La versione di Cochi: il comico milanese a La Controra 2024

“Il tipo di televisione che facevamo era così innovativo che è rimasto inciso nel cuore delle persone”: in effetti, Aurelio Ponzoni, in arte Cochi, è una figura emblematica dello spettacolo italiano, celebre per il suo lavoro come attore, sceneggiatore e comico. In coppia con Renato Pozzetto nel duo “Cochi e Renato”, ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della comicità italiana. Ospite di Musicultura 2024, intervistato dal giornalista e conduttore radiofonico John Vignola nell’ambito dell’incontro dedicato al suo libro La versione di Cochi, pubblicato lo scorso autunno, ha raccontato al pubblico de La Controra la sua vita, la sua carriera artistica, il suo modo di fare spettacolo. E lo ha fatto anche con noi della redazione di Sciuscià in questa intervista.

Lei ha avuto una carriera molto diversificata, che include teatro, cinema, televisione e musica. C’è un progetto a cui è particolarmente legato e che considera il più rappresentativo del suo percorso artistico?

Quello che mi ha dato la notorietà è stato il cabaret. Il mio debutto professionale è stato nel ’64, quando ho iniziato a fare il primo cabaret con Bruno Lauzi, il mio amico Renato Pozzetto, Felice Andreasi e Lino Toffolo; da lì abbiamo cominciato a vivere di questo lavoro. Quel periodo, fino al ’74, è stato quello che più mi ha formato dal punto di vista professionale, però la mia vera passione è sempre stata il teatro di prosa, che purtroppo ho abbandonato, chiaramente per “ragioni cabarettistiche”, chiamiamole così.

Il suo libro La versione di Cochi non è solo una raccolta di ricordi, ma anche una riflessione sul mondo dello spettacolo. Come vede il cambiamento della comicità italiana dagli inizi della sua carriera a oggi?

Il linguaggio della comicità, del sarcasmo, è sempre legato alla società del momento. Quando facevo cabaret c’era una realtà sociale, politica, anche economica, di un certo livello. C’era un grande fermento culturale in quegli anni, soprattutto al finire della Seconda Guerra Mondiale, quando noi eravamo ancora ragazzi: era un momento particolarmente significativo per tutto quello che riguardava la nostra crescita, determinata soprattutto da incontri importanti che abbiamo avuto con altri artisti, come Iannacci e Dario Fo, ma anche con intellettuali dell’epoca, tra cui Dino Buzzati e Umberto Eco, insomma personaggi che hanno cominciato a considerarci dei possibili professionisti e ci hanno dato anche il coraggio di continuare a fare questo mestiere.

Nel libro parla anche del suo ruolo in film come Cuore di cane e I telefoni bianchi. Come ha affrontato la transizione dalla televisione al cinema e quali sono state le principali sfide che ha incontrato?

 Rifacendo le cose che facevamo dal vivo, in un ambiente asettico tipico della televisione, per noi era molto più facile che fare cabaret. Non c’è stato un trauma, anzi, era una passeggiata. Il cinema riguarda, invece, un altro tipo di lavoro che richiede una concentrazione importantissima. Devi ricordare tre cose: quello che devi dire, le battute che devi fare e dove sei a fuoco. Devi, inoltre, ricordarti anche il tipo di espressività che usi, perché se c’è un primo piano devi stare attento a non esagerare con le espressioni facciali.

Televisione, ancora. Parliamo del programma Il poeta e il contadino. Qual è il ricordo più bello che ha di quell’esperienza e come ha influenzato il suo percorso artistico?

L’esperienza è stata molto divertente e interessante perché era un programma che abbiamo inventato io e Renato, dall’inizio alla fine, con l’aiuto di Enzo Iannacci, che curava la parte musicale. È stato per noi un modo di esprimerci liberamente, usando il nostro linguaggio peculiare, mantenendo le caratteristiche originali del nostro lavoro.

Il suo rapporto con Renato Pozzetto, appunto, è stato fondamentale. Come descriverebbe l’evoluzione della vostra collaborazione artistica nel corso degli anni?

Io e Renato siamo cresciuti insieme da bambini e avevamo sempre questa voglia di giocare con le parole e con la musica; infatti, da piccoli avevamo due chitarre e cantavamo canzoni anarchiche, politiche o popolari. Abbiamo cominciato così, esibendoci nelle osterie di Milano del dopoguerra. Quella che poi aprimmo insieme si chiamava L’Oca d’Oro; ci giravano personaggi e intellettuali del momento che ci hanno preso sotto la loro ala protettiva e ci hanno infuso fiducia per continuare questa professione.

Proprio insieme a Pozzetto ha presentato al grande pubblico alcuni brani – pensiamo a Canzone intelligente, per citarne una sola – che fanno parte ancora oggi, e a pieno titolo, dell’antologia della musica italiana. Ma sotto il palco, lontano delle scene, qual è il suo rapporto con la musica? Cosa ascolta Cochi tra le mura domestiche?

Io? Che tipo di musica? Beh, ascolto musica classica, mi piace moltissimo la musica brasiliana e fin da ragazzino ho sempre avuto una grande passione per il jazz. Attualmente mi esibisco in degli spettacoli con un quintetto di jazzisti, dove racconto la vita di Charlie Parker mentre i miei amici musicisti eseguono i suoi brani. Ebbene sì, quindi: il mio rapporto con la musica è molto stretto.


 

Calciar-Cantando a La Controra con Banca Macerata

Basti pensare a come inizia ogni partita: con un inno, un seguirsi di note che esprimono in coro il segno di appartenenza a dei colori, a una squadra. La musica ci circonda e ci accompagna in ogni momento della nostra vita; e così anche nello sport, dai cori dei tifosi alle playlist ascoltate dai giocatori durante le trasferte, nello spogliatoio o nel corso del riscaldamento, la musica riesce a essere motivazione, conforto e chiave di concentrazione. Ma non solo: per questa settimana hanno in comune anche il fatto di riempire i vicoli e le piazze del centro storico di Macerata grazie agli eventi de La Controra e le partite degli Europei.

