorama musicale italiano; ha ben dodici album alle spalle e una carriera ultraventennale costellata da innumerevoli e importanti collaborazioni. Tornata a Macerata per partecipare alla XXXII edizione di Musicultura, Irene Grandi, col suo inconfondibile sorriso, ha rilasciato questa intervista alla redazione di “Sciuscià”.

Nel 2019 è uscito l’album “Grandissimo”, una raccolta speciale per celebrare i venticinque anni della tua carriera. Come si è evoluta in questo lungo lasso di tempo la tua ricerca musicale?

La bellezza di avere una lunga carriera alle spalle è anche quella di potersi “muovere” all’interno della musica attraverso nuove esperienze e di scoprire a fondo le proprie potenzialità. Naturalmente all’inizio, all’epoca del mio esordio,  quello che più arrivava era la grinta di una ragazza un po’ ribelle e anticonvenzionale che voleva portare degli argomenti nuovi all’attenzione del pubblico; raggiungendo una certa maturità, poi, si fa pace sia con il mondo esterno che con il proprio mondo interiore. Le canzoni che più hanno rappresentato il mio cammino verso riflessione e introspezione sono “Alle porte del sogno”, “La cometa di Halley”, “Un vento senza nome”, come anche alcuni brani del mio ultimo disco, ma ad aprire questo discorso contemplativo è stata “Prima di partire per un lungo viaggio”.

Giustappunto. Tutti speriamo di poter presto ricominciare a viaggiare, anche per buttarci alle spalle il lungo periodo di pandemia. Prendiamo allora in prestito proprio il verso della canzone che hai appena citato: “Prima di partire per un lungo viaggio porta con te la voglia di non tornare più” e poi cos’altro? Cosa mettere di indispensabile in valigia per ritrovare il sorriso e un po’ di serenità?

In questo delicato periodo si è sentita molto forte la mancanza di stare insieme ad altre persone; invece di mettere qualcosa in una valigia, consiglierei a tutti una prenotazione ad un concerto, un ristorante, un teatro, a qualsiasi evento culturale che possa ricreare mentalmente le persone e metterle a confronto con i propri sentimenti, le proprie riflessioni; perché si sa, la musica, il teatro e la poesia creano emozione e questa emozione a propria volta coltiva introspezione.

Ancora “Grandissimo”, stavolta nella versione “new edition”. Nell’album è presente “Finalmente io”, canzone scritta da Vasco Rossi, uno dei membri del Comitato Artistico di Garanzia di Musicultura. Com’è nata l’idea di questa collaborazione? E com’è il tuo rapporto col Komandante?

Sento nei suoi confronti grande amicizia e stima. La nostra prima collaborazione risale al 2000, dopo di che ne è arrivata un’altra proprio con il brano “Prima di partire per un lungo viaggio”. Dopo un periodo di pausa, qualche anno fa ho realizzato un progetto sperimentale che si chiamava Pastis e Irene Grandi  – Lungo Viaggio, e io e i miei collaboratori chiedemmo un cameo a Vasco, che in quell’occasione diede un prezioso contributo. Successivamente, è nata anche la voglia di fare un altro brano pop insieme. Lui mi ha sempre invogliata a sperimentare, a superare i miei limiti.

Facciamo solo qualche nome tra quelli, numerosissimi, che hanno costellato la tua carriera: un disco con Stefano Bollani, un duetto con Pino Daniele, un featuring con Fiorella Mannoia, una canzone scritta per te – lo abbiamo detto poco fa – da Vasco Rossi. C’è un artista con cui non hai ancora collaborato con il quale ti piacerebbe lavorare?

Confesso di non avere una risposta al riguardo perché ogni volta che incontro un collega ho voglia di instaurare una collaborazione. Sono sempre una persona molto entusiasta nel cercare nuovi stimoli e attenta ai segnali della vita, ci sarà senz’altro presto qualcuno.

INTERVISTA – “Iniziare da Musicultura per spiccare il volo”: La Rappresentante di Lista sul palco della XXXII edizione del Festival

La Rappresentante di Lista è un progetto che nasce nel 2011 dall’incontro tra la cantante Veronica Lucchesi e il polistrumentista Dario Mangiaracina, che nel 2014 si esibiscono per la prima volta sul palco di Musicultura come finalisti della XXV edizione del Festival. Dopo il successo nel 2018 dell’album Go Go Diva, lo scorso marzo per la prima volta sono in gara a Sanremo con il brano Amare, diventato disco di platino e inserito nell’album My Mamma. Ospite della finalissima della XXXII edizione di Musicultura, il duo si racconta così alla redazione di “Sciuscià”.

Finalisti della XXV edizione del Festival nel 2014, ospiti nel 2017 e nella scorsa edizione, quest’anno avete inaugurato, in videocollegamento, la prima serata di audizioni live per poi approdare di nuovo sul palco dello Sferisterio: praticamente siete di casa a Musicultura. Ma che effetto fa tornare portandosi sulle spalle anche la recente avventura sanremese?

Dario: Ho notato l’orgoglio da parte del team di Musicultura nel riaverci qui dopo Sanremo, quasi fossimo dei figli. Ci riempe di gioia leggere tanto affetto negli occhi dello staff. Il nostro crescere nel panorama musicale sottolinea anche quanto il percorso di Musicultura funzioni: si può iniziare proprio da qui per spiccare il volo.

Amare, la canzone che avete portato, appunto, a Sanremo, ha scalato le classifiche musicali; il vinile che la contiene, My Mama, è tra i più venduti in Italia. Secondo voi come mai siamo passati dalla radio, al giradischi, al cd, alle piattaforme streaming ma il vinile continua ad avere così tanto successo, fino quasi a esser diventato la moda del momento?

Veronica: C’è da dire che moltissime persone comprano i vinili anche semplicemente perché le copertine sono esteticamente bellissime, come se fossero oggetti belli da esporre. Ultimamente, poi, sul mercato sono tornati di moda i giradischi – anche se spesso sono scadenti, quindi quando si va ad ascoltare ne risente anche la qualità della musica. In ogni caso, moda o meno, il vinile resta un’opera sempre attuale.

Spesso parlando di musica si fa riferimento al concetto di rivoluzione; anche nel vostro album Go Go Diva la canzone Questo corpo racconta come imparare e saper ascoltare ogni singola parte del proprio corpo sia già un atto rivoluzionario. Quanto è importante che la vostra musica, oltre a far emozionare e ballare, diventi portavoce anche di cambiamento?

Veronica: Molto, lo dico con fermezza perché mi rendo conto di quanto la musica riesca a smuovere le persone, da quelle che lavorano in questo settore, a chi la ascolta, a chi crede negli artisti. Quando salgo sul palco cerco di parlare con responsabilità, quanto meno di sollevare delle riflessioni e delle domande. Cerco di dare il mio contributo, insomma.

Dario: Il cambiamento è l’impegno che dovrebbe sempre attribuirsi chi sale su un palco.

Cinema e teatri sono finalmente di nuovo aperti; i prossimi mesi si prospettano come un ritorno, seppur lento, alla normalità, nell’ambito del quale si inserisce anche il vostro tour.  Si prospettano quindi come un ritorno anche ai concerti. Che emozioni si provano a sapere di potersi esibire di fronte a un pubblico e, di contro, quali sono le emozioni che volete trasmettere proprio a quel pubblico?

Dario: Non so ancora che emozioni proverò, questa sera a Musicultura per noi è la data -1, prima della data 0 che faremo ad Arezzo. Sono a braccia aperte, pronto e curioso di capire come sarà effettivamente l’impatto con il pubblico. C’è anche un po’ di timore, perché è come se dovessimo di nuovo andare in rodaggio rispetto ad un sistema che, nonostante tutto, non si è mai fermato. Ad esempio, oggi, per arrivare qua abbiamo impiegato due ore in furgone e non ci siamo più abituati.

Veronica: Per quanto riguarda il pubblico, vorrei far passare un grandissimo senso di gioia. Abbiamo tutti la necessità di rinnovare questo sentimento, siamo stati per un anno e mezzo molto abituati alla paura, quindi credo serva assolutamente tornare a sorridere.

Musicultura è crocevia di storie e generi musicali diversi, che spesso si allontanano anche da quelli che potremmo definire “canoni discografici” delle canzoni mainstream. Quanto sono importanti palchi come questo per la musica?