Dopo una giornata ricca di incontri al cui centro sono stati suoni, note e parole, aspettando la partita Italia-Spagna degli Europei, il sodalizio tra musica e calcio incontra quello tra Musicultura e Banca Macerata, main sponsor del Festival, con Calciar-Cantando. Messi da parte per qualche istante microfoni e chitarre, in Piazza della Libertà una porta, un pallone, un arbitro e un fischietto; e tanti giocatori, grandi e piccini. Tra abbracci e risate, si formano squadre, si sceglie di tirare di piatto o di collo, ci si sfida per vincere i premi messi in palio proprio da Banca Macerata.

Così, tra un calcio di rigore e l’altro, con un quiz si ripercorre la storia della musica italiana in una chiave particolare: quella calcistica. Tra È goal! di Bennato, La leva calcistica della classe ’68 di De Gregori, il “gran Real” citato da Max Pezzali, “la nazionale del 2006” da Tommaso Paradiso e Cuccurucucù di Battiato, si ricordano insieme i grandi successi musicali e le memorabili notti magiche del nostro paese.
E la parola d’ordine è “squadra”, come quella creata nel 2021 da Musicultura e Banca Macerata, da subito vincente. In questa occasione, abbiamo chiesto a Ferdinando Cavallini, Presidente dell’istituto di credito, di spiegarci quali sono i valori alla base di una partnership così riuscita: «Condividiamo con Musicultura la valorizzazione della qualità, dei giovani, di tutto ciò che crea cultura e socialità e che è capace di far crescere una generazione sana. Musicultura punta ai giovani, incentiva la loro creatività, e lo stesso fa Banca Macerata, investendo non solo in musica e cultura, ma anche in tutte le altre attività che andiamo a sostenere, tra cui senza dubbio anche quella sportiva».


 

“Il mondo non si è fermato mai un momento”

Due eventi; due appuntamenti con cui Macerata, ieri, ha voluto ricordare il suo cittadino più celebre: Jimmy Fontana. La vita e le opere del grande artista fra cultura popolare e immaginario collettivo è il seminario che ha aperto la giornata; nel pomeriggio, invece, dopo la cerimonia di intitolazione del loggiato del Palazzo degli Studi all’artista, è stata la volta de Il mondo che sarà, incontro al quale hanno preso parte Luigi, il figlio di Jimmy, John Vignola, giornalista e conduttore radiofonico, e Massimiliano Stramaglia, docente dell’Università di Macerata. Il mondo che sarà, appunto. È il titolo di un libro; è l’omaggio a due celebri canzoni di uno degli artisti più amati dal pubblico italiano; è un racconto, intimo e ricchissimo, che si sviluppa in più di quattrocento pagine, del rapporto che lega un figlio a suo padre.

«Papà – racconta Luigi alla nostra redazione – è stato un uomo estremamente giusto: siamo 4 figli e ci ha sempre trattati in maniera equa. Ci ha trasmesso una grande carica e un grande entusiasmo». Entusiasmo che si traduce anche nell’amore per la musica: «Il nostro è stato un grandissimo rapporto, soprattutto in studio di registrazione, perché la fase creativa di una canzone, che consiste nell’ inventare una melodia, delle parole o un arrangiamento, non è una cosa facile. Secondo me nella produzione musicale c’è una magia ancora più grande di quella che c’è nel cantare poi davanti alla gente. E lì, in studio, io e papà abbiamo passato i momenti più importanti della nostra vita. È stato un tempo meraviglioso». E quel tempo pare continuare: Luigi interpreta ancora – così come ha fatto ieri sera sul palco di Piazza della Libertà, a conclusione del concerto degli 8 vincitori di Musicultura – le canzoni del padre, tra cui quella più nota, Il mondo, brano che, a quasi sessant’anni dalla sua uscita, non smette di essere cantata e interpretata. Ma com’è nato un pezzo capace di riscuotere così tanto apprezzamento? «Papà nel ‘65 aveva scritto la strofa e il ritornello, ma mancava una parte centrale, che il suo produttore gli ha chiesto di aggiungere perché la canzone, seppure bella, suonava come incompleta. I due litigarono per diversi mesi: il produttore rivendicava un’aggiunta; mio padre sosteneva non servisse. Alla fine, quando si decise a scrivere la parte che dice “gira il mondo gira”, il produttore gli disse che finalmente il pezzo era completo. E sin da subito risultò rivoluzionario: all’epoca le canzoni parlavano tutte d’amore, questa invece parlava del mondo. Ed è così che è nato uno dei più grandi successi di Jimmy Fontana, che ancora oggi viene cantato da moltissime persone». Che ancora oggi, è davvero il caso di dirlo, non si è fermato mai un momento.

Luigi Fontana è un artista dalle molteplici sfaccettature artistiche. È un autore a tutti gli effetti, non solo di canzoni, ma recentemente, anche di un libro autobiografico in cui racconta il rapporto che aveva  con suo padre, il grande Jimmy Fontana. Il titolo scelto per il  libro – Il Mondo che sarà – è un omaggio a due delle  canzoni più famose di suo padre. Luigi Fontana afferma di essere molto simile a suo padre e rivela di aver ereditato da lui non soltanto  la passione per la musica, ma anche la forza  di affrontare gli eventi negativi che la vita può riservare  e la  capacità di trarre da essi quanti più insegnamenti possibili per andare avanti e dare il meglio di sè. Sin da piccolo Fontana considerava suo padre un idolo e voleva emularlo in tutto, e questo lo ha portato ad essere l’eccezionale cantante che è oggi. La terza giornata de La Controra della settimana finale di Musicultura è stata dedicata proprio al ricordo di Jimmy Fontana. La mattina, all’Auditorium dell’Università  degli Studi di Macerata, c’è stato un convegno sulle sue opere, organizzato dal professore dell’Università di Macerata Massimiliano Stramaglia.

Nel pomeriggio, nel loggiato degli studi c’è stata la cerimonia di intitolazione e scoprimento della Targa Fontana, e subito dopo la presentazione del libro Il Mondo che sarà. Durante quest’ultimo Luigi ha raccontato degli aneddoti sulla sua adolescenza, come per esempio che da ragazzo ha passato molto tempo nel bar di Galleria Scipione, rivelando così di avere molto a cuore la città di Macerata perché era la città di suo papà e dove lui ha passato l’adolescenza.

Durante l’evento ha poi cantato Il mondo è che sarà. La sera si è  poi esibito dopo il concerto dei finalisti di Musicultura cantando alcune tra le canzoni più belle di suo padre come La nostra favola e Il mondo, che è stata cantata in diverse lingue e ovunque ed è conosciuta in ogni parte del mondo, L’ultima occasione che Jimmy scrisse in un momento di crisi sentimentale con la moglie e che per Luigi risulta  essere  la più ispirata della vita di suo padre. Macerata è la città di Jimmy e per Luigi l’esibizione in Piazza della Libertà rappresentata un cerchio che si chiude, perché il padre è vissuto a Macerata. Prima di andare via canta Che sarà. Proviamo a conoscere meglio questo grande artista. Vediamo cosa ha da raccontarci in questa intervista.


Nello scorso aprile ha pubblicato Il mondo che sarà, libro in cui ripercorre la sua vita, accompagnata sempre dalla presenza di suo padre, il celebre Jimmy Fontana, che tutti conosciamo come il grande artista de Il mondo e Che sarà. Andando oltre alla figura del cantante, che papà è stato Jimmy? Ha un aneddoto in particolare, che le va di raccontarci?

Papà è stato un uomo estremamente giusto, noi siamo 4 figli e non è mai stato preponderante verso un figlio piuttosto che un altro. Ci ha sempre trasmesso una grande carica e un grande entusiasmo nel fare le cose. Lui è stato una persona di una generosità sconfinata fino al punto di trovarsi in difficoltà economica per garantire a noi figli una vita bella.

In altre interviste ha raccontato che suo padre inizialmente non fosse entusiasta della sua volontà di intraprendere la carriera musicale. Pensare che questa opposizione venisse proprio da un artista così affermato sembra un paradosso; che abbia cambiato idea lo si deduce facilmente dal fatto che, per fare un esempio, nel 1982 proprio lui abbia calcato il palco di Sanremo con una canzone, Beguine, la cui melodia era stata scritta proprio da lei. A livello artistico qual è stato il vostro rapporto?

Il nostro è stato un grandissimo rapporto, soprattutto in studio di registrazione perché la fase creativa di una canzone, che consiste nell’inventare una melodia, delle parole o un arrangiamento, non è una cosa facile. Secondo me nella produzione musicale c’è una magia ancora più grande di quella che c’è nel cantare poi davanti alla gente, e lì in studio io e papà abbiamo passato i momenti più importanti della sua e della mia vita, è stato quindi un tempo meraviglioso.

Il mondo non si è fermato mai un momento››, come non si è fermata mai neanche questa canzone, che a quasi sessant’anni dalla sua uscita non smette di essere cantata e interpretata in tutto il mondo, appunto. Come è nato questo grande successo?

Papà che nel 65 scrive la strofa e il ritornello – la parte che dice no stanotte amore non ho più pensato a te – ma mancava la parte centrale che gli è stata chiesta dal suo produttore, perché la canzone seppure bella, era troppo breve e mancava un pezzo. I due litigarono per diversi mesi, perché il suo produttore sosteneva che la canzone era incompleta, mentre mio padre affermava il contrario. Alla fine, quando papà poi scrisse la parte che dice gira il mondo gira, il produttore gli disse che finalmente la canzone era completa e che potevano provare a scrivere il testo, che risultò rivoluzionario, perché all’epoca le canzoni parlavano tutte dell’amore, questa invece parla del mondo. Ed è così che è  nato uno dei più grandi successi di mio padre, che ancora oggi viene cantato da moltissime persone.


 

“La vita è un racconto”: Serena Grandi a La Controra

“Non sono una semplice icona, ma anche una donna del popolo”: Serena Grandi ci guida attraverso la sua straordinaria carriera, tra retroscena ed emozioni che l’hanno accompagnata. Da giovane ventenne in cerca di ruoli prestigiosi fino a diventare un’icona del cinema italiano. Il ricordo delle esperienze all’estero, in Bulgaria, in Francia e in America, e poi la dedizione alla scrittura: solo l’inizio della storia di un’artista travolgente e carismatica alla redazione Sciuscià. Eccola.

Lei ha iniziato la sua carriera con il nome d’arte di Vanessa Steiger prima di diventare famosa come Serena Grandi. Quali sono state le motivazioni dietro la scelta di questo pseudonimo e come ha influenzato i suoi primi passi nel mondo del cinema?

Con lo pseudonimo di Vanessa Steiger ho fatto solo un film in Spagna; una volta si assumevano i nomi del cast per far vedere che i film si facevano all’estero. Quindi, dietro la scelta di questo pseudonimo non c’era nessuna motivazione particolare.

Il suo debutto cinematografico con “Ring” e le successive collaborazioni con registi come Alberto Lattuada e Roberto Benigni hanno segnato l’inizio della sua carriera. Come descriverebbe quei primi anni nel mondo del cinema italiano?

In quegli anni, ero una giovane ragazza di soli vent’anni; ero in attesa di un ruolo che permettesse di esprimere al meglio la mia vocazione artistica. Fino a quel momento, mi avevano assegnato solo piccoli ruoli, ma crescendo e maturando desideravo delle posizioni più prestigiose. Così, sono andata all’estero, in Bulgaria, in Francia, in America, dove ho riscosso maggiore successo: le televisioni ancora oggi trasmettono nei loro canali alcuni dei miei film. 

La sua collaborazione con Tinto Brass in “Miranda” ha cambiato radicalmente la sua carriera, trasformandola in un’icona degli anni ’80. Quali sono stati i momenti più memorabili di quel periodo e come ha gestito l’immagine di sex symbol che le era stata attribuita?

Mi concentravo su me stessa, avevo una sorta di training autogeno. Quando c’era la messa in scena, spegnevo tutto: esistevamo solo io e il mio regista, a volte chiedevo addirittura di uscire al resto della troupe. La mia mente si concentrava solo sul lavoro e non c’era spazio per altro. Il mio unico sforzo era quello di abbandonarmi a 360° a quel ruolo. 