Veronica: Palchi così sono fondamentali. Lo è anche la libertà di esprimersi, di non etichettarsi per forza. Musicultura permette di poter iniziare un percorso di crescita, di andare a mano a mano ad affinare la propria arte, non perché bisogna arrivare alla perfezione, ma per capire come rendere ancora più incisivo quello che si vuole dire e come ci si vuole presentare.

Dario: La cosa interessante è che, anche se non ci sono limiti al genere o alla proposta che puoi fare a Musicultura, ci sono delle guide che ti accompagnano durante tutto il viaggio. Questo è fondamentale per un artista.

INTERVISTA – “Un inno aggrega una collettività intorno a un traguardo, a un’idea”: Michele D’Andrea ospite di Musicultura

Storico, studioso di araldica e musica risorgimentale,  curatore della revisione degli stemmi della Marina Militare e dell’Esercito, Michele D’Andrea ha tenuto numerosissime conferenze e interventi sulle vicende storiche e musicali che ruotano attorno all’ inno nazionale italiano. Anche a Musicultura, sia a La Controra che durante la serata finale allo Sferisterio, ha affascinato il pubblico presente con il suo racconto su Il Canto degli Italiani, narrando i segreti e le curiosità che si celano dietro la storia del nostro inno.  Questa l’intervista rilasciata alla redazione di “Sciuscià”.

La canzone è da sempre considerata una forma di espressione che un artista produce con spontaneità.  Si può dire la stessa cosa degli inni, che inevitabilmente richiedono una certa solennità? C’è secondo lei una particolare attitudine emotiva e di scrittura che può tornale utile nell’uno o nell’altro caso? 

Molte volte gli inni nascono come moti dell’animo, proprio come le canzoni. Il fatto che gli inni possano essere solenni può far sembrare che ci sia stata una qualche investitura “dall’alto”, in realtà la legittimazione di un inno è del popolo, per cui ne esistono tantissimi che non hanno nulla di cerimoniale e che, al contrario, hanno conquistato il loro posto nella storia dei popoli proprio perché è stata la gente a farli suoi. In alcuni casi posso anche comporre una canzone d’occasione, o un inno d’occasione, ma la legittimazione dell’inno non è mai di chi la compone ma di chi la ascolta. Le storie degli inni sono talmente complicate, divertenti e aneddotiche proprio perché è la gente che li legittima e li fa propri.

E gli stemmi, invece? Mi corregga se sbaglio ma potremmo definirli come una particolare forma di linguaggio che, per tramite delle figure, cerca di veicolare determinati messaggi con una certa immediatezza. Insomma, gli stemmi somigliano un po’ alle canzoni?

Giustissimo. Si tratta di araldica, ossia un linguaggio figurato in una società analfabeta, ma  non solo: è stata anche una sorta di esperanto linguistico che ha unito con la stessa grammatica l’intera Europa per un periodo – che va dalla fine dell’undicesimo a metà del dodicesimo secolo – in cui si guardavano e utilizzavano le stesse figure; linguaggio figurato, quindi linguaggio per immagini. L’araldica, inoltre, non era riservata alla nobiltà ma a tutti gli strati sociali. È un po’ come un biglietto da visita: tutti possono averlo ma non tutti ne fanno uso.

A proposito di canzoni, all’estero l’Italia è spesso vista come il Paese della musica. Crede che la storia dello stivale abbia avuto un ruolo nel fargli guadagnare questo epiteto?

Abbiamo avuto una sorta di DNA privilegiato, per cui siamo riusciti a marcare con la nostra musica, in particolare con il Teatro dell’Opera, un secolo e mezzo di storia musicale europea. È un talento che abbiamo, e non sappiamo bene come sia possibile tutto ciò ma è certamente la verità, ci possiamo considerare gli artefici di una grande rivoluzione musicale.

Lei è un appassionato di musica risorgimentale. Quali sono le principali differenze tra la musica di oggi e quella del tempo? E, al contrario, le similitudini?