Una volta affermata come attrice, si è reinventata anche come scrittrice. Cosa l’ha spinta a esplorare questa nuova strada?  

Tutto nasce dall’incontro con Carlo Alberto Biazzi, con il quale ho lavorato per un cortometraggio; siamo entrambi figli di partigiani e proprio da questo vissuto comune nasce l’idea di scrivere un libro. La passione per la scrittura mi ha sempre accompagnata: ascoltavo i racconti di mio padre partigiano che era a capo della squadra mobile di Bologna e spontaneamente, a partire da quei momenti, il mio DNA da scrittrice prendeva forma. 

Siamo a Musicultura, quindi la domanda con la quale chiudiamo quest’intervista è quasi inevitabile. Durante la sua carriera cinematografica, ha interpretato il brano Rain Climax, caratterizzato da una forte carica sensuale. L’esperienza in ambito musicale di Serena Grandi è ora un capitolo chiuso o le piacerebbe interpretare altri brani in futuro?

Rain Climax era semplicemente un LP tratto da un film. La soddisfazione più grande della mia carriera a livello musicale è il brano Mal Di Te che Pino Daniele mi ha dedicato. Nel corso della mia carriera mi sono resa conto di non poter vivere senza musica, mi ricorderò sempre una massima di Freddie Mercury: “la musica non ti tradisce mai”. Cerco ancora oggi di far tesoro di questa frase; nonostante questo, cantare è un sogno che resterà nel cassetto, perché è nella scrittura che mi sento davvero libera.


 

Musicultura s’innamora davvero di Fabio Concato

La carriera di Fabio Concato è lunga e variegata, ma sempre coerente con una scelta che pare essere una costante della sua produzione artistica: non raccontare storie eccezionali; rivolgere sempre l’attenzione a minuti frammenti di vita quotidiana, che diventano straordinari se narrati con una tenerezza così forte da saper appassionare intere generazioni.

Ospite alla prima serata de La Controra di Musicultura 2024, l’artista milanese ha regalato a una Piazza della Libertà gremita non solo le sue canzoni, ma anche numerosi aneddoti che le riguardano e riguardano, quindi, l’amore, l’amicizia. E ovviamente lei: la musica. E pure la sua genesi e il suo potere catartico. Per esempio: come nasce un brano come Stazione Nord? È stato Concato stesso a svelarlo: il pezzo narra della fine di una sua relazione e del dolore che ha provato. Ma è anche stato utile a capire che con il passare del tempo quel dolore, una volta elaborato, sarebbe servito ad affrontare meglio la storia successiva.

Ad aprire il concerto, però, è stata È festa. Il titolo non avrebbe potuto essere più calzante per la circostanza, perché Macerata si è subito sciolta in un lungo applauso, ha tenuto il ritmo, ha cantato quella e le canzoni successive: Ti ricordo ancora, Troppo vento, Che domenica bestiale, Guido piano, Fiore di Maggio, Prima di cena e M’innamoro davvero, brano che sta vivendo una seconda giovinezza dopo esser stato scelto tra quelli che fanno da colonna sonora a C’è ancora domani, film di Paola Cortellesi.

E poi? Poi il pubblico è diventato protagonista: Concato è sceso dal palco e lo ha raggiunto più volte. Gli si è seduto accanto, ha cantato, fatto battute, riso, parlato da lì, in platea. E come chi si trova di fronte a un vecchio amico, si è abbandonato a una confidenza: “Tra quelle che ho scritto, Gigi è la mia canzone preferita, perché è dedicata a mio padre, a cui ero molto legato. È stato lui a trasmettermi la passione per la musica”.

E visto che di passione per la musica si è parlato, come non dare spazio a un Sexy Tango per chiudere la serata? Come non seguire questo signore della canzone italiana che invita a portare il ritmo con le mani? E come lasciarlo andar via così, senza che abbia intonato almeno altri due pezzi? E allora bis, sì. Con Non smetto di aspettarti e inseguendo Rosalina in sella alla sua bicicletta.

“A volte si sogna” con Gigliola Cinquetti

Icona della musica italiana, Gigliola Cinquetti inizia la sua carriera nel 1964, a soli sedici anni, partecipando al suo primo festival di Sanremo. La sua grazia e la sua raffinatezza bucano il piccolo schermo, consentendole di entrare subito nel cuore del pubblico.  Prende il via da lì una storia artistica incredibile, costellata di successi e di singoli noti in tutto il mondo e tradotti in otto lingue. Ospite a Musicultura in occasione del primo incontro de La Controra, la cantante – ma anche attrice e conduttrice televisiva – presenta A volte si sogna, libro in cui ripercorre la sua vita regalandocene anche le sfumature più intime e profonde. Terminato l’evento, di qualcuna di quelle sfumature parla anche con la redazione di Sciuscià attraverso questa intervista.  

La canzone Non ho l’età, con la quale vinse il festival di Sanremo e l’Eurovision nel 1964, raccontava un modello femminile tipico di quegli anni – decisamente diverso da quello attuale – e faceva riferimento all’importanza di aspettare, appunto, l’età giusta per amare. Oggi, in un’epoca in cui tutto sembra essere esibito (o esibizione), crede che quel pudore potrebbe essere ancora valore aggiunto per l’autenticità di una relazione?

Non so quanto c’entri il pudore con l’età per amare, secondo me non molto. Il pudore uno o ce l’ha o non ce l’ha, in qualsiasi ambito e contesto. Non ho mai condiviso il concetto per cui esiste un’età per amare: l’amore c’è sempre e non ha limiti. Secondo me il fulcro di questa canzone è il rifiuto di una donna davanti a una richiesta; è questo che ha provocato una reazione così forte: nonostante il grande successo, questo brano è stato ampiamente contestato perché l’opposizione di una donna, a quell’epoca, era inconcepibile. L’emancipazione e la libertà sessuale andavano in un’unica direzione: la caduta dei tabù era tutta funzionale al desiderio maschile. E invece la canzone diceva un bel no! E ad oggi potrebbe essere letta, tranquillamente, in chiave femminista.

Lei ha vissuto la scena musicale italiana, lasciando in essa il suo contributo, dagli anni Sessanta ad oggi. Quali sono i cambiamenti più significativi che ha osservato in quest’arco temporale?

È tutto cambiato, è un altro mondo; è cambiata la struttura stessa della canzone. I brani del Novecento rimarranno i brani del Novecento; quello che c’è adesso è un modo di fare musica veramente diverso, ma anche in questo caso ci sarà qualcosa che lascerà la traccia e qualcosa che non lo farà, come è avvenuto anche nei favolosi anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, ricchi di molti capolavori, ma anche di tante canzoni brutte che, giustamente, sono state dimenticate.

Guardando alle nuove generazioni di artisti italiani, c’è – in particolare – qualche proposta o tendenza che trova interessante, promettente?

Non mi appassiono più tanto, non perché non ci sia qualcosa di interessante ma perché sono io a essere cambiata e ad avere poco interesse come fruitrice di musica. Ho sempre amato la musica, soprattutto quella che si ascolta per strada e per caso; amo quando la musica mi viene incontro per sua spontanea volontà. E poi amo anche gli strumenti veri, la musica acustica; amo molto il silenzio e detesto la musica imposta, la musica per vendere, quella dei grandi. Per me la premessa per la musica è il silenzio. Se viviamo in un mondo pieno di rumore, allora non c’è quasi posto per la musica.

Musicultura celebra la canzone d’autore e promuove nuovi talenti. Qual è la sua opinione su eventi come questo e quale ruolo pensa abbiano nell’arricchimento e nel mantenimento della cultura musicale italiana?

Sicuramente è già un pregio l’intenzione che sta nel termine “Musicultura”, mi piace. Non è un caso che questo festival abbia avuto successo e sia così longevo: attualmente, parlare di decenni è un’eternità, vuol dire che funziona. E il riscontro di questa cosa sta nel pubblico che ho osservato oggi: la sua attenzione, la sua partecipazione e la sua passione sono fantastiche!

Come donna che ha avuto una carriera di successo in un’epoca in cui l’industria musicale era dominata dagli uomini, quali consigli darebbe alle ragazze che oggi cercano di affermarsi nel mondo della musica?

I consigli li chiederei io! Vorrei chieder loro cosa devo fare, se devo ritirarmi o cosa farebbero se fossero me. Piuttosto che dare, preferisco chiedere consigli ai giovani, perché loro sì che sanno cosa succede e come muoversi nel mondo di oggi.


Macerata festeggia i Vincitori 2024

Macerata accoglie gli otto vincitori della XXXV edizione di Musicultura con una conferenza stampa, alla presenza delle Autorità e dei principali partner culturali del Festival, nella Gran Sala Piero Cesanelli dello Sferisterio, intitolata alla memoria dell’amato direttore artistico di Musicultura.

È un piacere per Macerata ospitare in questi giorni gli 8 vincitori di Musicultura e, in particolare, tutto ciò che di travolgente e di straordinario il Festival porta con sé: la magia della musica allo Sferisterio e in ogni angolo della città, gli appuntamenti e i grandi nomi de La Controra, i tanti appassionati, visitatori e curiosi che vengono “rapiti” dall’elevata qualità artistica di uno degli appuntamenti di punta dell’estate maceratese. –  Dichiara il sindaco di Macerata Sandro Parcaroli -. Agli otto vincitori vanno i migliori auguri affinché il palco dello Sferisterio possa essere per loro un trampolino di lancio e ringrazio tutta la macchina organizzativa di Musicultura che, ogni anno, regala a Macerata serate, momenti e istantanee indimenticabili”.

Gli otto vincitori del Festival accedono alla fase conclusiva del Concorso al termine di una lunga selezione che all’inizio ha coinvolto 1187 artisti e sono stati designati dal prestigioso Comitato di Garanzia di Musicultura su una rosa di 18 finalisti.

 

Per prima cosa, in questi giorni è bello vedere che il sole ci sta volendo bene.Afferma Ezio Nannipieri, direttore artistico di Musicultura Altrettanto bello è rendersi conto che il lavoro di un anno, in questa settimana conclusiva di Musicultura, come in un grande puzzle si ricompone in un’unica immagine. Dove ci sono tutti, i partner istituzionali, Banca Macerata, i vincitori, gli ospiti, le maestranze, gli studenti di Unimc, Unicam e dell’Accademia, albergatori e ristoratori e naturalmente gli spettatori, che con la loro attenzione, mai passiva, ci spronano a fare sempre meglio. Il gran dispiego di mezzi, canali e testate Rai penso scatterà una bella foto di gruppo”.

Enzo Avitabile, Alessandro Bianchi, Serena Brancale, Diodato, Filippo Graziani, Marcin, Nada e Carlotta Proietti sono i nomi degli ospiti già annunciati che si esibiranno sul palco dello Sferisterio il 21 e 22 giugno, serate di grande spettacolo che saranno condotte dall’inedita coppia formata da Carolina Di Domenico e Paola Turci.

Gli otto vincitori di Musicultura si esibiranno con i grandi ospiti nelle serate finali del Festival sul maestoso palcoscenico dello Sferisterio, sia il 21 che il 22 giugno, per conquistare i voti dei 2.400 spettatori presenti in ogni serata, validi per l’ambito titolo di Vincitore Assoluto di Musicultura e il Premio Banca Macerata di 20 mila euro.

“È davvero un grande piacere accogliere i finalisti di Musicultura e incontrare nuovamente coloro ai quali abbiamo consegnato il Premio del Pubblico “Targa Banca Macerata” durante le Audizioni Live – Dichiara Ferdinando Cavallini, Presidente di Banca MacerataMi complimento con ognuno di voi per il meritato successo che vi ha portati ad accedere alla fase finale del concorso. La nostra splendida città sarà la cornice ideale delle intense giornate che vivrete nei prossimi giorni, fino ad arrivare sul magnifico e prestigioso palco dello Sferisterio, sul quale vi auguro di esibirvi con altrettanta energia e determinazione. Banca Macerata è da sempre vicino al territorio ed ai giovani. Musicultura, da 35 anni principale trampolino di lancio dei nuovi talenti musicali, ci dà l’occasione di dimostrarlo fattivamente anche durante la serata conclusiva, quando con immenso piacere premierò il vincitore assoluto con l’assegno di 20mila euro offerto da Banca Macerata. Un grande in bocca al lupo quindi a tutti i finalisti!”