La cosiddetta “musica leggera”, quella che poi è declinata in tante sfumature, corrisponde perfettamente alla musica del passato perché entrambe sono autenticamente popolari. Tutta la musica del Risorgimento entra nel solco dell’unica forma di musica che è quella del Teatro dell’Opera di metà ottocento, su cui sono modulati tutti i canti, fortemente e autenticamente popolari.

INTERVISTA – “L’arte non ha bisogno di incasellamenti”: Marisa Laurito ospite di Musicultura 2021  

Per la penultima giornata del festival, e per la prima delle due serate finali, Marisa Laurito approda a La Controra prima, sul palco dello Sferisterio poi, e porta con sé l’allegria cha ha sempre contraddistinto il suo lungo e poliedrico percorso artistico. La sua espressività è stata protagonista in teatro, sul piccolo e sul grande schermo; la sua creatività si è tradotta anche in pittura, scultura e fotografia. E ora anche in scrittura, col suo romanzo autobiografico “Una vita scapricciata”.  Così si racconta alla redazione di Sciuscià.

Visto il contesto, partiamo dalla musica e parliamo del suo unico singolo, “Il babà è una cosa seria”, un pezzo ironico e vivace, presentato al festival di Sanremo nel 1989. Data la sua provenienza e la sua carriera, quanto c’è di autobiografico in questa canzone?

Non c’è molto di autobiografico. Certo, è stato “cucito” su di me però è un pezzo che per l’epoca è andato molto avanti nei tempi perché parlava di argomenti molto attuali, dalla crisi del pianeta alla noia delle casalinghe.

Una vita scapricciata”, il romanzo che presenta in occasione de La Controra di Musicultura, è un po’ una dichiarazione d’amore per la sua città natale, che fa da cornice a gran parte del racconto. Sembra quasi che sia Napoli stessa la sua vita scapricciata…

Il romanzo si intitola Una vita scapricciata perché nella mia vita mi sono tolta tanti capricci. Sono riuscita a fare quasi tutto quello che volevo e naturalmente Napoli c’entra moltissimo in tutto ciò: alla mia città devo i tempi comici che si imparano per strada e l’umanità delle persone. Napoli è meravigliosa, piena di molte cose belle che cerchiamo sempre di mettere in risalto rispetto a quelle brutte.

Il sorriso è il fil rouge della sua esistenza e della sua carriera, tanto da essere finito anche sulla copertina del suo libro. L’ironia, del resto, è un suo marchio di fabbrica. Quali sono gli altri ingredienti che rendono una vita scapricciata?

Credo che fondamentale, prima di tutto, sia il talento, unito a una grande determinazione, alla voglia di imparare e all’umiltà. Ecco, credo che questi siano gli “ingredienti” necessari per poter essere condotti a destinazione, a quello che uno vuole ottenere nella vita.

Tanti, tantissimi gli incontri avvenuti lungo il suo percorso artistico: quali sono i personaggi che più hanno segnato il cammino e a chi è rimasta particolarmente legata?

Sicuramente a Eduardo; aver cominciato con lui mi ha dato una grandissima impronta. Era molto severo e lavorare con lui è stato come aver fatto il servizio militare. Altri incontri meravigliosi sono stati quelli con Renzo Arbore e Luciano De Crescenzo, che sono poi diventati anche la mia famiglia, e successivamente quelli con Gigi Proietti e Adriano Celentano. Ho avuto la grande fortuna di incontrare persone straordinarie con cui poi ho stretto anche amicizia.

Il suo estro creativo non si ferma al cinema, al teatro o in tv, ma corre anche sui binari di pittura, fotografia e scultura. Cos’è che muove tanta poliedricità?

Credo che l’arte non abbia bisogno di incasellamenti: se si hanno dei talenti bisogna metterli in atto. Per un artista quella di provare e sperimentare è un’esigenza. Ad esempio, per me la pittura non è mai stata un capriccio ma una dedizione nata quando avevo sedici anni; fortunatamente c’era qualcuno che comprava i miei quadri e grazie a questo sono riuscita a pagarmi i corsi di recitazione. Col tempo ho continuato a dipingere; adoro i colori e andare alle mostre; mi piace sperimentare. A un certo punto, una critica d’arte che ha notato le mie opere mi ha convinto a fare una mostra e da lì si è aperto un altro “file”, come direbbero i giovani.