La musica italiana punta i riflettori su Macerata per la grande festa finale, iniziata da qualche giorno con i numerosi ospiti ed eventi, aperti al pubblico, de La Controra, la settimana di Musicultura, nel centro storico cittadino.

Quest’anno più che mai siamo orgogliosi di accogliere e presentare alla città e all’Italia la settimana finale di Musicultura, giunta al prestigioso traguardo delle 35 edizioni. Afferma l’assessore ai Grandi eventi Riccardo Sacchi Un programma davvero speciale, quello pensato dal direttore artistico e dal suo staff, che sa di regalo prezioso. Eterogeneo eppure perfettamente armonico: con incontri dedicati ai più piccoli e ai più adulti, allo sport, all’opera – con l’omaggio a Puccini e De Andrè – al cantautorato, agli addetti ai lavori, al giornalismo e ad una figura che abbiamo voluto fortemente omaggiare, Jimmy Fontana, maceratese famoso nel mondo, che porta Macerata fuori dai suoi confini. Il tutto è coronato dalla raffinata qualità delle serate finali allo Sferisterio, dove sarà la Musica (con la M maiuscola) a essere celebrata, grazie alla scoperta dei nuovi inventori di melodie e parole che ogni anno il Festival è capace di setacciare e dei grandi ospiti che avremo l’onore di accogliere. Grazie a Musicultura. Noi da maceratesi contraccambieremo con l’affetto che si deve ad un amico speciale con cui iniziamo nel migliore dei modi l’estate dei grandi eventi”.

Questa sera, alle ore 21,15 in Piazza della Libertà, i Vincitori di Musicultura si esibiranno con le loro canzoni nel tradizionale e attesissimo Concerto dei Vincitori condotto da John Vignola di Rai Radio 1. Ospite speciale Luigi Fontana che offrirà un omaggio musicale al padre Jimmy nella giornata dedicata al grande artista maceratese “Macerata ricorda Jimmy Fontana”.


Mutare il tempo in opportunità e allargare gli orizzonti – Storie di detenzione e speranza a confronto

Ci sono luoghi in cui lo spazio si ristringe e il tempo si dilata. In questi luoghi, ancora più che altrove, parole e note fanno rima con ascolto e salvezza mutando il tempo in opportunità e allargando gli orizzonti. In questi luoghi, scrivere, ascoltare, leggere e cantare diventano catalizzatori di metamorfosi e rinascite. A La Controra di Musicultura 2024, queste piccole grandi storie di rivoluzioni nate ristrette dentro confini sono state protagoniste del dialogo tra il progetto “La casa in riva al mare” e la storia di Lorenzo, raccontata nel caso editoriale “Io ero il milanese” di Mauro Pescio. Prendendo ispirazione dalla canzone di Dalla per l’affaccio sul porto, La casa in riva al mare è il progetto nato su spinta del Garante regionale del diritti della persona Giancarlo Giulianelli per offrire a un gruppo di detenuti dell’istituto penitenziario di Ancona l’opportunità di partecipare a laboratori musicali curati da Musicultura. Settimanalmente, la direzione artistica del Festival ha incontrato alcuni dei detenuti per creare un conforto aperto, un momento importante sul versante della rieducazione mediato dal linguaggio universale della musica. Astinenza, sofferenza, amore, libertà: quaderno, penna ed evidenziatore alla mano, i detenuti hanno fissato, incontro dopo incontro, pensieri e riflessioni a partire proprio da parole e suggestioni emerse grazie alle canzoni. La collaborazione con il Garante regionale ha permesso, anche, l’istituzione del Premio La Casa in riva al mare, che sarà conferito a uno degli 8 artisti vincitori durante le serate finali del Festival. Il progetto si concluderà poi a luglio, quando l’artista vincitore della targa andrà a fare visita e conoscere, presso la Casa di reclusione di Barcaglione, proprio i detenuti che lo hanno ascoltato, scelto e premiato.

Al bilancio di questa edizione pilota del progetto è seguito poi un tuffo nella storia umana e appassionante di Lorenzo, una storia di errori e rinascita fatta di tante scelte sbagliate riparate grazie al confronto con gli altri ma soprattutto una storia che insegna come non debbano mai venire meno la fiducia e la speranza. “Io ero il milanese” è un podcast, libro e spettacolo del giornalista Mauro Pescio nato da un atto di reciproca generosità: Lorenzo S., il protagonista della storia, ha deciso di affidare il racconto della sua vita a Mauro che, a sua volta, abbassando il livello di giudizio, si è fatto megafono di questa narrazione. Quella di Lorenzo è una storia in carcere e non di carcere, col grande merito di aver tolto dalla settorialità dell’ambito penitenziario un racconto universale, capace di parlare a tutti, capace di farsi ascoltare da ogni persona che nella vita ha commesso errori. Una storia di rapine e reclusione ma anche una storia di amore, ascolto e amicizia fraterna che si interseca col dramma dei suicidi in carcere, con l’importanza dei laboratori di rieducazione e con la bellezza delle seconde possibilità. Oggi Lorenzo lavora come mediatore penale e sociale esperto in giustizia riparativa, è un uomo orgogliosamente normale che grazie al confronto, a un percorso di cambiamento e una continua messa in discussione personale ha una vita straordinariamente ordinaria.


In occasione dell’evento pomeridiano de La Controra, Musicultura ha scambiato quattro chiacchiere con i protagonisti dell’incontro, il Garante Giancarlo Giulianelli e Mauro Pescio, per saperne qualcosa in più:

In che misura crede che la musica sia utile al fine del reinserimento sociale?

Giancarlo Giulianelli – La musica è fondamentale nel reinserimento sociale perché attraverso di essa, così come attraverso tutte le altre forme d’arte, il detenuto riesce a tirar fuori quello che non riuscirebbe altrimenti ad esprimere.

Visto il bilancio positivo di questo esperimento pilota, quali spunti e quali prospettive si augura per il progetto?

Giancarlo Giulianelli – Abbiamo già previsto una nuova edizione di questo progetto per il 2025, ne parlerò con Ezio Nannipieri e con l’organizzazione di Musicultura perché ritengo che abbiamo gettato un bel sassolino che speriamo diventi un’onda molto grande. Sicuramente ci saranno delle prospettive di intervento che cercheremo di ampliare insieme a Musicultura.


“Io ero il milanese” è un podcast, un libro e uno spettacolo. I differenti media sono riusciti a far emergere sfumature diverse della storia di Lorenza? La transmedialità è stata programmatica o è nata spontaneamente?

Mauro Pescio – È stata una scelta che ho fatto dall’inizio, un approccio presente fin da subito nelle mie intenzioni. Poi ho avuto effettivamente la possibilità di farlo; anzi, mi auguro e penso che non sia l’ultimo medium che utilizzerò per questo progetto. Ogni canale è utile a esprimere nuove sfumature della storia.

Ha raccontato questa storia anche in alcune carceri italiane. Che riscontro ha avuto da chi ha vissuto un’esperienza simile a quella di Lorenzo?

Mauro Pescio – C’è intanto da dire che questa non è una storia straordinaria, è una delle tantissime storie. La vita di Lorenzo ha fatto semplicemente da “apriscatole”, facendo capire a tante persone che esiste questo mondo e che è importante guardarci dentro. Nelle carceri è pieno di storie importanti e interessanti che andrebbero divulgate. Ogni volta che vado in carcere per lo spettacolo, l’impatto è sempre molto potente soprattutto quando c’è un pubblico di soli detenuti e non misto, in modo particolare quando racconto dell’infanzia del protagonista o delle scelte che fa in ambito familiare, i detenuti si riconoscono perfettamente in questo raconto e, riconoscersi, essere messi di fronte ai propri errori, ai propri sbagli non fa mai piacere a nessuno. Sono sempre degli incontri molto gratificanti, da cui è impossibile uscire uguale a come ne sei entrato.


 

Festa della musica 2024

Dal 1982, su impulso dell’allora ministro della cultura francese Jack Lang, il 21 giugno – solstizio d’estate – è la Festa della musica, cui aderiscono oggi oltre 120 nazioni di tutto il mondo.
Quest’anno la Festa della Musica sarà anche a Macerata grazie a un programma di concerti, incontri e laboratori aperti a tutti realizzato per la prima volta dalle due maggiori istituzioni musicali cittadine, Macerata Opera Festival e Musicultura: venerdì 21 giugno dalle ore 15 sino a sera il centro storico sarà animato da dieci appuntamenti che abbracciano più generi e coinvolgono ogni età, trasformando la città in un grande palcoscenico a cielo aperto.

«In occasione della Festa della Musica, due realtà uniche della nostra città, il Macerata Opera Festival e Musicultura, si uniscono e si arricchiscono in modo reciproco per una serie di concerti e iniziative che testimonieranno il vero senso di condivisione – commenta il sindaco Sandro Parcaroli –. Dall’opera lirica al cantautorato italiano, in ogni angolo di Macerata, sarà possibile apprezzare artisti rappresentativi tanto del MOF, quanto di Musicultura che, nei prossimi giorni e mesi, calcheranno il palco dello Sferisterio. Questa occasione di “fusione” e “contaminazione” non può che accrescere ulteriormente l’eccellente proposta culturale di Macerata e il valore dei suoi festival e l’auspicio è che ce ne siano sempre di nuove».

«Il 21 giugno si festeggia la musica, tutta la musica – sottolinea Paolo Gavazzeni, direttore artistico del MOF –, e Macerata rappresenta un polo culturale fondamentale per le Marche e per l’Italia intera, con la sua storia, la sua antica Università, Padre Matteo Ricci, il Teatro Lauro Rossi e lo Sferisterio. Per vocazione una città aperta al sapere e a nuove culture. La musica e il teatro musicale svolgono un ruolo fondamentale per la città e per il territorio tutto da oltre due secoli e sono felice, quest’anno, di festeggiare il 21 giugno con Musicultura. Con Ezio Nannipieri sono bastate due parole per ritrovarsi in un’assoluta sintonia di pensiero e di visione. La buona musica non ha confini di genere, il pop affonda le sue radici nel melodramma italiano ed essere al fianco di una grande e significativa realtà musicale quale è Musicultura, mi inorgoglisce».

«Non mi risulta esistano altre città dove, come accade a Macerata, la musica si può dire viva lungo un arco temporale, storico ed espressivo, che va dalla romanza al rap – afferma Ezio Nannipieri direttore artistico di Musicultura. È un unicum reso possibile dalla contemporanea presenza del MOF e di Musicultura, ma anche di altre valide realtà cittadine. È una peculiarità che forse non è compresa abbastanza nel suo significato e nel suo valore. Quando Paolo Gavazzeni mi ha chiamato per prospettarmi l’idea di una festa della musica, da ospitare nell’ambito della Controra di Musicultura, capirsi è stato artisticamente facile e umanamente piacevole. La Festa della Musica che oggi Musicultura e il MOF firmano insieme è l’esempio di una condivisione di intenti e di forze. Basta scorrere il programma per accorgersi di una varietà di proposte e appuntamenti accomunati dalla qualità, dall’assenza di barriere tra i generi, dal desiderio di dare modo al pubblico di scegliere e non subire gli eventi».

Il programma si apre con un’anteprima, giovedì 20 giugno dalle ore 23 in piazza Cesare Battisti: una Jam Session con i vincitori di Musicultura 2024. Quindi venerdì 21 giugno si comincia alle ore 15 (Auditorium della Biblioteca Mozzi Borgetti) con il concerto del Coro ABF Voices of Italy – Camerino frutto di una collaborazione con la Fondazione Andrea Bocelli che curerà, dalle ore 16 alle ore 19 anche 4 laboratori di Arte, Musica e Digitale, negli stessi spazi della biblioteca destinati sempre ai più piccoli. Alle ore 16.00 (Cortile del Palazzo Comunale) Treccani, partner di Musicultura, presenta Le parole delle canzoni un viaggio tra le note musicali e le composizioni con Renzo Rubino (vincitore di Musicultura nel 2011) e l’editore Marco Peano. Alle ore 16.30 (Galleria Scipione) Concerto dei Pueri Cantores “D. Zamberletti” con pagine anche tratte da celebri musical e da film di animazione. Alle ore 17.00 (Teatro Lauro Rossi) da non perdere il concerto L’opera al pianoforte con una scelta delle più celebri parafrasi di Franz Liszt eseguite dal giovane e acclamato talento Giovanni Bertolazzi che subito dopo incontrerà il pubblico e firmerà le copie del suo ultimo cd dedicato proprio al compositore ungherese. Alle ore 17.05 (Piazza Mazzini, Stazione Bus Rai Radio1) in diretta su Rai Radio1, uno speciale con gli ospiti di Musicultura condotto da John Vignola, Duccio Pasqua e Marcella Sullo. Alle ore 18.00 (Cortile del Palazzo Comunale) Marcin Patrzałek, giovane chitarrista polacco famoso in tutto il mondo per il suo grande talento, alla sua prima apparizione live in Italia, sarà il protagonista dell’incontro condotto dal giornalista del quotidiano “Il Giornale” Paolo Giordano. Alle ore 18.15 (Ridotto del Teatro Lauro Rossi) conferenza-concerto sull’organo portativo di Lorenzo Antinori in collaborazione con l’Accademia Organistica Elpidiense. Alle ore 18.45 (Cortile di Palazzo Buonaccorsi) A tu per tu la cantautrice e polistrumentista Serena Brancale e Filippo Graziani racconteranno le loro storie e le loro esperienze con il coordinamento di John Vignola. Gran finale alle ore 19.00 (Piazza Cesare Battisti) con un concerto live Ricorrenza: omaggio a Puccini e De André con i Pueri Cantores “D. Zamberletti”, Salvadei Brass (decimino di ottoni e percussioni), La Compagnia di Musicultura e Glissando Vocal Ensemble.

Tutti i concerti e gli incontri sono a ingresso libero sino ad esaurimento dei posti disponibili. I laboratori alla Biblioteca Mozzi Borgetti e il concerto al Teatro Lauro Rossi sono con prenotazione consigliata su sferisterio.it. In caso di maltempo, le manifestazioni saranno ricollocate alla Biblioteca Mozzi Borgetti e al Teatro Lauro Rossi.


 

Il concerto-anteprima dei vincitori su Rai Radio 1 e RaiPlay

Il 5 giugno nell’iconica sala A degli studi Rai di Via Asiago, presentati da John Vignola, Marcella Sullo e Duccio Pasqua, gli 8 vincitori del Festival si sono esibiti in un concerto-anteprima andato in onda sulle frequenze di Rai Radio 1 e su RaiPlay. Una piccola anticipazione di cosa accadrà sul palco dello Sferisterio i prossimi 21 e 22 giugno alla Finalissima.

Il primo a salire sul palco è stato Nico Arezzo, esibendosi con Nicareddu, un brano che omaggia le sue radici sicule: «Quando canto nella mia lingua porto sempre dei pezzi di me sul palco, ed esprimo qualcosa a cui tengo; per questo ho sempre un po’ di paura nel mostrare questi lati. Nel nuovo disco canto anche in un’altra canzone nel mio dialetto ma in maniera più leggera.».
Si è esibito poi Nyco Ferrari, col la sua Sono fatto così, un pezzo carico di adrenalina e ricordi: «l’energia della mia musica arriva dai miei viaggi. Questa canzone è un distillato di tante vibrazioni differenti, ed è quello che spero arrivi. Musicultura è una tappa importante del mio percorso artistico, che parte dal mio vissuto e porta a un futuro ancora da scoprire, è un’emozione poco descrivibile a parole, che sono contento di vivere».
È il turno poi di Helle, artista bolognese che con Lisou racconta di emozioni passate. La cantautrice sul palco ha raccontato il suo amore per la poesia e come questa arte si interseca con la musica: «La poesia e la letteratura sono due mie grandi passioni. Questa arte si presta anche alla musica: quando scrivo parto prima di tutto da un’immagine. Costruisco una sensazione che vorrei rappresentare».
È salito poi sul palco De.Stradis, con la canzone Quadri d’autore: «La mia è una musica contaminata, un mix di influenze e stili. Cerco poi di utilizzare la voce come uno strumento, un’attitudine che mi porto dietro dal mio studio accademico ricercando sempre un mio modo di appoggiarmi sul tempo».

Il Cielo è invece il brano con cui Eugenio Sournia ha avuto accesso alle serate finali. Il suo percorso musicale è iniziato da una band per poi decidere di «prendermi direttamente le responsabilità delle scelte importanti e impopolari che faccio. Sono forse un po’ egocentrico ma sentivo di dovermi esprimere attraverso un mio progetto».
È arrivata poi sul palco della sala A Anna Castiglia con Ghali; la cantautrice siciliana descrive la sua musica come “responsabile”: «L’arte deve portare alla realtà e non essere sempre un modo di evasione. Quando sali su un palco hai sempre una responsabilità, e non è una colpa ma un privilegio. Alla musica vorrei dare un potere. Può essere anche divertimento ma per me non è così».
Con Guai sono saliti sul palco i The Snookers: «In due si crea una particolare intimità creativa che porta a esplorare varie sonorità. Ci riteniamo diretti e liberi: per noi non c’è mai scontro ma dialogo e confronto».
L’ultima a esibirsi è Bianca Frau con il brano Va tutto bene: «Ho composto questo pezzo prendendomi poco seriamente. Mi è capitato di dover rispondere sempre che va tutto bene, anche quando non corrisponde alla realtà. Il mio è un invito a non indossare una maschera».

Ad arricchire la diretta e fare da “portafortuna” ai vincitori anche la presenza di un ospite speciale, un cantautore che ha trionfato al festival nel 2017: Mirkoeilcane. Il cantautore ci ha fatto ascoltare “In equilibrio” e “Per fortuna“, brano che lo ha portato alla vittoria e con cui ha ricordato Fabrizio Frizzi, indimenticato conduttore della “sua” Musicultura.